Giovedì 21 maggio un’inchiesta giornalistica internazionale ha portato alla luce uno schema di detenzioni e respingimenti di migranti e richiedenti asilo messo in atto dalle autorità greche al confine con la Turchia. La serie di pubblicazioni, nata dalla collaborazione tra Bellingcat, Deutsche Welle, Trouw e Lighthouse Reports, prova per la prima volta in modo inequivocabile il coinvolgimento della guardia costiera e della polizia di frontiera greche in operazioni illegali sotto il profilo del diritto europeo e internazionale.
Today @Bellingcat, in partnership with @LHreports, @dwnews and @trouw, can reveal that Greek authorities have been illegally detaining and deporting refugees using a technique known as a “pushback”.https://t.co/QHhPbMfUiT
— Bellingcat (@bellingcat) 21 maggio 2020
L’analisi dei documenti porta alla luce la pratica dei “deep pushback“, ovvero prelievi forzati di richiedenti asilo dal suolo greco e conseguenti respingimenti fin dentro il territorio turco. Gli episodi esaminati sono avvenuti tra febbraio e aprile sulle isole di Samos e Chios e lungo la frontiera terrestre con la Turchia nei pressi del fiume Evros.
Il caso di Chios e la mobilitazione di Pietro Bartolo al Parlamento europeo
Uno dei casi citati nell’inchiesta riguarda 14 persone, tra cui un bambino, deportate il 30 aprile dalla spiaggia di Monolia, sull’isola di Chios, e ritrovate il giorno successivo su uno scoglio in acque turche dalla guardia costiera turca. L’episodio è stato seguito dalla testata locale di Chios Astraparis e dal quotidiano nazionale Efsyn, nonché da diverse ONG tra cui Mare Liberum, che ha pubblicato un report dettagliato della catena di eventi. E’ stato inoltre di recente definito dal sito di informazione tedesco Taz come uno dei casi meglio documentati di respingimenti illegali.
Il deputato Andreas Michailidis del partito di opposizione Syriza ha chiesto conto della vicenda al governo durante la sessione plenaria del parlamento greco del 6 maggio. Ma il ministro dell’immigrazione e dell’asilo Notis Mitarakis si è limitato a rigettare la ricostruzione dei fatti come frutto di propaganda straniera e ad oggi continua a negare ogni responsabilità delle autorità greche nei casi documentati a Samos e nell’Evros.
L’intervento di Michailidis è stato raccolto dall’europarlamentare italiano del gruppo socialista Pietro Bartolo, il “medico di Lampedusa”, il quale ha presentato il 7 maggio un’interrogazione scritta alla Commissione europea sul caso. La Commissione, che è tenuta a fornire una risposta entro tre mesi dalla deposizione dell’interrogazione, non si è ancora espressa in merito.
Le ritorsioni contro la stampa e la società civile
L’interrogazione di Bartolo è stata ripresa dalla testata locale di Chios Astraparis, la cui redazione è stata in prima linea nell’inchiesta sulla sparizione dei migranti dalla spiaggia di Monolia. A poche ore dalla pubblicazione, la pagina Facebook del quotidiano è stato bersaglio di un attacco informatico che ha determinato la cancellazione di tutti i contenuti pubblicati nel corso dell’ultimo mese. L’attacco è stato stigmatizzato da diverse testate greche e organizzazioni della società civile, che hanno espresso solidarietà nei confronti di Astraparis e hanno denunciato la matrice di estrema destra della rappresaglia.
Questo episodio si inserisce in un quadro di intimidazioni contro i testimoni oculari del respingimento che vede coinvolti funzionari della guardia costiera e del ministero dell’Immigrazione, come ricostruito da Astraparis, Mare Liberum e the Submarine. A generare ulteriore sdegno pubblico è stata l’esclusione di Astraparis dall’intervista televisiva concordata da Mitarakis con le testate locali di Chios, in cui il ministro ha esposto il proprio piano per la gestione dei flussi migratori, eludendo le richieste di chiarimento sul caso di Monolia.
Come ricostruito dal quotidiano Efsyn, Mitarakis è coinvolto in un’ulteriore controversia politica che riguarda la disposizione di fondi pubblici secretati a disposizione del proprio gabinetto ministeriale. Secondo il quotidiano, questi fondi verranno usati per finanziare misure coercitive nei confronti dei migranti irregolari e saranno coperti dal segreto di stato.
La presidenza di turno del Consiglio d’Europa e i doppi standard della diplomazia greca
L’inchiesta di Bellingcat e le sue diramazioni vengono alla luce a pochi giorni dall’inaugurazione del semestre di presidenza greca del Consiglio d’Europa, avvenuta lo scorso 15 maggio. Assumendo la guida politica dell’organizzazione internazionale, la Grecia ha dichiarato di voler includere tra le priorità del proprio mandato “la protezione della vita umana” e “il rispetto dei diritti fondamentali e dei principi della democrazia e dello stato di diritto” nel contesto della crisi sanitaria. Un forte accento viene posto sulla protezione dei minori non accompagnati.
Curiosamente, poche settimane fa proprio la Commissaria per i diritti umani dello stesso Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, aveva pubblicamente espresso preoccupazione per la riforma della legge greca sull’immigrazione. Uno degli aspetti che ha generato maggiore controversia è la creazione di strutture di accoglienza chiuse sulle isole di Lesbo e Chios, in sostituzione agli attuali campi profughi di Moria e Vial, che introdurrebbero un regime di detenzione per i richiedenti asilo, in apparente violazione del diritto europeo.
I share concerns raised by @UNHCRGreece, @Synigoros & National Commission for Human Rights on reform of Greek migration legislation, esp. expanded use of detention, incl in “closed” centres on the islands. https://t.co/M3XiaRiVTS
I invite MPs to follow their recommendations.
— Commissioner for Human Rights (@CommissionerHR) 7 maggio 2020