di Desirèe Di Marco
Dal 2019, l’aumento del flusso migratorio sta mettendo a dura prova la capacità di accoglienza della Repubblica di Cipro, la quale chiede aiuto all’Europa nella gestione della crisi. “Ne arrivano a centinaia per volta, prima erano solo una dozzina all’anno”, dichiarava lo scorso luglio un ufficiale delle autorità cipriote. Il numero dei profughi siriani che arrivano nell’isola è aumentato a dismisura negli ultimi due anni.
La maggior parte raggiunge la Repubblica di Cipro indirettamente, dai territori a nord che si trovano sotto l’occupazione turca. Si atterra con voli dalla Turchia all’aeroporto di Ercan, ma solo quando si supera il checkpoint che divide l’isola si è ufficialmente in territorio cipriota. Qui i profughi siriani possono sperare di ottenere asilo e status di rifugiati.
Un sistema di accoglienza in sovraccarico
La situazione politica sull’isola rende complessa la gestione del flusso migratorio. Dal colpo di stato che scatenò l’invasione militare turca nel 1974, Cipro resta divisa dal filo spinato. Oltre ad amministrazioni burocratiche lente, tra nord e sud dell’isola non esiste alcun dialogo politico. Con gli accordi del 2016 tra paesi UE e Turchia che regolamentano i flussi migratori, Cipro è diventata la destinazione privilegiata delle rotte, anche grazie alla sua prossimità alle coste siriane. Ad oggi è lo stato UE che ospita il maggior numero di rifugiati: 13,259 su un totale di 850.000 abitanti, circa il 4% della popolazione complessiva.
Nell’intera isola, il sistema di accoglienza è gestito dalle autorità greco-cipriote e dall’amministrazione della capitale. Sono presenti solo due uffici che, stando a quanto riportato dalle autorità, sono in sovraccarico. In attesa di ottenere lo status di rifugiato, una volta arrivati sull’isola, ai richiedenti asilo è negato lo spostamento all’estero, così come il ricongiungimento familiare con i loro cari. Può accadere, quindi, di rimanere bloccati anche per anni nella parte nord dell’isola, in attesa di ricevere asilo nella Repubblica di Cipro.
Quelli che invece riescono a superare il confine vivono comunque situazioni drammatiche. Le condizioni nei campi di accoglienza di Kokkinotrimithia e di Kofino sono disumane: si dorme in quattro in una camera di cinque metri quadrati e l’odore è nauseabondo; molti sono costretti a riparare in parchi pubblici, autobus o presso vecchi cantieri.
Rifugiati e coronavirus
Con lo scoppio dell’epidemia di Covid-19, le condizioni dei rifugiati e la gestione della loro accoglienza si aggravano. L’isola sta adottando misure severe per il contenimento del contagio da coronavirus. I check-point di passaggio tra i territori greco-ciprioti e turco-ciprioti sono stati chiusi, ma l’Alto Commissario ONU per i Rifugiati, Filippo Grandi, ha dichiarato che urge comunque stilare accordi tra le due parti dell’isola per lo screening dei rifugiati che arrivano sull’isola. Negli affollati campi profughi, è difficile attuare misure di distanziamento sociale e ciò aumenta il rischio di la diffusione del virus.
Per il governo cipriota diventa sempre più necessario tenere la situazione sotto controllo regolando il flusso migratorio in arrivo sull’isola. A questo proposito la Repubblica di Cipro chiede di rivedere le clausole del Regolamento di Dublino. È fondamentale ottenere una collaborazione efficace da parte degli altri paesi dell’Unione Europea nella redistribuzione dei migranti.
Inoltre, la Repubblica di Cipro chiede lo stanziamento di fondi europei per un nuovo centro di accoglienza. È necessario attivarsi subito perché il prolungamento della crisi potrebbe minacciare ancora di più il sistema di accoglienza dell’isola.
Foto: InfoMigrants.net