Se l’Unione è governata da anti-europeisti: di Lagarde e compagnia cantante

L’Unione Europea è in mano agli anti-europeisti. I vertici delle istituzioni europee, rinnovati da pochi mesi, hanno mostrato in questi ultimi giorni il loro volto più cinico e brutale. La crisi migratoria in Grecia, trattata alla stregua di un’invasione, con tanto di risposta militare. E l’emergenza sanitaria in Italia che, mostrando il fianco alla speculazione economica, ha registrato la totale indifferenza dei vertici europei.

Tragedia greca

Ursula von der Layen, presidente della Commissione europea, commentando la situazione dei migranti sul confine greco-turco, ha partorito un discorso disumano che smentisce, nei fatti, ogni valore europeo. La presidente ha definito la Grecia “scudo d’Europa” come se dall’altra parte non ci fossero persone in fuga dal conflitto siriano, ma minacciose orde di barbari vocati al saccheggio e al massacro. E lo ha fatto ben sapendo che quei poveracci sono rimasti intrappolati nei campi profughi turchi, ma sarebbe meglio dire campi di prigionia, in virtù di un accordo economico: soldi a Erdogan per non farli entrare. Ideona tedesca, ricordiamolo. Oggi che Erdogan ha deciso di usare i migranti come strumento di pressione politica, l’Unione Europea risponde con filo spinato, proiettili di gomma, fumogeni e granate stordenti.

Virus italiano

Un’aberrazione di cui in Italia si è parlato poco o niente poiché altri problemi – non meno gravi – stringono il paese. E davvero non ci si aspettava il fuoco amico, ma Christine Lagarde oggi ha dimostrato di non aver capito a cosa serve un governatore alla Bce, pronunciando parole che hanno aperto le cateratte della speculazione economica in un momento in cui lo spread stava già salendo.

«Noi non siamo qui per accorciare gli spread. Non è questa la funzione né la missione della BCE» ha dichiarato Lagarde, facendo capire come la BCE non sia disposta a difendere la stabilità dei loro conti ad ogni costo, nonostante il momento straordinario che stanno attraversando, innescando una fuga dai titoli di Stato italiani che ha causato la peggiore perdita nella storia della borsa italiana. Certo, sono poi venute le rettifiche, ma la natura di certa gente non si rettifica.

Qualche parolina di circostanza è arrivata da Ursula von der Layen per dirci che non siamo soli. Ma c’è da chiedersi se non sarebbe meglio, a questo punto, essere soli. Perché non si deve pensare all’inettitudine. Questa è una precisa visione politica, una visione tedesca dell’Europa.

Male tedesco

È stata ed è la politica tedesca ad aver proclamato il principio secondo cui i problemi dei singoli stati membri, si tratti di quello greco, portoghese, italiano, non sarebbero problemi europei. È stata ed è la politica tedesca ad aver fatto del Consiglio europeo un organo di tutela dei propri interessi nazionali, piuttosto che il luogo dove tali interessi vengono messi in secondo piano, abbassando sistematicamente l’asticella dell’integrazione europea e riducendo l’UE a un mero spazio di rivendicazione di interessi nazionali.

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Chi ha bisogno di una Beatrix von Storch nell’AfD quando si ha una Ursula von der Leyen a capo della Commissione UE? Von der Layen, già ministro della Difesa – ecco da dove le viene quell’eloquio militarista – è un politico conservatore e nazionalista. Eppure è ancora pieno di gente, perlopiù di sinistra (!!) che appoggia questa Europa. Un’Europa dove i cordoni della borsa li tiene una come Christine Lagarde, tecnico senza visione e senza alcuna vocazione europeista che ha condannato la Grecia all’abisso della crisi economica ai tempi in cui era – già spietatamente – capo del Fondo monetario internazionale.

Anti-europeisti al potere

Von der Layen e Lagarde sono espressione di un asse franco-tedesco – e ripensando a Brexit qualche pensiero viene – che gestisce l’Unione come fosse un giocattolo privato, senza alcun principio di solidarietà e senza nessuna idea di dove condurre il progetto europeo.

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Ma non si pensi che sia solo un problema di persone. Il problema è nel disegno generale di un’Unione fatta male, con la sua assurda moneta unica senza stato, il suo strapotere tedesco, il suo deficit democratico. E negare questi mali vuol dire essere anti-europeisti, come lo sono quelli che l’Europa, oggi, la governano.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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