La Rete vista da Mosca e Pechino: una risoluzione Onu propone "maggiore controllo in nome della sicurezza"

di Pietro Acquistapace

In nome della sicurezza al giorno d’oggi ci si può permettere praticamente di tutto. Il 14 settembre 2011, nel corso della 66esima seduta dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Russia, Cina, Uzbekistan e  Tagikistan hanno presentato una risoluzione proponendo l‘adozione di un codice di condotta per la sicurezza delle informazioni. I quattro paesi firmatari hanno in particolar modo puntato la loro attenzione ai dati circolanti su internet ritenendo che “la diffusione delle informazioni favorisce il terrorismo, il secessionismo, l’estremismo e tutto ciò che mina la stabilità sociale, politica ed economica di altri stati, incluso il patrimonio culturale e spirituale”.

Il documento si basa sul concetto di Stato e ne estende la sovranità anche alla Rete, escludendo ogni riferimento a realtà come la IETF (Internet Engineering task force) o la ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) non riconducibili ad una dimensione puramente statuale. Il tutto in nome della “difesa delle libertà fondamentali e dei diritti umani”. I quattro firmatari proseguono sostenendo che “i governi dovranno avere la responsabilità di far capire a tutte le componenti della società, compresi i partner privati nei settori dell’informazione e della comunicazione, i ruoli e i compiti che hanno a che fare con la sicurezza dell’informazione”.

Non è difficile intravedere dietro questa risoluzione un tentativo di aumentare il controllo di internet bloccandone così le potenzialità per quanto riguarda l’informazione e la libertà d’espressione. La risoluzione sembra tanto più paradossale in quanto Uzbekistan e Cina sono ritenuti dall’organizzazione non governativa Reporter Senza Frontiere dei veri e propri “nemici di internet” mentre la Russia è “sotto sorveglianza”. Probabilmente dietro questo “codice di condotta” si nasconde il timore che quanto accaduto con la cosiddetta “Primavera Araba” abbia a ripetersi in Asia Centrale. Internet infatti ha avuto un ruolo di primissimo piano come strumento di critica ai regimi, organizzazione della protesta ed informazione su quanto realmente accaduto nel corso delle recenti rivoluzioni nei paesi arabi.

In quest’ottica va segnalato che giusto pochi giorni dopo la presentazione della citata risoluzione all’ONU ha preso il via, per l’esattezza il 19 settembre, Center-2011, una seria di esercizi militari coinvolgenti la Russia e gli altri paesi membri del CSTO (Collective Security Treaty Organization) con l’obiettivo dichiarato di addestrare I militari nel caso in cui l’uso della forza dovesse rendersi necessario per  “stabilizzare l’Asia Centrale”. Una esplicita dichiarazione in merito a questa ipotesi d’intervento era già stata avanzata dal presidente bielorusso Lukashenko in una conferenza nella quale ha proposto di estendere l’autorità della CRRF (Collective Rapid Reaction Force) dando la possibilità a questo organismo militare di intervenire non soltanto contro aggressioni esterne ai membri della CSTO, ma anche contro eventuali nemici interni, di fatto un ente di difesa sovranazionale verrebbe messo al servizio di politiche interne nazionali. Tornando alla risoluzione presentata all’ONU, possiamo dire, riprendendo il comment di David Trilling su Eurasianet che, “per una volta, Uzbekistan e Tajikistan sono d’accordo su qualcosa”.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

  1. claudio vito buttazzo

    Chi di spada ferisce, di spada perisce. I paesi del Csto si statto esattamente predisponendo a fare nel mondo ciò che fino ha fatto in modo esclusivo la Nato. Cosa vi aspettavetare: che ciò non succedesse e che tutti lassciassero campo libero all’Occidente di fare e disfare “rivoluzioni”, fare e disfare governi, intervenire militarmente ovunque nel nome (anche qui le termninologie non cambiano) della sicurezza e della democrazia?

  2. claudio vito buttazzo

    Chi di spada ferisce, di spada perisce. I paesi del Csto si statto esattamente predisponendo a fare nel mondo ciò che fino ha fatto in modo esclusivo la Nato. Cosa vi aspettavetare: che ciò non succedesse e che tutti lassciassero campo libero all’Occidente di fare e disfare “rivoluzioni”, fare e disfare governi, intervenire militarmente ovunque nel nome (anche qui le terminologie non cambiano) della sicurezza e della democrazia?

  3. concordo pienamente, è ora che a struttura imperialista finisca…

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