Mai sprecare una buona crisi, si sa: e cosa di meglio della distrazione globale provocata dalla pandemia del coronavirus, per una bella stretta autoritaria? Così devono aver pensato i governanti di Israele, Serbia e Ungheria, tre paesi dove la destra al potere è sempre più allergica ai lacci della democrazia parlamentare, perfino quando già controlla i media e il sistema politico.
Israele: Netanyahu esautora corti e parlamento
Nel corso della scorsa settimana il premier israeliano uscente Benjamin Netanyahu in soli quattro giorni, ha chiuso i tribunali, ha esautorato il parlamento, e ha ordinato ai servizi segreti di tracciare i cittadini tramite i dati di telefonia mobile. Misure, con il pretesto di proteggere la salute pubblica, che danno al governo poteri senza precedenti, compreso in tempi di guerra. Ciò mentre Netanyahu, che ha perso tre elezioni di fila in 18 mesi, si trova a capo di un governo dimissionario e con la spada di Damocle di un processo per corruzione e frode – ora comodamente rimandato fine a fine maggio.
Intanto, lo speaker della Knesset, Yuli Edelstein, si è rifiutato “per motivi sanitari” di convocare il nuovo parlamento, insediatosi solo lunedì scorso, in cui Netanyahu non ha la maggioranza e in cui i deputati intendono piuttosto affidare al centrista Benny Gantz l’incarico di capo del governo.
Nonostante le rimostranze di Gantz e dello stesso presidente della repubblica, Reuven Rivlin, il parlamento resta chiuso, e Netanyahu resta alle redini di un governo, senza una maggioranza democratica ma con poteri straordinari – situazione che lo storico Gershom Goremberg sul Washington Post non ha esitato a definire un colpo di stato. Secondo il politologo e giurista Mordechai Kremnitzer, Netanyahu intende forzare lo stato di diritto per costringere il partito di Gantz, Blu e Bianco, ad un governo di unità nazionale ai propri termini. “Non accettare le regole del gioco democratico è uno sviluppo molto negativo”, conclude Kremnitzer.
Serbia: il governo sospende il parlamento e legifera per decreto
Anche la Serbia è in stato di emergenza per coronavirus dal 15 marzo. E pochi giorni prima, come scrive Dragan Janjić per OBCT da Belgrado, con un trucchetto da prestigiatore il governo del Partito Progressista Serbo ha di fatto esautorato il parlamento:
il governo ha adottato un decreto che vieta gli assembramenti di oltre 100 persone in spazi chiusi (tale limite è stato successivamente ridotto a 50 persone), motivo per cui – come ha chiarito il governo – non è stato possibile convocare una seduta straordinaria del parlamento (che conta 250 deputati) per votare sul decreto che introduce lo stato di emergenza. Il decreto è stato approvato dal presidente della Repubblica Aleksandar Vučić, dalla premier Ana Brnabić e dalla presidente del parlamento Maja Gojković che, secondo quanto previsto dalla costituzione, possono dichiarare lo stato di emergenza senza voto del parlamento qualora quest’ultimo fosse impossibilitato a riunirsi. Così, per volere della leadership al potere, i lavori del parlamento sono stati sospesi con un decreto del governo eletto da quello stesso parlamento.”
Nel frattempo, con lo stato di emergenza, sono state inoltre rimandate le elezioni anticipate, previste per il 26 aprile. Non si terranno almeno fino a giugno. Il governo serbo ha inoltre chiuso i confini a tutti gli stranieri (tranne i cinesi), chiuso le scuole e limitato gli orari di caffé e ristoranti, oltre che aver mandato l’esercito a pattugliare le strade. Lo stato d’emergenza dura un mese e mezzo, estendibile fino ad un massimo di tre. Bisognerà vedere se sarà sufficiente.
Ungheria: verso poteri straordinari per il governo. Addio democrazia parlamentare
Da ultimo arriva l’Ungheria di Viktor Orban, dove – sempre con la scusa del coronavirus – la ministra della giustizia Judit Varga ha presentato un disegno di legge che instaura lo stato d’emergenza fino a fine anno, sospende il parlamento, e permette al governo di legiferare per decreto. Tali poteri d’emergenza potrebbero inoltre essere prorogati indefinitamente dallo stesso esecutivo – a differenza di quanto previsto dalle leggi attuali.
Vietate inoltre referendum ed elezioni anticipate, e pesanti sanzioni (fino a cinque anni di prigione) per chi diffonde voci e fake news. Già nei giorni scorsi una persona è stata detenuta con l’accusa di aver falsamente sostenuto che Budapest fosse prossima al lockdown. Nel frattempo, media indipendenti e opposizione denunciano la mancanza di trasparenza e l’incoerenza del governo nella gestione della crisi.
Un pacchetto liberticida, denunciato dall’opposizione e dai difensori dei diritti umani. Secondo Andrew Stroehlein di Human Rights Watch, “il partito di governo ungherese Fidesz, che da anni sta erodendo la democrazia, fa ora uso della crisi del coronavirus come ultima tappa verso la sua meta finale: la dittatura.”
Il disegno di legge richiede una maggioranza dei due terzi. Ma per poter essere votato già martedì, il parlamento dovrebbe modificare l’agenda con l’ok dei quattro quinti. I deputati dell’opposizione rischiano di essere additati come traditori se non si allineano al governo in questo momento di crisi, e potrebbe solo rimandare il voto di una settimana, quando Fidesz avrebbe comunque la maggioranza necessaria. Vedremo se, anche in questo caso, i capponi voteranno per il Natale.