di Pietro Acquistapace
Sale la tensione tra Russia e Tajikistan per un’oscura vicenda che vede protagonisti il pilota russo Vladimir Sadovnichy e il pilota estone Alexei Rudenko, condannati ad otto anni e mezzo (in prima istanza a 10 anni e mezzo) per contrabbando e violazione delle norme di volo e di ingresso nel Paese. I due sono stati costretti a marzo, mentre tornavano dall’Afghanistan per consegnare del materiale “misterioso”, ad un atterraggio di emergenza dovuto all’avaria del loro Antonov-72. Una volta giunte sul posto le autorità tagike, li hanno incriminati di contrabbando a causa della presenza sull’aereo di benzina sfusa.
La vicenda acuisce le tensioni tra i due Stati da tempo oggetto di accuse reciproche: i tagiki accusano i russi di non collaborare nella realizzazione della diga di Rogum (la seconda diga più alta al mondo) secondo l’accordo stipulato nel 1994, sostenendo inoltre che la Russia non stia pagando quanto deve per il mantenimento dei propri militari sul suolo del Tagjikistan. Ai tagiki viene, a loro volta, rinfacciato lo scarso impegno nel controllo delle rotte dei traffici illeciti provenienti dall’Afghanistan.
In risposta al mancato rilascio dei due piloti, il Cremlino – per bocca del ministro della Salute Gennady Onishchenko – ha decretato l’espulsione dal suolo russo di circa mille immigrati tagiki con la motivazione di voler prevenire possibili epidemie di Tbc e di altre malattie contagiose. Questo provvedimento arreca un duro colpo all’economia del Tagjikistan che dipende per il 40% del proprio prodotto interno dalle rimesse del milioni di tagiki lavoranti in Russia. I motivi che hanno spinto il governo moscovita a un’azione così eclatante restano poco chiari. Organi di informazione hanno avanzato svariate supposizioni, tra le quali quella di una pressione nei confronti delle autorità russe per il rilascio di Rustam Khukumov, personaggio vicino al presidente tagiko Imomali Rahmon, attualmente detenuto in Russia dove è accusato di traffico di stupefacenti.
Resta il fatto che questa vicenda ha provocato in Russia un montare dei sentimenti antitagiki come dimostrato dall’incendio di diversi dormitori per lavoratori immigrati e da prese di posizione da parte dei movimenti nazionalisti. La durezza della risposta di Mosca ha sorpreso gli stessi commentatori centroasiatici, come Daniil Kislov, che scrivendo su Fergana News si chiede come mai la Russia se la prenda con dei poveri lavoratori immigrati e non con i milionari tagiki che spendono a Mosca il denaro ricavato dal narcotraffico.
La Russia aveva fatto lo stesso (espulsioni di immigrati) nel caso della crisi con la Georgia nel 2007, prima della guerra. C’è una causa inter-statale aperta tra i due paesi alla CEDU per quei fatti. Purtroppo il Tagikistan non è nel Consiglio d’Europa, al massimo può ricorrere per vie diplomatiche tramite l’OSCE o il Comitato ONU sui Diritti Umani di Ginevra
vedremo cosa succederà… è sempre la vecchia storia: deboli con i forti e forti con i deboli… il potere non si smentisce mai.