Il 28 maggio scorso, a Mosca e San Pietroburgo, sono state arrestate più di una trentina di persone scese in strada a protestare individualmente a sostegno del giornalista e deputato comunale Il’ja Azar, fermato appena qualche giorno prima dalla polizia russa. Formalmente, Azar è stato incarcerato per aver organizzato dei picchetti di protesta individuali, violando così le misure restrittive relative alla quarantena introdotte lo scorso marzo dal sindaco di Mosca, Sergej Sobjanin, per contrastare l’epidemia nel paese. L’accusa nei confronti di Azar è la stessa usata per questa nuova serie di arresti, concatenatisi negli ultimi giorni.
Un picchetto tira l’altro
Corrispondente della testata indipendente Novaja Gazeta dal 2017 ed ex collaboratore di Meduza, il giornalista e deputato comunale Il’ja Azar è stato arrestato lo scorso 26 maggio mentre manifestava da solo vicino all’edificio del ministero degli Interni di Mosca. Azar stava protestando a sostegno di Vladimir Vorontsov, amministratore di una comunità online nota come “Difensore civico della polizia” che pubblica segnalazioni di abusi all’interno del ministero degli Interni russo, quando è stato fermato dalle forze dell’ordine.
Come riferisce il canale Telegram Apologija Protesta (apologia della protesta), il 28 maggio un tribunale distrettuale di Mosca ha condannato Azar a 15 giorni di arresto amministrativo, ritenendolo colpevole di aver ripetutamente violato la legge relativa agli assembramenti, nonostante il fatto che abbia picchettato in solitaria. Oltre alla presunta violazione dell’articolo 20.2 del codice amministrativo di Mosca (partecipazione a una manifestazione non autorizzata), il giornalista è stato multato per aver trasgredito la parte 2 dell’art. 3.18.1: violazione del regime di quarantena di Mosca.
Ben noto per il suo giornalismo investigativo, non è la prima volta che vediamo Il’ja Azar nei panni di attivista od organizzatore di raduni e piccole manifestazioni. Nell’estate del 2019, a Mosca, è stato proprio lui a coordinare una marcia solidale per l’ex collega e amico Ivan Golunov; ed è sempre lui a tenere delle proteste settimanali nella metropolitana della capitale a sostegno dei prigionieri politici. Tuttavia, l’arresto della scorsa settimana ha spinto attivisti e giornalisti a protestare individualmente in segno di solidarietà.
Gli arresti concatenati
Proprio il giorno del suo arresto, alcune manifestazioni di protesta isolate di solidarietà nei confronti di Azar hanno visto l’intervento della polizia nella capitale e in diverse città russe, tra cui Novosibirsk, Ekaterinburg e San Pietroburgo. Gli arresti sono cominciati ancora prima dell’inizio dei picchetti stessi, tanto che diversi attivisti non hanno nemmeno avuto il tempo di tirar fuori i propri cartelli o striscioni di protesta.
Tra i detenuti nella capitale, oltre ad alcuni deputati municipali del partito “Jabloko”, anche numerosi colleghi di Azar: il caporedattore di Mediazona, Sergej Smirnov, Tat’jana Usmanova di Otkrytaja Rossija e gli autori del canale Drugoe mnenie e di Echo Moskvy, Aleksandr Pljuščev e Tat’jana Felgenhauer – solo per citarne alcuni. I protocolli di ognuno riportano le stesse accuse fatte ad Azar, ai sensi degli stessi articoli.
Gli agenti delle forze dell’ordine, intervenuti prontamente, hanno dichiarato che queste azioni individuali sono di natura illegale poiché nella capitale è in vigore un severo regime di quarantena per combattere l’epidemia globale di coronavirus. Tuttavia, il presidente dell’Unione dei giornalisti russi, Vladimir Solov’ëv, ha chiesto di verificare la legalità di questi arresti, poiché le norme non prevedono il divieto di atti individuali. Inoltre, secondo la Costituzione russa, i diritti umani e le libertà – compresa la detenzione per proteste – possono essere limitati dalla legge federale, ma non da un decreto amministrativo emanato dal sindaco.
Tat’jana Usmanova sostiene che la detenzione dei “picchettatori” non ha nulla a che fare con le disposizioni relative all’auto-isolamento dovute alla pandemia; o perlomeno, non nella situazione di Il’ja Azar, il quale, come anche gli altri attivisti arrestati, stava protestando in solitaria: munito di un piccolo cartello, indossava mascherina e guanti e si trovava a distanza di sicurezza dalle persone di passaggio. Un picchetto di protesta individuale che, però, in Russia non è permesso nemmeno ai tempi del coronavirus.
Immagine: Avtozak Live