Oltre che sul fronte sanitario, in Croazia la battaglia contro il coronavirus si combatte anche sul piano economico. Per il paese si tratta della terza grande crisi negli ultimi 30 anni dopo la transizione violenta dei primi anni ’90 e la “grande recessione” del 2008. A differenza delle due esperienze precedenti il paese è oggi membro dell’Unione Europea anche se, visto il suo attuale stato di salute, questo non sembra una particolare garanzia per affrontare l’emergenza.
Le misure già adottate
Il primo ministro Andrej Plenković, dell’Unione Democratica Croata (HDZ), il 17 marzo scorso ha dichiarato il lockdown bloccando tutti gli eventi pubblici e le attività non essenziali. Lo stesso giorno il governo ha approvato un pacchetto di 63 misure economiche, per un valore di 30 miliardi di kune (circa 4 miliardi di euro), volte ad arginare le prime conseguenze dell’epidemia. Le misure elaborate dal ministro delle Finanze Zdravko Marić prevedevano tra le altre cose il differimento dell’imposta sul reddito, sui profitti e dei contributi sui salari per un periodo di tre mesi. Uno dei provvedimenti più importanti riguardava però il pagamento del salario minimo da parte dello stato per un periodo di tre mesi e un importo pari a 3.250 kune (425 euro) per ogni dipendente. Per questa misura il ministro del Lavoro e delle Pensioni Josip Aladrović ha assicurato un impegno economico tra i 520 e i 780 milioni di euro.
Nel frattempo la Banca Centrale Croata (HNB) ha ribadito che la Croazia continuerà a portare avanti il suo piano di adozione dell’euro, prevista per il 2024, nonostante gli effetti negativi della pandemia. Proprio per questo l’HNB è intervenuta per ben cinque volte dal 9 marzo scorso nel tentativo di evitare la svalutazione della kuna rispetto all’euro. Complessivamente il valore delle operazioni hanno superato di poco i 2,2 miliardi di euro.
A questi si aggiunge il sostegno garantito dalla Commissione Europea con il suo piano di investimenti che per la Croazia equivale ad un impegno di circa 1,16 miliardi di euro.
Il nuovo pacchetto economico
Gli impegni assunti dal governo all’inizio della crisi non avevano però convinto del tutto il mondo imprenditoriale che nei giorni scorsi aveva stilato, tramite le associazioni di categoria, un proprio elenco di richieste. Il nuovo pacchetto approvato giovedì ha fatto proprie molte delle rivendicazioni imprenditoriali tra cui l’esenzione (e non il differimento) dall’imposta sul reddito e dal pagamento dei contributi per i prossimi tre mesi per le aziende con un calo degli affari del 20-50%.
Altro impegno fortemente caldeggiato dagli imprenditori croati e adottato dal governo riguarda il pagamento dell’IVA dopo il pagamento delle fatture in maniera tale da alleggerire ulteriormente il carico fiscale sulle imprese. Le altre misure prevedono l’aumento del sostegno statale ai salari per i mesi di aprile e maggio, innalzato adesso a 4 mila kune (525 euro) più gli oneri sui contributi pari ad altre 1460 kune (190 euro).
Nei prossimi giorni sono attese nuove specifiche leggi per sostenere il settore turistico che da solo vale circa il 17% dell’intero PIL croato e che rischia di registrare il peggior andamento dai tempi della guerra degli anni ’90.
I rischi per il futuro
Se da un lato i provvedimenti del governo Plenković provano a salvare l’economia nazionale da una nuova recessione, dall’altro non mancano rischi e preoccupazioni riguardo la tutela dei diritti dei lavoratori. Proprio per questo la Confederazione Europea dei Sindacati (ETUC) ha inviato lo scorso 27 marzo una lettera al governo croato condannando apertamente qualsiasi tentativo di limitazione dei diritti.
Tra le norme più controverse i sindacati criticano la possibilità per i datori di lavoro di ridurre i salari al minimo e, come già avvenuto per il settore turistico con l’avallo dei sindacati stessi, la sospensione dei contratti collettivi e di alcune disposizioni del codice del lavoro che consentono di ridurre l’indennità salariale in caso di cessazione del lavoro. L’ETUC si è detta inoltre inorridita dal fatto che il governo croato abbia intrapreso tali iniziative durante il suo semestre di presidenza del Consiglio UE. Il timore è che la riduzione dei salari e dei diritti permanga anche dopo la fine dell’emergenza sanitaria.
Foto: Marko Todorov /CROPIX