Dopo settimane di controversie, i vescovi della Chiesa ortodossa greca si sono arresi alle pressioni del governo di Atene e hanno espresso il proprio sostegno alle azioni di contenimento del coronavirus. Lunedì 16 marzo, il santo sinodo ha adottato una lista di otto misure volte a limitare la portata gli assembramenti di fedeli in occasione delle celebrazioni religiose: tra i punti si invita esplicitamente la comunità di fedeli a restare in casa e a rispettare le norme igieniche. I luoghi di culto rimarranno aperti per le preghiere individuali e i funerali si svolgeranno alla sola presenza dei familiari dei defunti. La nuove direttive resteranno in vigore dal 22 marzo all’11 aprile, una settimana prima della Pasqua ortodossa.
Un approccio antiscientifico
Fino alla settimana scorsa, all’interno della curia era prevalsa una linea ambigua. Alla generale reticenza a sospendere tutte le attività religiose durante il periodo della quaresima si erano alternati episodi in cui alcune autorità religiose avevano promosso un approccio antiscientifico, contribuendo a creare confusione nella comunità di fedeli. A destare particolare scalpore erano state un comunicato stampa rilasciato il 9 marzo, nel quale il sinodo sosteneva che il virus non potesse essere trasmesso attraverso l’eucaristia.
COVID-19 update in Greece:
– Athens Bishop says no COVID-19 risk from holy communion as it transfers the joys of God rather than infection
– Piraeus Bishop says, however, that those who do not truly "have the Faith" run a risk when taking holy communion— Alex Sakalis (@alexsakalis) 7 marzo 2020
Queste parole avevano sollevato le critiche della comunità scientifica e del primo ministro Kyriakos Mitsotakis, il quale giovedì 12 marzo aveva invitato la curia greca a seguire le indicazioni di medici ed esperti. Nell’ambito delle misure di contenimento, martedì 17 marzo, il governo ha annunciato di voler alzare ulteriormente l’allerta, parlando di una guerra contro un nemico invisibile.
Una vittoria per il governo, una sconfitta per la Chiesa
L’esecutivo greco incassa ancora una volta l’appoggio della Curia in un passaggio molto delicato per il paese. Nelle ultime settimane, il primo ministro aveva annunciato l’inasprimento delle misure contro ogni ingresso irregolare nel paese in risposta alla crisi al confine con la Turchia. La decisione aveva incontrato il favore della Chiesa: in occasione delle tensioni sul fiume Evros, alcuni sacerdoti avevano celebrato la benedizione dei poliziotti di confine e dei militari all’aperto, nelle vicinanze della frontiera, facendosi portavoce della narrativa della resistenza cristiana contro la minaccia di un’invasione islamica.
Il passo indietro della Chiesa ha un ulteriore significato simbolico. L’organizzazione religiosa infatti detiene un ingente potere economico e politico all’interno del paese: oltre a possedere considerevoli proprietà immobiliari, è esente da tasse e i suoi sacerdoti sono stipendiati dallo stato. Durante il proprio mandato, l’ex primo ministro Alexis Tsipras aveva tentato senza successo di riformare i rapporti tra stato e chiesa. Una settimana dopo l’insediamento, il suo successore e avversario politico, Mitsotakis, cancellò il progetto di riforma, confermando lo status quo e assicurandosi un potente alleato nella curia. La gestione dell’emergenza sanitaria da parte del governo ha però mostrato che la lotta per il potere resta latente e che le opinioni della chiesa possono essere messe in discussione.