“Abbiamo bisogno di menti nuove, di cuori nuovi”. Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha commentato il rimpasto di governo e le dimissioni del primo ministro Oleksiy Hončaruk, approvati dal parlamento ucraino il 4 marzo. È Denys Šmyhal’, ex vice primo ministro, a prendere il posto di Hončaruk. Nella sua nuova funzione, Šmyhal’ sarà a capo del gabinetto dei ministri, il ramo esecutivo del governo, e avrà la facoltà di proporre al parlamento i candidati per tutti i ministeri ad eccezione di quello degli Esteri e della Difesa.
Dei diciassette ministri del governo Hončaruk, solo sei sopravvivono al rimpasto: il ministro degli Interni Arsen Avakov, il ministro delle Infrastrutture Vadym Krykliy, il ministro per la Trasformazione Digitale Mychailo Fedorov e quello per la Giustizia Denys Malyuska. Si scambiano i ruoli Vadym Prystaiko, alla guida del ministero per l’Integrazione europea, e Dmytro Kuleba, che lo sostituisce come ministro per gli Affari Esteri. Viene inoltre creato un nuovo ministero per la Reintegrazione dei territori occupati, assegnato a Oleksiy Reznikov.
Quattro ministeri, inclusi quelli per l’Economia e l’Energia, sono ancora vacanti, a dimostrazione del fatto che il rimpasto è stato effettuato in maniera “caotica e in gran fretta”. Nello sconcerto che ha seguito questo cambiamento inaspettato, ci si chiede quali siano le ragioni delle dimissioni di Hončaruk, e soprattutto che cosa tutto questo possa significare per il futuro del governo e del paese.
Crisi di popolarità
Le cose sono cambiate da quando Zelensky è stato eletto lo scorso aprile, promettendo cambiamenti e un nuovo corso per la politica ucraina. Zelensky e il suo nuovo governo sono stati accusati di non fare abbastanza per mantenere le principali promesse fatte in campagna elettorale, ossia portare a termine le riforme necessarie in campo economico, combattere la corruzione e, soprattutto, ottenere un accordo di pace con la Russia.
La scarsa attività del governo ucraino si riflette oggi sul basso livello di gradimento diffuso tra i cittadini: stando a un sondaggio di febbraio, oltre il 40% degli elettori non ha fiducia nel presidente, il 60% non la nutre per l’intero governo. Solo sei mesi prima, queste percentuali erano del 13,5% e 22%. Il rimpasto potrebbe dunque essere innanzitutto un tentativo da parte di Zelensky di invertire questa tendenza e di riconquistare la fiducia degli ucraini.
Šmyhal’ contro Hončaruk
La scelta del nuovo primo ministro Šmyhal’ sembra essere in linea con questa strategia. L’ex-premier Hončaruk, appena trentacinquenne e con un passato lontano dalla politica, era stato scelto proprio per la sua inesperienza come simbolo del cambiamento che Zelensky voleva portare nella politica ucraina. L’ex-premier è stato però accusato di non essere riuscito a guadagnarsi una posizione forte all’interno del partito e a portare avanti il percorso di riforme promesso.
Šmyhal’ ha, al contrario, una lunga esperienza sia nel settore privato che, a livello regionale, in politica e viene considerato un “tecnocrate e un manager efficiente”. La scelta di Šmyhal’ da parte di Zelensky potrebbe quindi semplicemente rappresentare un’inversione di tendenza verso una politica che mette al primo posto l’esperienza e la capacità di ottenere risultati, al fine di recuperare la fiducia dei cittadini.
Inoltre, un recente scandalo potrebbe aver messo in discussione la relazione tra Hončaruk e Zelensky: in una registrazione circolata sui social media ucraini, una voce molto simile a quella di Hončaruk afferma come Zelensky abbia “una concezione primitiva dell’economia“. In seguito a quanto accaduto, Hončaruk aveva già presentato le proprie dimissioni, che però non erano state accettate dal presidente. Nonostante sembrasse che Zelensky fosse passato oltre questo scivolone, è possibile che questo abbia in qualche misura scalfito la fiducia del presidente in Hončaruk, portandolo così alla scelta di sostituirlo con Šmyhal’.
Il ruolo degli oligarchi
Secondo alcuni analisti, dietro al rimpasto di governo e alla scelta del nuovo primo ministro ci sarebbero anche i giochi di potere tra gli oligarchi Rinat Achmetov e Ihor Kolomoyskyi. Kolomoyskyi, fondatore della banca PrivatBank, poi nazionalizzata nel 2016, è il proprietario del canale televisivo che trasmetteva gli show che hanno reso famoso Zelensky. Achmetov, l’uomo più ricco del paese è, invece, il proprietario dell’azienda energetica DTEK Zachidenerho, dove ha lavorato per anni Šmyhal’ (il quale ha però sempre negato qualsiasi connessione con l’oligarca).
La scelta di Šmyhal’ al posto di Hončaruk come primo ministro potrebbe infatti indicare contemporaneamente un allontanamento di Kolomoyskyi e un maggiore coinvolgimento di Achmetov nella presidenza di Zelensky. Dietro a questo cambiamento ci sarebbero due elementi: in primo luogo, la difesa da parte di Hončaruk della nazionalizzazione di PrivatBank (requisito richiesto dal Fondo Monetario Internazionale per la concessione di un prestito da 5,5 miliardi di dollari), che avrebbe indisposto Kolomoyskyi; e in secondo luogo, la necessità di Zelensky di ottenere il sostegno di Achmetov, che con la sua enorme influenza economica e politica nel territorio del Donbass si potrebbe rivelare indispensabile per raggiungere il trattato di pace con la Russia, punto cardine delle promesse elettorali di Zelensky.
Un ritorno al passato?
Donatori, investitori e istituzioni internazionali osservano le conseguenze del rimpasto con apprensione. Preoccupano la decisione improvvisa, a soli sei mesi dall’insediamento del nuovo governo, di eliminare quelle “facce nuove” che facevano sperare in un cambiamento dell’Ucraina in una direzione liberale e pro-europeista, e il non ben chiaro gioco di potere tra oligarchi che ricorda un passato corrotto che il paese stava cercando di dimenticare.
In ogni caso, il rimpasto con tutta probabilità avrà l’effetto di rallentare le riforme necessarie all’economia nazionale e richieste dalla comunità internazionale e dal FMI. Il nuovo governo deve ora dimostrare come l’obiettivo di questi cambiamenti sia veramente quello di creare un governo più efficiente, e dunque in grado di riacquistare la fiducia persa dagli elettori, e non quello di permettere agli oligarchi di assicurare la propria influenza sulla scena politica ucraina.
Foto: ukraineworld.org