Mikhail Khodorkovskij, il magnate russo condannato per reati fiscali che celano motivi politici, ha annunciato nei giorni scorsi di avere iniziato uno sciopero della fame. L’ex petroliere è stato condannato nel 2005 a otto anni di reclusione per frode, appropriazione indebita ed evasione fiscale. Ora, dato che si avvicina la data di fine pena, le autorità russe (la giustizia russa, meglio, sempre che si possa individuare qualche differenza tra questi due poteri, da quelle parti) hanno inscenato un nuovo processo con nuove accuse, per lasciare l’imprenditore antiputiniano ancora qualche anno in Siberia. Nel nuovo procedimento giudiziario rischia 22 anni di carcere. Una sorta di ergastolo. L’accusa: riciclaggio di denaro.
Il primo ministro Vladimir Putin non andrà a testimoniare al secondo processo, come richiesto dai legali di Mikhail Khodorkovskij. La corte dove l’ex petroliere sta subendo un ennesimo processo politico ha rifiutato la chiamata alla sbarra anche per il ministro delle Finanze Aleksej Kudrin e il deputato Igor Sechin. E’ stata invece ammessa la testimonianza del ministro del Commercio Viktor Khristenko che sarà in aula il 21 giugno per una seduta che si presenta come infuocata.
Intanto è possibile che Khodorkovskij interrompa lo sciopero della fame ad oltranza. Sembra infatti che verra’ in qualche modo fatto trapelare l’interesse del presidente Medvedev sul suo caso.
Sarebbe una importante incrinatura della verticale del potere putiniana che proprio sull’imprigionamento di Khodorkovskij fonda gran parte della sua ideologia anti-oligarchi. Degli oligarchi non vicini a Russia Unita, il partito unico al potere nella Federazione.