In Slovenia ci si prepara al voto con grandi sbadigli: il 4 dicembre prossimo si apriranno le urne nella rassegnazione generale. L’impressione diffusa è che qualunque sia il risultato elettorale, cambierà poco. La verde piccola repubblica ai piedi della Alpi carinziane, a metà strada tra il Mediterraneo e la pianura pannonica, si tinge di grigio. Come il futuro che l’aspetta. La crisi non ha risparmiato la Slovenia e il debole esecutivo socialdemocratico guidato da Borut Pahor è caduto nel settembre scorso perché i partiti minori della coalizione di governo si sono schierati contro i tagli a pensioni e spesa pubblica.
Le elezioni anticipate, fissate per il 4 dicembre, non offrono nulla di nuovo. La svolta a destra è fisiologica, come la caduta dei socialdemocratici. Il vincitore assoluto dovrebbe essere l’ex ministro della Difesa dei tempi dell’indipendenza, Janez Janša, leader del partito conservatore. Il suo partito è accreditato di oltre il 30% dei consensi. A sinistra si punta tutto sul sindaco di Lubiana, Zoran Janković, che dai sondaggi riceverebbe consensi superiori al 20%: fuoriuscito dai socialdemocratici ha fondato un movimento tutto suo. Borut Pahor oscilla tra il 5 e il 10%. I nazionalisti potrebbero non entrare nemmeno in Parlamento mancando il quorum del 4%.
Piccoli scandali, episodi di corruzione, hanno costellato questa campagna elettorale. Anche il favorito Janez Janša si è trovato alla sbarra per un’accusa di corruzione nell’ambito della fornitura di blindati Patria all’esercito sloveno. Tangenti che avrebbe ricevuto quando dirigeva il ministero della Difesa e che lui nega di aver mai preso attaccando i “giudici di sinistra” (L’Italia è vicina e, come sempre, fa scuola nelle meschinità) e candidando tra le fila del suo partito il suo avvocato. Non si sa mai.
Zoran Janković sarà votato in prevalenza da sloveni di origine serba.
la vedo dura che arrivi al 20%