Con la storica sconfitta alle elezioni dello scorso febbraio, il partito socialdemocratico (Smer-SD) è finito all’opposizione dopo otto anni al governo in Slovacchia. La crisi nella quale la formazione di Robert Fico è precipitata dal 2018, ha visto l’ex primo ministro slovacco perdere prima il premierato, poi le elezioni europee, la presidenza del paese e quest’anno anche la maggioranza in parlamento. Ora, la sua carriera politica sembra essere al tramonto e nel suo partito c’è chi vuole cambiare rotta: è il suo ex braccio destro, Peter Pellegrini.
Un epilogo atteso
L’uscita di scena del partito socialdemocratico e del suo leader Fico ha origine nel marzo del 2018. Dall’omicidio del giornalista Ján Kuciak e della fidanzata Martina Kušnírová, la Slovacchia ha conosciuto mesi di mobilitazioni senza precedenti negli ultimi decenni. Gli slovacchi hanno riempito le piazze per chiedere e ottenere le dimissioni dell’allora invincibile primo ministro Fico, costretto dal malcontento popolare a cedere la guida dell’esecutivo al suo collega di partito Peter Pellegrini. Da quel momento, Fico e il suo partito sono entrati in un vortice negativo che li ha condotti a un vertiginoso crollo di consensi, accompagnato da una serie di sconfitte elettorali ampiamente annunciate.
Negli ultimi due anni, Fico è rimasto costantemente nel mirino dell’opinione pubblica e delle opposizioni. Tutto ciò che ruotava intorno alla sua figura è stato spazzato via dalla scena politica slovacca, a partire dai suoi alleati di coalizione, il partito nazionale slovacco di Andrej Danko e le formazioni della minoranza ungherese. Nella percezione comune del cittadino slovacco, il partito socialdemocratico ha rappresentato quel sistema di potere marcio, di affarismo e di corruzione, che negli ultimi anni è venuto allo scoperto in maniera evidente. Per la prima volta dopo decenni, generazioni di slovacchi si sono unite nelle strade del paese come nelle urne per chiedere una “Slovacchia decente”, un paese dignitoso dove libertà e democrazia non siano ostaggio di pochi uomini.
La manifestazione e il voto contro il partito socialdemocratico e il suo leader sono stati perciò il mantra della politica slovacca, chiave di lettura che in un anno ha portato alla presidenza e al premierato due personalità politicamente non di primissimo piano come Čaputová e Matovič, a dimostrazione del meccanismo di voto anti-Fico che in Slovacchia ha contraddistinto la stagione politica appena passata e che adesso fa dell’ex tre volte primo ministro un problema per il suo stesso partito.
Pellegrini contro Fico
Il premier uscente e vice presidente del partito, Peter Pellegrini, ha apertamente lanciato il guanto di sfida a Fico. Sembra abbastanza evidente che senza un cambiamento radicale all’interno del partito, il destino per i socialdemocratici sarà quello di giocare un ruolo marginale nella politica slovacca per almeno i prossimi 4 anni. Fico lo ha ammesso e Pellegrini, insieme a buona parte del partito, ha chiesto al vecchio leader un passo indietro. Ma Fico, per ora, non ci sta e rispedisce al mittente le accuse dei suoi compagni di partito.
L’obiettivo di Pellegrini è quello di anticipare il congresso di Smer-SD, previsto solo a dicembre, arrivando il prima possibile alla resa dei conti interna. L’ex premier sa di avere l’appoggio della base degli elettori e vuole imporsi come guida socialdemocratica e vero leader dell’opposizione.
Pellegrini è l’uomo giusto?
Nonostante tutto, i socialdemocratici si trovano in una posizione politicamente non completamente disastrosa. Le ultime elezioni parlamentari hanno portato alla formazione dell’esecutivo Matovič, una coalizione eterogenea di quattro partiti che hanno condiviso la volontà di mandare Fico e Pellegrini all’opposizione, a qualsiasi costo.
Il risultato elettorale ha visto i socialdemocratici attestarsi come seconda forza del paese con il 18% dei voti validi, fornendo agli stessi la qualifica di unica opposizione sistemica presente in parlamento, con la destra neofascista di Kotleba verosimilmente fuori da qualsiasi futura velleità di governo. Questo permette un certo margine di critica contro l’esecutivo, facilitando il potenziale tentativo di riprendere quei voti fuggiti da Fico verso Matovič e il suo partito della “Gente Comune” (OLANO).
Oltre a un anno e mezzo di esperienza da premier, Pellegrini ha dalla sua un carisma e un’abilità comunicativa con le quali ha tentato di distinguersi dal suo stesso partito. Nonostante la morsa del meccanismo anti-Fico abbia finito per travolgere anche lui, la figura di Pellegrini ha mantenuto un consenso personale piuttosto rilevante all’interno della società slovacca e oggi è il secondo politico più gradito del paese, dopo la presidente Čaputová ma davanti al premier Matovič e al presidente del parlamento Boris Kollár. Prima di lasciare ufficialmente la sua carica di primo ministro lo scorso 21 marzo, Pellegrini si è trovato a gestire la primissima fase dell’emergenza pandemica, attuando con decisione un lockdown tempestivo che ha contribuito a limitare il contagio.
Pellegrini vuole porsi alla guida di un cambiamento necessario per quel che resta della socialdemocrazia slovacca, quasi del tutto disintegrata dagli ultimi eventi. L’ascesa delle destre nel paese, da quella ultraliberale di Sulík a quella più conservatrice di Kollár, fino all’ala neofascista di Kotleba, pone alla sinistra il bisogno immediato di un cambio di rotta. Pellegrini ha intenzione di diventare il protagonista di questo processo e ridare a Smer-SD la spinta propulsiva persa negli anni, liberandosi della figura di Fico che ha contraddistinto la crisi del partito. L’aspirante leader ha diverse carte da giocare e per adesso non esclude la possibilità di fondare una sua formazione politica qualora la scalata in Smer non andasse in porto.
Fico è il politico meno amato dai cittadini slovacchi e la sua carriera politica sembra davvero arrivata al capolinea. Se questa fine coinciderà con quella del partito socialdemocratico, dipenderà dalla sua volontà di farsi da parte o di trascinare tutti nel suo declino.
Foto: hlavnydennik.sk