di Pietro Biscaro
In Slovacchia il campionato di calcio offre un paradosso che riflette un problema sociale assai spinoso, per il paese come per tutta l’Europa centro-orientale: il rapporto con le minoranze. Con quasi 8.000 spettatori a partita (la media nazionale è sotto i 2.500), l’unica squadra ad avere un seguito stabile e numeroso di slovacco ha veramente poco, tanto che forse sarebbe più giusto definirla tout court una squadra ungherese.
È il caso del DAC (Dunaszerdahelyi Atlétikai Club) di Dunajská Streda, cittadina con poco più di 20.000 abitanti nella regione di Trnava, a pochi chilometri dal confine con l’Ungheria. Società dalla solida tradizione (in bacheca c’è anche la Coppa Cecoslovacca del 1987), negli ultimi anni il DAC sembra intenzionato a salire ai vertici della Fortuna Liga, il campionato slovacco, e in questa scalata il sentimento di appartenenza della minoranza magiara – e la conseguente attenzione del Primo Ministro ungherese Viktor Orbán – ha un ruolo di primissimo piano.
La minoranza ungherese in Slovacchia
I gialloblu devono il proprio successo in termini di pubblico proprio al fatto di rappresentare un importante simbolo per la numerosa popolazione ungherese in Slovacchia, in un caso di affiliazione socio-politica più unico che raro nel paese. A Dunajská Streda (letteralmente “Mercoledì Danubiano”) tre abitanti su quattro sono magiari, contro solo il 20% di slovacchi.
Anche il risultato delle recenti elezioni parlamentari di fine febbraio mostra come nella zona ci si senta più vicini a Budapest che a Bratislava. Nel distretto di Dunajská Streda, l’SMK (Partito della Comunità Ungherese) è stato il primo partito, raccogliendo il 43% delle preferenze. A dimostrazione di quanto questo dato sia eclatante, l’SMK a livello nazionale ha preso solo il 3,9%. Per via della soglia di sbarramento al 5%, per la prima volta dall’indipendenza, non ci sarà nessun partito di rappresentanza ungherese nel parlamento slovacco.
Il traguardo dell’Europa League
La rapida ascesa del DAC è direttamente collegata agli sforzi del presidente Oszkár Világi, nativo di Dunajská Streda, ex politico e ora tra i massimi dirigenti della MOL, il colosso energetico ungherese, che ha acquistato la squadra nel 2014. All’epoca il DAC era appena ritornato in massima serie, compimento di una lunga risalita dalla terza divisione slovacca cominciata nel 2009, anno della fusione con l’FC Senec. La squadra di Dunajská Streda ha finito gli ultimi due campionati al terzo e al secondo posto, tornando a qualificarsi per i preliminari di Europa League.
Prima dello stop causa coronavirus, la squadra aveva concluso la prima fase del campionato ancora nei piani alti, in terza posizione. Oltre agli ottimi risultati sul campo, il DAC ha anche recentemente inaugurato il nuovo impianto, la MOL Arena, un gioiellino da 12.700 posti, e una nuova accademia giovanile (che sembra funzionare, dato che la metà dei giocatori impiegati nell’ultima stagione sono under-21). Parte dei fondi necessari è arrivata dalla Bethlen Gábor, una fondazione che il governo ungherese ha utilizzato per finanziare numerose squadre di calcio situate in zone, dall’Ucraina alla Slovenia, in cui vivono minoranze magiare. Un’altra carta nella strategia di Orbán (che si è recato più volte di persona a Dunajská Streda) per risvegliare ardori irredentisti mai del tutto sopiti.
Sventola la bandiera ungherese
La base dei supporter gialloblu, da sempre tra le più numerose del paese, ha le proprie basi nel forte sentimento nazionale ungherese. Il tricolore bianco-rosso-verde sventola sempre sugli spalti, e prima delle partite lo stadio canta l’inno ungherese oppure la canzone Nélküled (“Senza di te”) della band Ismerős Arcok, che nei suoi testi tratta temi cari al revanchismo magiaro.
La tifoseria, che non ammette slovacchi al suo interno, mantiene rapporti di amicizia con quella del Ferencváros, una delle più calde e nazionaliste di Ungheria. Il fatto che il DAC sia un club de facto ungherese non manca di causare polemiche a Bratislava. Nell’aprile 2019, l’SNS (Partito Nazionale Slovacco) ha proposto un emendamento per vietare di suonare inni stranieri in assenza di una delegazione straniera. Per tutta risposta, il presidente Világi si è detto pronto a pagare qualsiasi multa pur di continuare a cantare l’himnusz.
Foto: Fudbal Pravda