In Kosovo, le elezioni del 14 febbraio scorso hanno segnato il trionfo del movimento nazionalista di sinistra Vetëvendosje (VV). Una vittoria storica, che segna il passaggio all’opposizione dei partiti che hanno guidato il paese negli ultimi anni. Una forza guidata da una personalità carismatica e controversa, quella di Albin Kurti, 45 anni, fondatore di Vetëvendosje, che dopo anni di opposizione ha ora l’occasione di guidare il paese da primo ministro, carica che ha ricoperto per poche settimane nel 2020.
Le proteste studentesche
La notorietà di Kurti risale al 1997, quando a soli 22 anni è uno dei protagonisti delle manifestazioni degli studenti dell’Università di Pristina contro il regime di Slobodan Milošević, che nel 1989 ha iniziato una politica repressiva e discriminatoria ai danni della popolazione albanese in Kosovo.
Dotato di una buona conoscenza dell’inglese e contrassegnato da lunghissimi capelli ricci, il giovane Kurti diventa ben presto una figura di spicco delle proteste.
L’arresto
Con l’inizio della guerra nel 1998, Kurti entra nell’ufficio di Adem Demaçi, storico leader della resistenza degli albanesi del Kosovo, rappresentante politico dell’Esercito di Liberazione del Kosovo (UÇK), la forza di guerriglia che si oppone con le armi a militari e paramilitari serbi. Il matrimonio tra Demaçi e i leader dell’UÇK dura poco, ma tanto basta per mettere Kurti nel mirino delle autorità jugoslave.
Nell’aprile del 1999, durante i bombardamenti della NATO contro il regime di Milošević, Kurti viene arrestato dalla polizia serba e condannato a 15 anni di prigione per aver agito contro l’integrità territoriale della Jugoslavia, una sentenza mai riconosciuta dallo stesso Kurti. Finita la guerra, viene trasferito in Serbia insieme ad altre migliaia di detenuti albanesi e recluso nel carcere di Požarevac.
La sua detenzione a guerra finita attira l’attenzione internazionale, e diverse organizzazioni lanciano una campagna per chiederne la scarcerazione, che avviene solo nel dicembre 2001, a seguito della decisione del neopresidente serbo Vojislav Koštunica.
La nascita di Vetëvendosje
Nel Kosovo del dopoguerra, Kurti non rinuncia all’attivismo e nel 2005 fonda il movimento Vetëvendosje, il cui nome vuol dire “Autodeterminazione”, lo slogan dei kosovari albanesi durante le manifestazioni del 1968.
Nel mirino del movimento c’è soprattutto la comunità internazionale che governa il Kosovo attraverso l’amministrazione dell’ONU, rea di frenare le aspirazioni indipendentiste dei kosovari, ma anche di importare politiche neoliberiste e privatizzazioni selvagge, grazie alle quali la leadership proveniente dalle fila dell’UÇK, impersonata da Hashim Thaçi e dal suo Partito Democratico del Kosovo (PDK), sta traendo profitto e potere politico.
Al motto “No negoziati – Autodeterminazione!”, il movimento organizza vaste manifestazioni contro i negoziati in corso per la definizione dello status del Kosovo, che spesso sfociano in scontri con la polizia e nel corso delle quali Kurti viene più volte arrestato.
L’ingresso in politica
A seguito della dichiarazione d’indipendenza del 2008, Kurti decide di scendere in politica e nel 2010 Vetëvendosje si presenta per la prima volta alle elezioni, ottenendo il 12%. Le battaglie portate avanti dal movimento sono ora la piattaforma politica del partito: lotta alla corruzione e controllo dello Stato sui settori chiave dell’economia sono i punti chiave di Vetëvendosje, che si colloca esplicitamente a sinistra.
Sono però le posizioni assunte sulle questioni chiave della statualità del Kosovo a fare notizia. Kurti esprime più volte l’idea che Kosovo e Albania debbano unirsi in un unico Stato, portando a compimento l’unione del popolo albanese. Per quanto Kurti sottolinei sempre che questo processo debba avvenire in forme democratiche, tramite un referendum popolare, la proposta di una Grande Albania preoccupa la comunità internazionale e i paesi vicini e alimentano l’idea di Kurti come di un leader nazionalista e radicale.
Tale posizione diventa palese al momento dell’ingresso di VV in parlamento: Kurti e gli altri deputati, difatti, decidono di prestare giuramento di fronte alla bandiera albanese, rifiutando quella del Kosovo in quanto simbolo imposto dalla comunità internazionale.
Le proteste
Il partito, in parlamento, si fa notare soprattutto per la forte opposizione alla ratifica dell’accordo siglato tra Serbia e Kosovo nel 2013. Secondo Kurti, i negoziati con la Serbia devono essere preceduti dal riconoscimento da parte di Belgrado dei crimini commessi, nonché dell’indipendenza del Kosovo. Le proteste in piazza contro l’accordo sfociano in violenza, mentre in aula i deputati di VV causano disordini.
Una scena che si ripete nel 2015, quando Kurti e i suoi compagni di partito lanciano fumogeni in parlamento contro l’accordo per il confine con il Montenegro e la creazione dell’Associazione delle municipalità serbe, finendo per essere arrestati.
La vittoria e le sfide
La crescita del partito di Kurti, però, è inarrestabile. Nelle elezioni del 2017, VV ottiene il 27%, prima forza del paese, anche se costretta all’opposizione. Nonostante una dura scissione scuote il partito nel 2018, con le accuse degli scissionisti a Kurti di agire da dittatore, le elezioni del 2019 segnano un nuovo successo: grazie all’accordo con la Lega Democratica del Kosovo (LDK), Vetëvendosje è per la prima volta al governo, con Kurti nominato primo ministro. Un’esperienza, questa, stroncata dopo meno di due mesi a seguito del voto di sfiducia iniziato dalla LDK, con pesanti ingerenze del governo americano. Questa manovra, però, non fa che accrescere il consenso verso VV, culminato con le elezioni del 14 febbraio, quando il partito, rafforzato dalla partnership con Vjosa Osmani, ex-esponente della LDK e presidente della Repubblica ad interim, conquista il voto di quasi la meta’ degli elettori kosovari, spazzando via la vecchia élite. La strada del governo, per VV, è ora spianata, con Kurti pronto ad assumere nuovamente la carica di primo ministro, questa volta senza la necessità di accordi di coalizione.
Le sfide che aspettano il governo sono enormi, così come le aspettative di un cambiamento profondo, a partire dalla gestione della cosa pubblica, dalla lotta alla corruzione e dall’avvio di investimenti pubblici che creino lavoro e crescita. Con queste promesse, raccolte in un solido programma di sinistra, Kurti ha conquistato i cittadini kosovari, vogliosi di riforme e stanchi di una classe politica al potere per troppi anni. Ma il terreno su cui sono puntati gli occhi della comunità internazionale è soprattutto quello delle relazioni con i vicini. Su molti temi, Kurti ha già smussato alcune posizioni del passato. Da un lato, ha dichiarato che l’unione con l’Albania non è un obiettivo a medio termine, accettando i simboli nazionali del Kosovo. Dall’altro, ha espresso la volontà di riprendere, su nuove basi, il dialogo con Belgrado e di mantenere il percorso euro-atlantico del paese.
Dopo tanti anni, dunque, il momento di Albin Kurti è arrivato. Già dai primi passaggi si potrà osservare che strada vuole prendere il nuovo governo. Solo allora sapremo se, per il Kosovo, Albin Kurti è davvero sinonimo di cambiamento.
Foto: euronews