La Lituania è indirettamente legata al tragico disastro nucleare di Chernobyl da quando ha ospitato le riprese dell’omonima serie televisiva targata HBO. Eppure, la realtà ora sembra andare oltre la finzione: direttamente alle porte del paese, nella località di Astravets per la precisione, la Bielorussia ospita due reattori nucleari di recente costruzione che dovrebbero entrare in funzione entro la prima metà del 2020. In una recente pubblicazione in materia di sicurezza nazionale, le autorità lituane per la difesa hanno analizzato i rischi derivanti da un’ipotetica emergenza nucleare, ribadendo la necessità di restare costantemente in allerta vista la prossimità della centrale alla capitale lituana.
Il Cremlino dietro a Minsk
Il progetto per la costruzione di una centrale nucleare in Bielorussia venne annunciato a poca distanza dalla crisi economica internazionale del 2008. Lo scopo strategico di questa azione doveva servire a diversificare un’economia energetica ampiamente dipendente dall’importazione di gas dalla Russia. Le prime contraddizioni vennero alla luce dal momento in cui la compagnia di stato russa “Rosatom” si rivelò aver stanziato un finanziamento pari a 10 miliardi di dollari, svelando così la mancata coerenza di Minsk con l’obiettivo originario.
Il controllo esercitato da Mosca su questo settore strategico si inserisce all’interno di un contesto più ampio: nel corso degli ultimi mesi il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin e il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko hanno dato un nuovo impulso al processo di integrazione economica tra i due paesi, nonostante le divergenze all’interno dell’Unione Statale formata dalle due ex Repubbliche sovietiche non risultino ancora totalmente appianate.
Narrative a confronto
La Lituania ha espresso il suo dissenso rispetto alla costruzione della centrale nucleare di Astravets per diverse ragioni. In primo luogo, il Ministro per l’Energia Zygimantas Vaiciunas ritene che la Russia possa beneficiare maggiormente di questo progetto, la cui natura sarebbe quanto più politica che economica. Grazie alla posizione geografica strategica nel vicinato dell’Unione Europea, da un lato Mosca riterrà un accesso privilegiato al mercato energetico dell’Unione Europea, mentre dall’altro potrà esercitare la sua influenza su paesi baltici e Polonia. Questi ultimi, trovandosi di fronte a vantaggiose risorse energetiche, saranno lasciati con poche alternative per rifornirsi, come espressamente dichiarato da Lukashenko.
Anche la comunità internazionale è intervenuta a supporto delle preoccupazioni avanzate da Vilnius, ricordando gli obblighi da parte di Minsk nei confronti delle norme di sicurezza internazionale, nonché sottolineando la necessità di pubblicare rapporti verificabili e di trasmettere informazioni puntuali riguardo ai progressi delle attività.
Al polo opposto, Mosca continua a fare ampio uso della macchina propagandistica a suo servizio per dipingere la Lituania come in preda alla sua tradizionale “russofobia” dipendente dalla storica vulnerabilità geografica. In risposta all’atteggiamento delle autorità lituane, spesso etichettato come “paranoico”, la direzione della centrale nucleare ribadisce l’assenza di reali rischi per la sicurezza del paese, ricordando il sopralluogo avvenuto nel 2016 da parte dell’Agenzia Internazionale per l’energia nucleare. Inoltre, Minsk non sembra opporre resistenza alle richieste di garanzia da parte della Lituania, come testimonia il dialogo intrapreso con il ministro degli Esteri lituano Linas Linkevičius.
La reazione dei paesi baltici: una lobby “anti-Astravets” destinata a sciogliersi?
In quanto principale oppositore alla centrale nucleare di Astravets, il governo lituano tenta inesorabilmente di stabilire una coesione con le altre due Repubbliche Baltiche per boicottare l’importazione di energia elettrica a basso prezzo, seppure con limitato successo. La questione energetica rappresenta motivo di divisione tra i paesi baltici, poiché ciascuno percepisce priorità politiche ed economiche in maniera differente. Nel caso della Lituania, la sicurezza energetica rientra certamente tra gli affari politici.
Attraverso costanti consultazioni con gli omonimi estoni e lettoni, le autorità lituane si dicono impegnate a dissuadere i vicini al nord non solo da una futura dipendenza dalle riserve bielorusse, ma anche da quelle provenienti dall’exclave russa di Kaliningrad. Quest’ultima infatti produce energia elettrica in eccesso che esporta a prezzi vantaggiosi verso i territori limitrofi.
In un probabile contesto in cui la Russia deterrà il monopolio dell’offerta di risorse energetiche e di conseguenza le prospettive di sincronizzazione con la rete energetica europea da parte dei paesi baltici saranno sempre più remote, presto la Lituania sarà inevitabilmente costretta a riconsiderare il categorico rifiuto per l’importazione di energia dalla Bielorussia.
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