Nicosia resta l’ultima capitale d’Europa divisa da un muro. La mancata riunificazione di Cipro, prima nel 2004 (con il piano Annan rigettato dai greco-ciprioti) e poi di nuovo nel 2016, ha lasciato la situazione cristalizzata a quel 1974 in cui l’esercito turco invase e occupò il nord dell’isola.
Quarantacinque anni dopo, intere generazioni sono cresciute senza conoscere l’altra parte. I primi check-point di passaggio tra nord e sud, infatti, sono stati aperti solo nel 2003 – l’ultimo, quello sulla centralissima Ledra Street nel cuore di Nicosia, nel 2007. Un’apertura che ha portato anche a una certa rinascita, culturale e turistica, di Nicosia, nonostante la grave crisi finanziaria del 2013 e, da ultimo, le chiusure imposte dal rischio di coronavirus.
Spazi come il caffé Hoi Polloi, aperto da Simon Bahceli al suo ritorno da Londra giusto poco a nord del check-point di Ledra Street, o il progetto di pitture murali che uniscano visivamente il nord e il sud della capitale, diventano catalizzatori per la riscoperta dal basso di una identità cipriota comune tramite l’arte e la musica.
Persino nella zona neutrale, all’interno della “linea verde” d’armistizio del 1974, ancora oggi presidiata dall’ONU (si vedano le inquietanti foto di Roman Robroek degli edifici in rovina al suo interno), si aprono spazi di contatto. E’ il caso della Home for Cooperation, inizialmente utilizzata per insegnare “la lingua dell’altro”, riaperta nel 2011 come attrattore culturale per entrambe le comunità, con dibattiti, concerti e corsi di danza
Il breve documentario “Art beyond the divide“ (Perişan Film, 2020) parte proprio da qui: dalla nascente trasformazione urbana di Nicosia, in cui emergono spazi multietnici che creano la possibilità per una riconciliazione dal basso che trascenda il paradigma del bicommunalismo politico in cui resta impantanato da decenni il problema della riunificazione dell’isola est-mediterranea.