Siamo seduti su una polveriera

Lo avreste mai detto? Eravate nati per campi di grano e vecchi bianchi mulini, per viaggi intercontinentali, per tecnologie avverinistiche, per lavori di concetto, per consumi natalizi. Non eravate pronti per tutto questo, non ve l’avevano detto mamma e papà, e i ricordi di fame e guerra dei nonni erano favole lontane da farsi raccontare sulle loro ginocchia.

Eppure “siamo seduti su una polveriera”, ha detto ieri al Bundestag il cancelliere tedesco Angela Merkel. E torna alla mente l’assurdo rapporto Ubs sulle possibilità di una guerra in Europa che sembra sempre meno assurdo.La guerra forse c’è già, solo che non si combatte con le armi.”Ci prepariamo alla caduta dell’euro” ha detto ieri il governatore della Banca Centrale britannica, Mervyn King, invitando  fortemente tutte le banche inglesi private e pubbliche ad aumentare al massimo la loro capienza le riserve liquide confermando ufficialmente che il Regno di Gran Bretagna si sta preparando al crollo dell’euro.

Quindi siamo alla fine? Forse una speranza c’è ancora ma “bisogna cambiare i trattati” ha detto ieri Nicolas Sarkozy, “iniziare a creare un’Unione fiscale e non solo limitarsi a parlarne” gli ha fatto eco la Merkel.  L’Europa per come siamo abituati pensarla, specie i più giovani che ci sono cresciuti, “rischia di essere spazzata via“, dice ancora Sarkozy. E qualora accadesse? Lo chiedo a voi.

L’Europa è più di un’unione politica e nella sua storia ha saputo resistere alla miseria, alla guerra, al dominio straniero mantendendo viva la fiamma del pensiero. Una fiamma che, però, sembra sempre più ridotta a lumicino. Il crollo dell’euro sarà la caduta dell’Europa? Forse è un po’ apocalittico ma certo sarà diverso e noi, figli del bianco mulino e del progetto Erasmus, saremo pronti?

L’Italia “ha enormi responsabilità, da lei dipende il futuro dell’Europa” chiosa la Merkel. E, lasciando da parte l’ormai logoro amor patrio, possiamo dire che è vero. E che ci sentiamo un po’ tutti giù di morale, arrabbiati, impotenti e con l’autostima sotto le suole della scarpe. Lo dice l’ultimo rapporto Censis che fa il punto sull’occupazione (1 milione di posti di lavoro in meno in quattro anni) mentre il tasso di occupazione per i laureati è del 76,6%, all’ultimo posto tra i Paesi europei. Con la crisi la richiesta di laureati nel mercato del lavoro è addirittura diminuita. E difficilmente i giovani sono chiamati a coprire ruoli di responsabilità in tempi brevi, iniziando i percorsi professionali spesso al di sotto delle loro competenze. Così molti giovani emigrano e con loro pure molti immigrati, come confermato dai dati dell’ultimo rapporto Caritas Migrantes. Si lascia la barca che affonda.

E noi? Come il capitano andremo a fondo con la barca? O come i topi la lasceremo in fretta e furia?

Oppure la fine sarà la nostra occasione, alla faccia del bianco mulino. Come eroi salgariani salperemo dai nostri aridi lidi da ottocento euro mensili e troveremo la via nella giungla di una quotidianità feroce mentre dall’alto pirati col Suv cadranno all’impiedi mangiandoci ancora una volta il futuro.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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6 commenti

  1. Detto da uno che se ne a’ andato (o che sta tentando di andarsene) dall’Italia: questo articolo dice molte cose non scritte. Personalmente non penso di meritarmi la vita che sto avendo, e la rabbia cresce e diventa odio. Avro’ fatto degli errori ma oggi e’ negata la prima possibilita’, figurarsi la seconda… La cosa terrificante e’ la velocita’ con la quale sta cambiando tutto, rivoglio la mancia della nonna (e pure la nonna)…
    p.s. ma la guerra con quali formazioni in campo? Oggi lo scontro mi sembra politica contro economia piu’ che tra singoli Stati

  2. 800€ mensili? beato chi li vede!

  3. Siamo una generazione ricchissima… di fantasia!
    Inventarsi come andare avanti conservando almeno parte della dignità e del fegato è un equilibrismo non da tutti.
    Sperando che un giorno potremo almeno in parte sfruttare questa miriade di conoscenze-competenze-capacità richieste anche solo per gli eterni stage non retribuiti.

    • Rispondo a Silvia con una nota di pessimismo. Quando dici “conservando almeno una parte di dignità” implicitamente affermi che un’altra parte l’abbiamo persa. E hai ragione. Ma come l’abbiamo persa? Non di certo lavorando come scemi a fare inventari nei supermercati o scaricando la frutta al mercato pur avendo lauree e master in tasca. No, questo è anzi il trionfo della dignità che invece si perde non appena si accetta un compromesso, un’illegalità (pur minima) che torna a nostro vantaggio.

      Faccio due esempi a me vicinissimi, omettendo nomi e contesti: un amico fa un dottorato in un’Università prestigiosa. E’ bravo. Lo merita. Il suo docente lo ha spinto dentro al dottorato e il suo docente, in quel dottorato, nemmeno ci insegna. Nessun tornaconto personale, lo ha fatto perché il mio amico è bravo. Punto. Ma a quel dottorato si accede per concorso. Il mio amico inizia le lezioni poi, dopo tre mesi, il collegio docente gli dice “guarda che il giorno tale c’è il concorso, vai lì e fai finta di nulla. Mantieni un basso profilo”. Proprio così, “un basso profilo”. Cioè fingi di non conoscere noi e i tuoi colleghi. Poiché tutti i posti di dottorato erano già stati assegnati e il concorso era farlocco. Cosa doveva fare? Ha accettato l’inganno, è diventato complice.

      Secondo esempio: un altro mio amico lavora per l’azienda “Vogliamoci bene” che – per pagare meno tasse – gli versa parte dello stipendio in nero. E’ frode, ma che deve fare? Accetta i soldi. E’ corrotto.
      Quel che voglio dire è che tutti noi siamo corrotti, almeno in parte, anche poco ma abbiamo accettato il compromesso con il sistema corrotto. Ne siamo complici. Chi di noi potrà un giorno alzarsi e dire agli altri: “corrotti!” ergendosi a rifondatore del sistema Paese? la nostra generazione, secondo me, ha perso ancora prima di cominciare.

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