Non è una novità in Bulgaria che il presidente Rumen Radev e il Primo ministro Boyko Borisov abbiano un rapporto complesso; in più occasioni il primo non ha risparmiato aspre critiche al secondo per il suo operato, mentre il premier ha sempre accusato Radev di ostruire l’operato delle istituzioni. Tuttavia, quando Radev si è rivolto alla nazione il 4 febbraio, nessuno si sarebbe aspettato che avrebbe ritirato il suo sostegno al terzo governo di Borisov. La dichiarazione del presidente arriva dopo numerosi scandali che hanno riguardato la mancanza d’acqua a Pernik, le importazioni illegali di rifiuti dall’estero e il cosiddetto “ApartmentGate”. Nonostante il gesto drastico di Radev, il governo resta saldo, dal momento che spetta al parlamento votare la fiducia; tuttavia, le implicazioni della sfiducia presidenziale potrebbero essere svariate.
I punti del discorso alla nazione di Radev
Il Presidente accusa il governo composto da GERB, il partito di Borisov, e l’ormai defunta coalizione di estrema destra Patrioti Uniti (formata dai partiti VMRO – movimento nazionale bulgaro, Fronte nazionale per la salvezza della Bulgaria e Ataka), di aver portato alla paralisi del sistema e delle istituzioni bulgare. A causa della mancanza di volontà nel portare avanti le riforme e nel lottare contro la corruzione e gli sprechi, la società bulgara è in crisi, afferma il presidente bulgaro. Inoltre, gli interessi politici hanno portato il governo a svendere la sovranità nazionale e a intimorire le piazze quando queste hanno cercato di sollevarsi. Il discorso di Radev va dritto al punto: le forze che si oppongono al governo e vogliono difendere la società bulgara devono unirsi.
Le conseguenze politiche del discorso sono molteplici
Come già accennato, il presidente non ha il potere di togliere la fiducia al governo, e pertanto il gesto di Radev sembrerebbe di natura esclusivamente politica. D’altronde, non è la prima volta che in Bulgaria un Presidente sfiducia il governo: già il primo presidente post-comunista Zhelyu Zhelev aveva ritirato la fiducia al governo del Primo ministro Lyuben Berov e anche il Presidente Plevneliev lo fece con il gabinetto di Oresharski. Sebbene nel primo caso la sfiducia portò alla conseguente caduta del governo, nel secondo l’esecutivo resistette per più di un anno. Nel contesto politico bulgaro attuale, il presidente, appoggiato alle elezioni del 2016 dal Partito socialista bulgaro (BSP), ha un indice di gradimento dal 54,8% della popolazione, mentre le indagini sulle intenzioni di voto danno GERB intorno al 36% e BSP al 30%. In particolare, è da tenere conto che BSP negli ultimi anni è riuscito a crescere costantemente, grazie all’elezione di Radev e all’elezione della nuova leader del partito Kornelia Ninova che ha astutamente saputo porre un’opposizione di ferro al governo utilizzando anche argomenti sovranisti. Per questo motivo, la dichiarazione di Radev sembrerebbe fine a favorire l’avanzamento di BSP nei sondaggi, soprattutto perché tocca numerose tematiche già usate dalla Ninova contro l’amministrazione di Borisov. Inoltre, il discorso è stato pronunciato dopo una settimana dal voto di sfiducia in parlamento richiesto dalla Ninova, il quarto del terzo mandato di Borisov. Un’altra chiave di lettura riguarda gli interessi politici del Presidente stesso; nel 2021 ci saranno le elezioni presidenziali e molti credono che Radev stia cercando di assicurarsi la vittoria abbracciando il discontento popolare verso Borisov.
Nonostante ciò, c’è anche chi sospetta che Radev non abbia avuto alcuna intenzione politica, ma che abbia agito per interesse personale. Borisov stesso ha commentato la sfiducia del Presidente come una mossa per distogliere l’attenzione dal recente scandalo che lo ha interessato insieme alla moglie Desislava Radeva in cui, come emerso delle intercettazioni telefoniche, sembrerebbe che Radev abbia favorito la consorte nell’ottenimento di cariche pubbliche. Sia GERB che i partiti della coalizione di governo hanno annunciato che non inizieranno alcuna azione per rimuovere Radev dalla sua posizione e che non cercano una guerra tra istituzioni.
Radev invoca il cambiamento, con un occhio alle piazze
L’appello del Presidente è stato subito usato come pretesto dal partito nazionalista extraparlamentare Rinascita (in bulgaro “Văzrazhdane”) per scendere in piazza davanti all’Assemblea nazionale bulgara chiedendo non solo le dimissioni del gabinetto di Borisov, ma anche un referendum sull’entrata della Bulgaria nell’eurozona.
Data la risposta sottotono di GERB, che ha evitato di accendere un dibattito politico sulla tenuta del governo, Radev rischia seriamente di non ottenere ciò che voleva quando si è rivolto alla nazione. L’unica speranza sarebbe una maggiore mobilitazione delle masse, così da replicare la situazione che portò alle dimissioni del primo governo Borisov nel 2013. Tuttavia, i cittadini bulgari sembrano aver perso speranza nell’efficacia delle proteste. Inoltre, una mobilitazione di massa in questo momento rischierebbe di essere guidata da partiti nazionalisti e sovranisti che mirano alla caduta di Borisov e che quindi si presentano come una valida alternativa all’europeismo e atlanticismo del premier. Nonostante attualmente Borisov stia governando con tre partiti nazionalisti, anche l’opposizione sta utilizzando sempre di più un linguaggio populista per ottenere dei buoni risultati elettorali. Così sta facendo BSP, che sta allontanando i suoi valori da quelli del Partito socialista europeo come dimostrato dall’opposizione al Global Compact sui rifugiati e alla Convenzione di Istanbul sulla lotta alla violenza sulle donne. Per questo motivo non sorprende che Ninova si opponga tanto ferocemente a Borisov, abbracciando l’idea delle manifestazioni in piazza lanciata da Rinascita e quindi dichiarando che le forze che cercano un cambiamento devono unirsi. In questo contesto, l’appello alla nazione di Radev rischia di essere una bomba a orologeria per la politica bulgara che rischia di far esplodere l’euroscetticismo e il nazionalismo nel paese.
Fonte: Radio Free Europe