Lo scorso 30 marzo davanti al quartier generale dell’Alleanza del Trattato Nord Atlantico (NATO) a Bruxelles è stata issata una nuova bandiera, la trentesima. La bandiera è quella con un sole giallo e otto raggi in campo rosso della Macedonia del Nord, da pochi giorni ultimo Paese a entrare a far parte dell’Alleanza atlantica.
La fine di un lungo iter
Il Paese dei Balcani è diventato l’ultimo membro dell’Alleanza il 27 marzo 2020, quando ha depositato il suo strumento di adesione al Trattato del Nord Atlantico al Dipartimento di Stato Usa a Washington, e lo scorso lunedì è stato il primo giorno in cui in tutte le sedi NATO hanno sventolato insieme le 30 bandiere degli stati aderenti. L’entrata della Macedonia del Nord nella NATO era diventata questione di giorni dopo la ratifica del parlamento spagnolo, ultimo stato a farlo, del protocollo di adesione il 17 marzo.
«È un giorno storico» ha twittato il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg dando il benvenuto al nuovo arrivato e aggiungendo che «è stato un lungo cammino ma tutti i vostri sforzi hanno pagato». Il riferimento è all’accordo di Prespa sottoscritto nel 2018 dall’allora governo macedone di Zoran Zaev con la Grecia di Alexis Tsipras per il cambio del proprio nome, e ratificato da entrambi i paesi lo scorso anno.
La Macedonia del Nord contribuisce già da tempo alla sicurezza euro-atlantica partecipando alle missioni guidate dalla NATO in Afghanistan e in Kosovo. Stoltenberg nel suo discorso ha affermato che l’adesione macedone porterà una maggiore stabilità nei Balcani occidentali: «È una buona cosa per la regione e per la sicurezza euro-atlantica».
Welcome to #NATO, #NorthMacedonia! It’s been a long road, but all your efforts have paid off. The formal accession process is now complete, and we are glad to have the 30th member of our Alliance with us: https://t.co/g6HxvQ4OlT 🇲🇰 #WeAreNATO
— Jens Stoltenberg (@jensstoltenberg) March 27, 2020
«L’adesione della Macedonia del Nord riafferma anche agli altri aspiranti all’ingresso che la porta della NATO rimane aperta a quei paesi che vogliono e sono in grado di intraprendere le riforme necessarie per rispondere agli elevati standard dell’Alleanza» ha fatto sapere il segretario di Stato americano Mike Pompeo. Congratulazioni alla Macedonia del Nord sono arrivate anche da Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea.
NATO e UE, i due successi diplomatici di Zaev
Da Skopje, il primo ministro ad interim della Macedonia del Nord Oliver Spasovski si è detto «orgoglioso» del risultato raggiunto, che rappresenta «il più grande successo» che il Paese abbia mai ottenuto dalla sua indipendenza nel 1991 ed è un buon viatico «per un futuro sicuro e prospero».
Nella stessa settimana del suo ingresso nella NATO, la Macedonia del Nord – insieme all’Albania – ha avuto il via libera dai 27 per l’inizio dei negoziati di adesione all’Unione europea. Insieme all’accordo sul nome con la Grecia, questi due successi diplomatici sono frutto delle politiche dell’ex primo ministro socialdemocratico Zoran Zaev, anche se sono stati raggiunti, ironicamente, qualche mese dopo le dimissioni del suo governo nello scorso ottobre.
La NATO nei Balcani
L’entrata della Macedonia del Nord nella NATO segue di soli tre anni quella di un altro paese dei Balcani occidentali, il Montenegro, nel 2017. Si tratta di un passo importante per la presenza nella regione dell’Alleanza – i cui paesi, grazie alle precedenti adesioni anche di Slovenia e Croazia, sono ormai in maggioranza – e per la conferma di una crescente attenzione al contrasto di altre influenze nella penisola. Nei Balcani al momento solo Serbia, Bosnia Erzegovina e Kosovo, non fanno parte della NATO, ma ognuno dei tre si trova in una situazione peculiare.
Il Kosovo, molto legato politicamente agli Stati Uniti, ospita dal 1999 sul suo territorio la missione NATO KFOR (Kosovo Force), che oggi conta una forza di circa 3.500 tra militari e civili. Il Kosovo aspira fortemente all’adesione ma quattro dei paesi membri dell’Alleanza – Spagna, Slovacchia, Grecia e Romania – ancora non ne riconoscono l’indipendenza. Grandi passi avanti per una maggiore cooperazione non ne sono stati fatti e il processo di formazione di un esercito ha sollevato ulteriori dubbi. Nonostante questo, i leader kosovari negli ultimi anni hanno ribadito la volontà di prendere parte all’Alleanza.
Di contro la Serbia, lo Stato più popoloso della regione, resta in bilico tra l’attrazione euro-atlantica, l’influenza della Russia e i nuovi investimenti cinesi. La neutralità rivendicata da Belgrado non ha impedito al Paese di partecipare al programma di Partenariato per la Pace (PfP) e a due cicli dell’IPAP (Individual Partnership Action Plan) con la NATO. Quest’ultimo è stato rinnovato a novembre 2019 fino al 2021. Nonostante la cooperazione in corso, una possibile adesione resta fortemente impopolare a 20 anni di distanza dalle bombe che colpirono Belgrado e misero di fatto fine alle guerre jugoslave. Secondo gli ultimi sondaggi sul tema, solo il 7% degli intervistati sarebbe favorevole a un’adesione all’Alleanza.
Infine la Bosnia Erzegovina resta divisa su una possibile adesione, anche se il Paese ha avuto negli ultimi 20 anni relazioni abbastanza strette con l’organizzazione. Se soprattutto i leader bosgnacchi sono favorevoli all’adesione, quelli della Republika Srpska lo sono molto meno – di nuovo a causa del ricordo dei bombardamenti NATO che portarono i serbo-bosniaci a firmare gli accordi di Dayton nel 1995. Resta ancora nel paese una piccola missione militare a guida UE (EUFOR Althea), erede delle missioni militari NATO di attuazione degli accordi di pace. Per tutto il 2019 il sistema politico bosniaco è rimasto in stallo sulla questione dell’invio alla NATO del primo programma annuale di riforma della difesa sulla base del Membership Action Plan (MAP), che ha bloccato la formazione di un nuovo governo fino a Natale. Alla fine il documento consegnato a Bruxelles è risultato ambiguo, non rappresentando un impegno chiaro per una futura adesione della Bosnia Erzegovina alla NATO.
L’adesione della Macedonia del Nord alla NATO è segno che l’avanzata dell’Allenaza nella regione non accenna a fermarsi, anche se per una futura entrata degli altri paesi dei Balcani occidentali potrebbe essere più complicato.
Foto: Jens Stoltenberg Twitter account