La Bulgaria è una delle pattumiere d’Italia

Ben 815 tonnellate di scarti industriali indifferenziati sono state intercettate dai carabinieri italiani lo scorso dicembre a Lecco, in un treno merci di 17 vagoni diretto in Bulgaria. Il convoglio viene sequestrato dal Nucleo operativo ecologico di Milano. La documentazione allegata al carico risulta contraffatta e le indicazioni sulla natura dei rifiuti non veritiere: il carico avrebbe infatti dovuto contenere materiale da destinare al riciclo.

Un mese dopo, nella città costiera di Varna, oltre 100 container giacciono inerti per settimane, oltrepassando il periodo di deposito temporaneo di 90 giorni senza mai essere reclamati dalla società destinataria, Blatsion, intestata a un cittadino macedone.
Quando la polizia bulgara apre i container, scopre 9.000 tonnellate di rifiuti non riciclabili, diversamente da quanto dichiarato dalla documentazione allegata.

La via dei rifiuti (il)legali

Nei paesi dell’Unione europea, il trasporto dei rifiuti è regolamentato dalla Commissione europea, che si occupa di definire le norme sull’importazione, esportazione e incenerimento degli stessi. Le direttive europee, costantemente ampliate e incrementate, impongono i medesimi standard a tutti gli Stati membri. Nonostante ciò, circa un quarto degli spostamenti di rifiuti all’interno dell’Unione europea avviene illegalmente.

La Bulgaria, in accordo con le normative europee, importa ed esporta grandi quantità di rifiuti. Il polo portuale di Varna è il centro nevralgico di questo flusso, dove periodicamente approdano tonnellate e tonnellate di rifiuti.
Dalla costa le balle vengono poi ridistribuite in lungo e in largo per il Paese, per essere stoccate in discariche – spesso abusive – o incenerite.

Rifiuti al posto del carbone

Per essere incenerita in maniera legale, la spazzatura deve prima essere trasformata in RDF (refuse derived fuel), un combustibile ricavato dai rifiuti solidi urbani opportunamente trattati.
In Bulgaria, larga parte dell’importazione è destinata alla produzione di energia elettrica e termica, poiché è il metodo di smaltimento più redditizio. Per ogni tonnellata di rifiuti incenerita le centrali termoelettriche guadagnano infatti dai 10 ai 40 euro, invece di acquistare combustibile convenzionale.

Le indagini iniziate lo scorso anno in seguito al carico bloccato a Lecco, unite alla grave crisi idrica di Pernik, hanno portato all’arresto e conseguenti dimissioni del ministro dell’ambiente bulgaro Neno Dimov.
L’incarico è passato a Emil Dimitrov, il quale ha dichiarato che continueranno a trattare i rifiuti solo le quattro imprese già autorizzate: i cementifici di Beli Izvor, Zlatna Panega e Devnja ciment, e la centrale termoelettrica di Sliven. Secondo il ministro, queste fabbriche sono munite dei filtri antiparticolato imposti dalla legge.
Si sospetta però che le autorizzazioni all’incenerimento dei rifiuti siano state rilasciate dal ministero senza alcuna valutazione circa l’impatto ambientale delle attività. D’altro canto, non è chiaro se le centrali siano state adattate all’incenerimento di RDF al posto del consueto carbone, o lignite.

A inizio febbraio Dimitrov ha provveduto a bloccare la centrale termoelettrica di Bobov Dol, a 70 chilometri da Sofia, perché, oltre ad essere sprovvista dei filtri necessari, risulta coinvolta nell’incenerimento illegale di rifiuti. Il 20 febbraio scorso il direttore della centrale è stato arrestato.
Oltre alla centrale di Bobov Dol, anche quelle di Sliven, Pernik e Gălăbovo sono sospettate di incenerimento illegale di rifiuti. Tutte e quattro sono riconducibili all’oligarca bulgaro Christo Kovački.

I collegamenti con l’Italia

Il giornalista e saggista calabrese Antonio Nicaso, uno dei maggiori esperti di ‘ndrangheta, ha affermato alla rete bulgara Nova Televizija che “la mafia italiana vede la spazzatura come la nuova cocaina”. Il traffico di rifiuti permette infatti alle organizzazioni criminali di guadagnare decine di milioni di euro rischiando molto poco.
In particolare, Nicaso ha messo in evidenza i legami sempre più stretti tra la criminalità organizzata bulgara e la ‘ndrangheta calabrese. Nelle intercettazioni telefoniche iniziate con l’indagine partita l’anno scorso, la Bulgaria è stata citata più volte come potenziale approdo di rifiuti tossici e industriali. Tra gli oltre 300 arrestati per associazione mafiosa nel blitz di dicembre c’era anche una cittadina bulgara.

La visita del premier Conte all’omologo bulgaro Boyko Borisov, lo scorso 30 gennaio, ha toccato anche il tema del traffico illecito di rifiuti tra i due Paesi. Stando alle norme del mercato europeo comune, la Bulgaria non può bloccare l’importazione di rifiuti esteri.

In seguito agli accordi presi con Conte durante il loro incontro a Sofia, Borisov ha dichiarato che insieme riusciranno a “distruggere i trafficanti di rifiuti” in tempi brevi. Nonostante ciò, pochi giorni dopo il presidente bulgaro Rumen Radev ha deciso di revocare la fiducia al governo di Borisov.

foto: Dnevnik.bg

Chi è Giorgia Spadoni

Marchigiana con un debole per le lingue slave, bibliofila e assidua frequentatrice di teatri e cinema. Laureata al Dipartimento di Interpretazione e Traduzione di Forlì, ha vissuto in Russia (Arcangelo), Croazia (Zagabria) e soprattutto Bulgaria. Nel 2018 ha vinto il premio di traduzione "Leonardo Pampuri", indetto dall'Associazione Bulgaria-Italia. Si interessa di cultura est-europea, storia e attualità bulgara.

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