Lunedì 3 febbraio, il parlamento del Kosovo ha votato la fiducia al nuovo governo, con 66 voti a favore. A quattro mesi dalle elezioni dell’ottobre scorso e dopo estenuanti trattative, fatte di giravolte, proposte e contro-proposte, l’accordo tra i due partiti vincitori, Vetevendosje (VV) e Lega Democratica del Kosovo (LDK) è stato finalmente raggiunto.
L’intesa è arrivata proprio sul filo di lana: il 4 febbraio, infatti, sarebbe scaduto il termine stabilito per il mandato esplorativo che il presidente della repubblica, Hashim Thaci, aveva messo nelle mani di Albin Kurti, leader di VV, e l’ipotesi di nuove elezioni si sarebbe fatta assai più concreta. E invece no, l’accordo c’è, come già preannunciato domenica 2 febbraio nel corso di una conferenza stampa congiunta tenuta da Kurti e dal leader della LDK, Isa Mustafa, e come confermato dal voto del parlamento.
Finalmente, il Kosovo avrà un suo governo, lo guiderà proprio Kurti come primo ministro, e sarà composto da soli 15 ministeri (erano 21 nel governo precedente), oltre che da due vice primi ministri. Ai due partiti di governo sono stati assegnati 6 dicasteri ciascuno, i rimanenti tre sono, invece, ad appannaggio delle minoranze etniche (di cui due alla Lista Serba). La situazione si è sbloccata solo grazie ad un passo indietro di VV che ha lasciato libero lo scranno di presidente del parlamento; poltrona presa in carico, solo un mese fa, da un suo esponente, Glauk Konjufca che, a compensazione delle proprie dimissioni, sarà parte integrante dell’esecutivo come ministro degli Esteri. Al suo posto, Vjosa Osmani, già candidata premier per la LDK nel corso della tornata elettorale scorsa e, va detto, piuttosto marginalizzata durante i negoziati di questi mesi gestiti, di fatto, da Isa Mustafa in persona. Nel complesso, la squadra di governo appare composta da diversi volti nuovi e giovani.
Sicuramente i nodi da sciogliere tra i due alleati non mancano, a partire da quello della nomina del prossimo presidente della Repubblica, prevista per l’anno prossimo: tema, questo, oggetto di un contendere molto aspro, ma rimasto fuori dall’attuale accordo di governo.
Appare inoltre evidente che al buon esito della trattativa abbiano contribuito in modo rilevante le pressioni della diplomazia internazionale: nei giorni precedenti l’accordo, gli ambasciatori di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania erano stati, infatti, fisicamente presenti alle discussioni tra le parti, mentre sia Joseph Borrell, nuovo Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che Richard Grenell, inviato speciale del presidente americano Donald Trump, avevano incontrato a Pristina i principali leader politici kosovari.
Per il momento da entrambe le parti prevale la soddisfazione per il buon esito della trattativa, “condita” da una abbondante dose di buoni propositi: Kurti ha presentato un programma estremamente ambizioso, fatto di riforme in economia, giustizia, sanità e istruzione. Un poker di cambiamenti quanto mai necessario per un paese che nutre l’ambizione di entrare nell’Unione europea e che spera in questo governo per rilanciarsi. E che, soprattutto, deve riavviare il processo di normalizzazione dei propri rapporti con la vicina Serbia.