A circa un mese dal voto, il leader di OL’ANO, il partito uscito vincitore dalla tornata elettorale in Slovacchia, è riuscito a trovare una maggioranza parlamentare. Igor Matovič è stato nominato premier dalla presidente Zuzana Čaputová e ha quindi messo insieme una coalizione di governo composta da quattro formazioni politiche.
Sul suo esecutivo sono ora riposte tutte le aspettative di cambiamento della politica slovacca, e Matovič è subito chiamato ad affrontare difficili sfide.
Il nuovo governo
Matovič ha messo in piedi in tempi record una coalizione di quattro partiti. Oltre al suo OL’ANO, della maggioranza fanno parte Libertà e Solidarietà (SaS), formazione ultraliberale di destra, Per la Gente, formazione di centro-destra dell’ex presidente Andrej Kiska, e Siamo Famiglia, partito di destra fortemente conservatore, il cui leader Boris Kollár si è aggiudicato anche la presidenza del parlamento.
I 95 seggi a disposizione della maggioranza sui 150 totali, permettono ai partiti di governo di superare la soglia dei 90 scranni necessari per approvare eventuali modifiche costituzionali.
Per superare le differenze interne, il premier ha fatto sapere di voler lasciare libertà di voto su tutte quelle che saranno le questioni etiche che il governo si troverà ad affrontare nel tempo. Questo dovrebbe garantire all’esecutivo di evitare spaccature su temi riguardanti i diritti civili, dove le formazioni al governo presentano posizioni diametralmente opposte, ma potrebbe presto diventare uno strumento a disposizione di chiunque volesse minare la tenuta del governo o cercare di ottenere futuri vantaggi politici elettorali.
Amalgama della coalizione sarà lo stesso primo ministro, unica alternativa politica possibile nell’attuale situazione interna del paese. La presidente Čaputová lo sa, come anche gli stessi partiti della maggioranza: è un governo nato per rispondere alle richieste della società slovacca, dopo un decennio di guida socialdemocratica di Fico e Pellegrini. Vi era quindi la necessità politica di tenere all’opposizione il governo uscente e l’estrema destra neofascista, e quella di Matovič è stata l’unica formula possibile per raggiungere questi primi obiettivi.
La corruzione
Il bisogno generale di riportare trasparenza nel sistema politico slovacco si è rilevato il punto centrale del successo elettorale di Matovič. Non solo riguardo la sua ultima campagna elettorale, l’intera carriera politica del nuovo premier è stata contraddistinta da una feroce battaglia contro la corruzione dilagante in molti settori della società slovacca.
Del resto la Slovacchia si posiziona nei bassifondi delle classifiche europee per ciò che riguarda la fiducia dei cittadini nella giustizia e nella trasparenza degli organi pubblici. Il punto di svolta è stato l’omicidio del giornalista Ján Kuciak nel 2018 (è di ieri la notizia della condanna a 23 anni dell’esecutore materiale). Un delitto che ha messo in luce in modo inquietante quanto il paese fosse profondamente corrotto, e che ha dato inizio a un processo politico che ha visto sgretolare il consenso verso il partito socialdemocratico, portando all’elezione di Čaputová alla presidenza e culminando con la vittoria elettorale di Matovič dello scorso febbraio.
Sarà questa la discriminante principale che l’opinione pubblica utilizzerà per giudicare l’operato del governo Matovič. Qualcosa sembra iniziare a muoversi ma la strada per sradicare la corruzione e cambiare la percezione comune è ancora lunga.
L’emergenza pandemica
Riguardo la crisi sanitaria mondiale, non ci sono state particolari polemiche tra le forze politiche. La presidente Čaputová ha ringraziato l’ex premier Peter Pellegrini per la gestione iniziale dell’emergenza e Matovič si è posto sulla stessa lunghezza d’onda.
Se la Slovacchia ha risposto prontamente e bene è ancora presto per dirlo, ma la questione, per ora, non è così divisiva come altrove.
Populismo o partecipazione?
Il genio politico di Matovič è stato definito da molti addetti ai lavori come “populismo” e la sua narrativa come retorica “anti-establishment”. Termini troppo spesso usati in modo casuale soprattutto quando si tenta di comprendere i fenomeni politici di questa parte d’Europa.
In realtà il nuovo primo ministro è un uomo che fa politica da un decennio, che è ben integrato nel sistema partitico del paese e che ha saputo comprendere quello che i cittadini slovacchi chiedevano dalla politica. E’ vero, spesso si è lasciato andare a metodi poco diplomatici e molto vicini a quelli della “Gente Comune”, come recita il nome del suo stesso partito, ma è fare politica. Le istanze reclamate da Matovič non hanno molto di rivoluzionario e sono del tutto compatibili con il posizionamento internazionale politico ed economico del paese.
Un cambiamento può invece offrirlo sulla questione della democrazia diretta. La mobilitazione sociale e politica che la Slovacchia ha conosciuto negli ultimi due anni, tra grandi manifestazioni di piazza e affluenza alle urne più alta dal 2002, non si vedeva da tempo nel paese mitteleuropeo. Matovič vuole rispondere a questa voglia di partecipazione dei cittadini con nuovi strumenti in grado di farlo: l’uso massiccio del referendum consultivo e il dimezzamento del quorum sono tra le idee che il partito del nuovo premier ha lanciato nell’arena politica del paese. Proposte che dovrà mediare con i partner di coalizione e che al momento non sembrano suscitare pareri favorevoli.
Matovič ha già dimostrato di saper cogliere gli umori dell’opinione pubblica. Se sarà in grado di comprendere anche quelli interni al suo governo potrà essere all’altezza delle aspettative di tutti.
Foto: TASR