Mercoledì 25 marzo, il parlamento del Kosovo ha approvato, con 82 voti a favore e 32 contro, la mozione di sfiducia al governo guidato da Albin Kurti. L’esecutivo fondato sull’alleanza tra il partito di Kurti, Vetevendosje (VV), e la Lega Democratica del Kosovo (LDK), dunque, cade dopo meno di due mesi, essendo entrato in carica il 3 di febbraio. La mozione di sfiducia è stata presentata da uno dei due partner di governo, la LDK, ormai ai ferri corti con il primo ministro, ed è stata votata da tutte le opposizioni al termine di una seduta durata quasi 12 ore.
La gestione dell’emergenza
Il governo, dunque, cade proprio mentre il paese è alle prese con l’emergenza coronavirus, che, al momento, conta 71 persone infette e una vittima, tanto che i deputati si sono presentati con la maschera protettiva, sedendosi a debita distanza. Proprio sulla gestione dell’emergenza si è consumato l’ultimo scontro tra gli alleati: la decisione del premier di licenziare il ministro dell’Interno, Agim Veliu, esponente di punta della LDK, a causa del suo endorsement alla proposta del presidente della Repubblica Hashim Thaci di dichiarare lo stato di emergenza, è stata l’ultima goccia.
Lo stesso giorno dell’allontanamento di Veliu, il 18 marzo, il leader della LDK, Isa Mustafa, ha annunciato la fine dell’alleanza di governo con VV. Una posizione non condivisa da Vjosa Osmani, candidata premier della LDK alle ultime elezioni e attuale presidente del parlamento, che ha votato contro la mozione presentata dal suo stesso partito.
Il ruolo degli USA
La rottura, però, ha radici più profonde, da ritrovare nelle crescenti pressioni degli Stati Uniti su Pristina per rimuovere le tariffe sui prodotti provenienti dalla Serbia (e dalla Bosnia Erzegovina), visto da Washington come passaggio necessario per riprendere il dialogo con Belgrado e giungere ad un accordo. Mentre Kurti ha scelto di rimuovere le tariffe in modo graduale e in cambio di una politica di reciprocità con la Serbia (come da programma di governo), la LDK si è schierata per una rimozione totale e immediata, denunciando il rischio di danneggiare le relazioni con gli Stati Uniti.
La rimozione della prima tranche di tariffe, quelle sulle materie prime, avvenuta il 20 marzo scorso, non è bastata ad avvicinare i due alleati. La posizione della LDK, inoltre, è in linea con quella del presidente Thaci, storico rivale di Kurti, e sostenitore della rimozione delle tariffe. Il conflitto tra i due si è trasformato in un conflitto istituzionale tra governo e presidente, tanto che, dopo l’annuncio di Kurti di nuove misure restrittive contro il coronavirus, Thaci si è presentato alla stampa bollando le misure come anti-costituzionali e invitando cittadini e forze dell’ordine a non rispettarle.
Washington VS Bruxelles
La crisi di governo, inoltre, mette in luce le divisioni della comunità internazionale. Da un lato, i paesi dell’Unione europea sono profondamente preoccupati, come espresso chiaramente in una dichiarazione congiunta dei ministri degli Esteri di Francia e Germania, che chiedevano di posticipare il voto di sfiducia e di concentrare gli sforzi sull’emergenza coronavirus. Una posizione rimarcata anche dall’europarlamentare Viola Von Cramon, rapporteur per il Kosovo, che ha definito la mozione di sfiducia come “irresponsabile”.
Dall’altro lato, però, ci sono gli Stati Uniti, i veri protagonisti di questa crisi: in un tweet del 24 marzo, l’ambasciatore americano si è detto “pleased” (lieto, soddisfatto) di vedere il parlamento riunirsi per la mozione di sfiducia. Un tweet condiviso da Richard Grenell, l’inviato del presidente Donald Trump per gestire il dialogo tra Belgrado e Pristina, negli ultimi mesi uno degli attori principali delle manovre americane sulla politica kosovara.
E’ sempre più evidente come le strategie di Bruxelles e di Washington vadano in direzioni opposte: mentre la UE vedeva con favore il governo Kurti, gli USA hanno puntato tutto su Thaci, scelto come il rappresentante del Kosovo che, rimosse le tariffe, potrà siglare l’accordo definito con il suo omologo serbo, Aleksandar Vucic. Lo stesso Kurti, nel dibattito che ha preceduto il voto dell’aula, ha accusato i due presidenti di aver già siglato un accordo che prevede uno scambio di territori tra i due paesi, il vero motivo, secondo lui, della caduta del suo governo.
Il futuro incerto
Caduto il governo, si aprono ora diverse prospettive. Secondo la Costituzione, il presidente della Repubblica dovrebbe dare di nuovo il mandato a Vetevendosje, primo partito alle elezioni, ma le possibilità di una nuova alleanza sono pressoché nulle, a meno di colpi di scena. Thaci potrebbe allora dare il mandato al secondo partito, la LDK: nonostante Mustafa, al momento, smentisca l’ipotesi di un’alleanza con il Partito Democratico del Kosovo (PDK) di Thaci, questa opzione resta plausibile. Sarebbe un ritorno al passato, dato che i due partiti hanno già governato insieme diverse volte. In piedi anche l’ipotesi di un esecutivo di unità/tecnico per gestire l’emergenza che includa anche l’Alleanza per il futuro del Kosovo (AAK) dell’ex premier Ramush Haradinaj, ma difficilmente VV accetterebbe di farne parte. Ultima opzione le elezioni, che comunque non potrebbero tenersi nel breve a causa dell’emergenza coronavirus: in tal caso, il governo attuale potrebbe rimanere in carica come dimissionario.
Un ventaglio di ipotesi, una crisi politica nel pieno di una crisi globale che preoccupa seriamente i cittadini del Kosovo, molti dei quali, impossibilitati ad andare in piazza, hanno dimostrato il proprio dissenso verso la classe politica tramite una rumorosa protesta dai balconi di casa. Il tanto atteso cambiamento, rappresentato dall’elezione di Kurti, subisce un inatteso stop, organizzato dalla vecchia élite politica con il benestare americano. Il tutto, clamorosamente, proprio mentre il paese si trova ad affrontare una situazione di emergenza.
Foto: Radio Evropa e Lire