Lì dove le economie post-comuniste sono finite per collassare, si sono spesso originate grandi disparità a livello sociale e occupazionale, disparità visibili ancora oggi. In un simile contesto le tematiche ambientali sono per lungo tempo rimaste in fondo alle agende pubbliche, se non del tutto oscurate. Proprio in quest’area d’Europa si trova oggi uno dei primi grandi banchi di prova della crisi climatica.
Nonostante la difficoltà generale nel far emergere il tema all’attenzione dell’opinione pubblica locale, in molti paesi balcanici – dall’ex Jugoslavia alla Romania – sono nati diversi Festival cinematografici indipendenti a tema ambientale. Dopo aver inizialmente svolto un ruolo di avanguardie, rappresentano oggi veri e propri presidi eco-culturali che svolgono un fondamentale ruolo di sensibilizzazione sul proprio territorio.
Il progetto
Si tratta di realtà che sono state raccolte, in sei diversi paesi della regione, dai giornalisti piemontesi Marco Carlone e Francesco Rasero nel webdoc “Movies Save the Planet – Voices from the East”: il progetto, realizzato con il sostegno della Commissione europea, racchiude 23 articoli e 11 video di approfondimento sparsi su una mappa interattiva che raccoglie cause, effetti e piccole soluzioni alle problematiche ambientali, tanto attuali quanto complesse nella loro risoluzione.
Il webdoc raccoglie inoltre numerose interviste a vari attori locali: docenti universitari, ricercatori e divulgatori scientifici, ma anche cittadini attivi, associazioni e direttori dei Festival a tema ambientale.
A supportare i due giornalisti sul campo, con approfondimenti tematici sulla crisi climatica legati ai territori dell’area balcanica, vi è stata anche la redazione del web magazine eHabitat.it, che ha prodotto ulteriori interviste e contenuti sempre legati al cambiamento climatico e all’ambiente dei Balcani.
Il progetto propone quindi di sensibilizzare ad ampio spettro sulle tematiche connesse ai cambiamenti climatici, valorizzando un medium (quello cinematografico), che diventa allo stesso tempo il fil rouge della narrazione del reportage.
Foto: Marco Carlone