A Mosca soffia un vento di cambiamento in questo primo mese del 2020. Dopo le annunciate riforme costituzionali e la nomina del nuovo premier Michail Mišustin a sostituire il precedente governo guidato da Dmitrij Medvedev, ora è il turno di Vladislav Surkov, conosciuto come “l’eminenza grigia” del Cremlino e consigliere del presidente russo Vladimir Putin per gli affari inerenti all’Ucraina.
La notizia delle dimissioni è stata diffusa la mattina del 25 gennaio dall’analista politico Aleksej Česnakov, il quale ha dichiarato che la causa di tale decisione sia dipesa da “un cambio di rotta nella strategia ucraina”. Solo poche ore prima l’ex vice premier Dmitrij Kozak è stato nominato capo dell’amministrazione presidenziale, difficile quindi credere che si possa trattare di una mera coincidenza. Il conflitto armato nell’Ucraina orientale imperversa ormai da sei anni in un contesto di negoziazioni intermittenti e, a meno di quattro anni dalla fine del suo ultimo mandato, Putin vuole assicurarsi che le ambizioni geopolitiche della Russia in Europa non vengano decise dal suo successore.
La notizia che coinvolge Surkov è stata prontamente smentita dal portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, il quale ha definito l’inversione di marcia rispetto all’Ucraina essere solo “un’opinione personale” di Česnakov. In attesa di dichiarazioni ufficiali, ci si interroga sulle motivazioni che hanno portato alle (presunte) dimissioni di una delle più influenti figure della politica contemporanea russa.
Il ruolo di Surkov nella politica russo-ucraina
Oltre ad essere il principale ideologo a servizio del presidente Putin, per il quale teorizzò il concetto di “democrazia sovrana”, Surkov è responsabile della politica di vicinato con l’Ucraina. A seguito delle proteste di piazza Maidan a Kiev e all’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014, Surkov ha ricoperto il ruolo di consigliere per le autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, guidando in prima linea il progetto volto alla creazione di uno stato multi-etnico federale rispecchiato nel più ampio concetto di Russkij Mir (“mondo russo”). Inoltre, il braccio destro di Putin ha condotto negoziati con il rappresentante speciale di Washington per l’Ucraina, Kurt Volker, all’interno dei negoziati di Minsk per la risoluzione pacifica della questione del Donbas.
Negli anni, la figura di Surkov è stata al centro di scandali e controversie. Intercettazioni e indagini da parte dei servizi segreti ucraini (SBU) hanno rivelato i collegamenti esistenti tra Surkov e i leader delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk. Il caso conosciuto come “Surkov leaks”, risalente agli anni 2016 e 2017, ha infatti messo luce le operazioni di controllo politico esercitate da Mosca sulle repubbliche separatiste del Donbas.
La notizia della (possibile e definitiva) dimissione di Surkov come consigliere per l’Ucraina non giunge inaspettata: un campanello d’allarme risuonava già dal 2018 facendo presagire una sua imminente uscita di scena. A giudicare dalle riforme annunciate nelle ultime settimane dal presidente Putin, le dimissioni di Surkov paiono confermare il drastico cambiamento in atto nella leadership di Mosca. Il ruolo di consigliere per l’Ucraina passerebbe nelle mani del pragmatico Dmitrij Kozak, di recente nominato come vicecapo dell’amministrazione presidenziale e precedentemente incaricato dello sviluppo economico delle repubbliche separatiste.
Si specula sulle motivazioni che potrebbero aver influenzato le dimissioni a sorpresa di Surkov: una prima ipotesi si collega a un effettivo cambio di rotta nella strategia ucraina, per cui l’approccio di Kozak meglio si addice. In contrasto con il suo predecessore, Kozak è favorevole a portare avanti il dialogo con Kiev al fine di applicare i capisaldi degli accordi di Minsk e raggiungere una soluzione al conflitto che grava fin da troppi anni anche sulla Russia, rispecchiando dunque l’attuale strategia ufficiale di Mosca. Una seconda ipotesi invece è riconducibile alla transizione di potere intavolata dal presidente Putin per il futuro politico della nazione: grazie alla sua carriera di esperto consigliere, Surkov ambirebbe a ricoprire una carica che meglio rispecchi le sue competenze rispetto al ruolo marginale di consigliere per l’Ucraina.
Reazioni a caldo in Ucraina: bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?
Diversi media ucraini riportano la notizia nella speranza che questo passaggio di testimone si possa tradurre in un miglioramento della posizione del Cremlino nei confronti del Donbas. Ad ogni modo, non c’è spazio per le illusioni. Bisogna ricordare che la strategia nei confronti dell’Ucraina è formulata direttamente da Putin, il quale non sembra intenzionato a modificare la propria retorica. Rivolgendosi al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il presidente russo esercita pressione sull’obbligo di applicare i principi definiti degli accordi di Minsk, sottolineando la priorità delle domande politiche (elezioni e status speciale per il Donbas) su quelle di sicurezza reclamate da Kiev.
Al momento attuale, un cambiamento delle relazioni tra Russia e Ucraina è alquanto improbabile, date le divergenze radicali rispetto alle priorità nell’adempimento degli obblighi espressi negli accordi di Minsk. Dall’altro lato, non si devono escludere eventuali possibilità di miglioramento anche solo marginali, considerato il periodo di riforme iniziate da Mosca. In entrambi i casi, l’ideologo del Cremlino non ha ancora rilasciato alcuna dichiarazione ufficiale. Bisognerà dunque attendere una verifica della dichiarazione indiretta, in quanto potrebbe trattarsi dell’ennesima smentita. Un fatto è certo: la strada per arrivare alla soluzione definitiva del conflitto che da anni logora dall’interno l’Ucraina è tutt’altro che in discesa. Oltre alle sfide da affrontare sul fronte puramente politico, la leadership di Kiev è impegnata nel formare un consenso domestico qualora dovesse scendere a patti con l’amministrazione del Cremlino.
Immagine: AFP