La “crisi migratoria” al confine greco-turco è entrata in una nuova fase: l’entrata in scena dell’Unione europea ha prodotto una parziale svolta nei rapporti con la Turchia, nonostante il governo di Ankara sembri intenzionato a lasciar perdurare la situazione di stallo.
Martedì 3 marzo, i presidenti di Commissione, Parlamento e Consiglio europeo hanno fatto visita alla località greca di Kastanies, nei pressi del fiume Evros, a pochi chilometri dal confine dove la polizia greca dal 28 febbraio ha respinto circa 35mila tentativi di ingresso dalla Turchia. In una conferenza stampa congiunta, i tre leader hanno espresso il pieno sostegno politico e operativo al governo greco nelle operazioni di “difesa delle frontiere esterne europee”.
Ursula von der Leyen al confine con la Turchia: la Grecia è l'ασπίδα, lo «scudo» dell'Europa. Cioè qualcosa che protegge da una minaccia, in questo caso i migranti. Brutta, brutta analogia.
— Luca Misculin (@lmisculin) 3 marzo 2020
A tal fine, la Commissione ha predisposto un piano d’azione, adottato nella seduta straordinaria di mercoledì 4 marzo dal Consiglio dei ministri dell’interno europei: il piano prevede, tra le altre cose, il dispiegamento immediato di due operazioni di intervento rapido di Frontex (una terrestre e una marittima), l’erogazione di un aiuto finanziario di 700 milioni e l’attivazione del meccanismo di protezione civile europeo. Il primo ministro greco Mitsotakis, forte dell’endorsement europeo, ha ribadito la volontà di sospendere temporaneamente le procedure di asilo in Grecia, una decisione controversa che ha suscitato le critiche dell’UNHCR.
L’intervento compatto dei leader dell’Ue ha anche segnalato ad Ankara che Bruxelles non è disposta ad accettare deroghe unilaterali alla cosiddetta “dichiarazione” siglata nel 2016 sulla gestione dei flussi migratori. Tra martedì e mercoledì si sono succeduti una fitta serie di incontri bilaterali tra l’alto rappresentante Borrell e le controparti turche con lo scopo di puntellare l’accordo. In un colloquio con il presidente turco Erdogan, il presidente del Consiglio Michel ha ribadito l’impegno europeo a sostenere i rifugiati siriani presenti in Turchia, a patto di alleviare le tensioni al confine greco.
Ciò nonostante, il ministro degli interni turco Soylu ha annunciato il dispiegamento di 1000 unità delle forze speciali turche lungo il fiume Evros, per contrastare ogni tentativo di respingimento di migranti da parte delle forze dell’ordine greche – una mossa che rischia di prolungare l’impasse.
As of this morning, #Turkey deployed 1,000 well-armed special police forces with boats along Evros (Meric) river on Turkish-Greek border to respond #Greece forces and prevent push-backs, revealed Turkish Interior Minister Suleyman Soylu. #Erdogan gov't raises stakes with Greece pic.twitter.com/0oUGpRZe5a
— Abdullah Bozkurt (@abdbozkurt) 5 marzo 2020
Gli ultimi giorni hanno in effetti visto la Grecia intraprendere misure sempre più restrittive contro i migranti. Il ministro degli interni greco Notis Mitarachi ha annunciato infatti che nei prossimi giorni verranno attuati rimpatri per tutti coloro che hanno varcato illegalmente il confine a partire dall’1 marzo – un piano, anche questo, supportato dalla Commissione. Alla domanda posta da un giornalista sulla legittimità dei respingimenti e dell’uso di armi contro i migranti da parte della polizia greca (su cui il sito di inchiesta Bellingcat ha prodotto una scioccante analisi), il portavoce della Commissione Eric Mamer ha risposto che ciò “dipende dalle circostanze”.
A fare da macabro contorno, spicca la dichiarazione del primo ministro ungherese Orban, che giovedì 5 marzo, al summit di Praga del gruppo Visegrad, si è fatto vanto di essere stato l’ideatore dell’attuale politica europea “contro l’immigrazione musulmana”. È opportuno ricordare che le decisioni in materia di migrazione e asilo a livello di Consiglio vengono adottate all’unanimità. La reazione del premier ungherese mette in luce come la linea del “minimo comun denominatore” non abbia consentito dal 2015 a questa parte di elaborare una politica comune europea sull’immigrazione che onori il principio di solidarietà e che consenta di trovare soluzioni “interne” tra i 27 paesi membri all’aumento delle richieste di asilo.
Ursula von der Leyen definisce la Grecia come lo scudo (aspida) dell’Europa sui migranti dopo che Atene ha annunciato respingimenti e sospensione del diritto d’asilo.
Salvini, Le Pen e Orban hanno vinto.
— David Carretta (@davcarretta) 3 marzo 2020
In questo senso, la linea della fermezza adottata dall’Unione europea mette implicitamente in soffitta ogni tentativo di realizzare un meccanismo obbligatorio di redistribuzione dei rifugiati e di riformare il Regolamento di Dublino, nonostante i reiterati appelli in questo senso del presidente del Parlamento europeo Sassoli. Il Regolamento di Dublino, nella sua attuale formulazione, obbliga i “paesi di primo accesso”, tra cui la Grecia, a farsi carico delle richieste di asilo. Il silenzio dei ministri dell’interno europei su questo tema lascia intendere che le politiche di esternalizzazione restano ancora una volta l’unica carta spendibile, nonostante tutto.