Quando nel novembre del 2018 Zdeněk Hřib è stato scelto dai cittadini della capitale ceca come nuovo sindaco, le aspettative dei praghesi si mostrarono subito molto alte per la vittoria di un esponente del partito pirata, simbolo di una città che si ribellava al proprio governo. Da allora, il primo cittadino di Praga si è dedicato più alla politica internazionale che alla normale amministrazione comunale, finendo al centro di una crisi diplomatica tra il suo paese e la Cina.
Praga apre le ostilità
Le prime schermaglie risalgono a gennaio di un anno fa, quando il sindaco della capitale ceca si rifiutò di espellere un diplomatico di Taiwan, nonostante le forti pressioni dell’ambasciata cinese. La Repubblica Ceca aderisce a quella che nelle relazioni internazionali prende il nome di “politica di una sola Cina”, che da decenni rappresenta la base teorica delle democrazie occidentali, e non solo, sulla quale sono stati costruiti tutti i rapporti diplomatici con Pechino.
Questa esegesi era ribadita da una specifica clausola apposta nel trattato di amicizia tra Praga e Pechino, firmato nel 2016 per parte ceca dall’ex primo cittadino Adriana Krnáčová, esponente del partito ANO2011 del primo ministro Andrej Babiš. La richiesta, avanzata da Hřib e rifutata da Pechino, di rimuovere la parte incriminata dall’accordo, ha causato la rescissione unilaterale del gemellaggio, aprendo un caso diplomatico tra i due paesi.
Il primo cittadino della capitale ceca non è nuovo a questo genere di provocazioni e dopo la sua elezione ha messo in fila una serie di azioni politiche chiaramente anticinesi. Ha immediatamente ripristinato la vecchia tradizione di esporre la bandiera del Tibet indipendente dal municipio della città, iniziativa che durante gli anni di Václav Havel rappresentava il simbolo dell’impegno politico per i diritti umani del compianto primo presidente della Cecoslovacchia post-comunista.
Nei mesi scorsi Hřib ha anche ospitato a Praga il capo del governo tibetano, prima di recarsi in visita “ufficiale” a Taipei, capitale di Taiwan, dove si è reso protagonista di un’ulteriore intemerata contro il governo cinese. Il gemellaggio tra Praga e Pechino è stato ufficialmente rimpiazzato da un nuovo accordo tra la capitale ceca e Taipei.
Rapporto in crisi
La risposta cinese non si è fatta attendere. Shanghai ha stralciato una convenzione dello stesso tipo con Praga, mentre dal governo di Pechino sono piovute critiche per la messa in discussione da parte di Hřib del fondamentale principio di una sola Cina.
Irritato il dragone cinese, a correre ai ripari ci ha pensato il presidente Miloš Zeman. Ritenuto l’artefice di una storica ripresa delle relazioni tra Cina e Repubblica Ceca, il capo dello stato si è dissociato pubblicamente dalle azioni del primo cittadino praghese. I rapporti tra i due paesi rimangono comunque ai minimi storici con varie questioni economiche che vanno ad aggiungersi al peggioramento di quelle politico-diplomatiche.
Le ragioni del torto
I cittadini della capitale ceca sono sensibili alle iniziative di Hřib: Praga ha una tradizione progressista e oggi si fa portavoce di quel mondo liberale che in Repubblica Ceca è finito schiacciato dalla personalità del duo Zeman-Babiš. Ma non basta scimmiottare le posizioni di Havel per passare alla storia come un paladino della democrazia e dei diritti umani.
La Cina di oggi non è la Cina di trent’anni fa, come la Repubblica Ceca di Babiš non è la Cecoslovacchia dei primi anni dopo la caduta del muro. Provocazioni di questo livello sono a tutti gli effetti delle azioni politiche che, anche se compiute come mera testimonianza di un disaccordo o di un’ideologia divergente, rischiano di minare rapporti diplomatici, politici ed economici tra le nazioni, con ripescussioni sull’intera società ceca.
Un sindaco, seppur il più importante del paese, dovrebbe limitare le scorribande in settori di competenza di altre istituzioni, come per la politica estera, soprattutto se gli attori politici preposti hanno posizioni diverse, come nel caso ceco dove primo ministro e presidente assumono da tempo posizioni più morbide nei confronti del gigante asiatico.
Sulla base di quale legittimità politica Hřib si è assunto la responsabilità di inasprire le relazioni con Pechino? Come spiegare ai musicisti dell’orchestra filarmonica di Praga che le loro prossime esibizioni in Cina sono state cancellate come conseguenza del comportamento di un sindaco che ha deciso di autoproclamarsi il nuovo Havel? Difficile trovare una risposta non ideologica.
Le incursioni piratesche di Hřib in politica estera non sembrano finire qui e dopo la Cina il primo cittadino praghese ha messo nel mirino la Russia. La piazza davanti all’ambasciata russa a Praga presto cambierà nome in Piazza Nemtsov, oppositore del presidente russo Vladimir Putin ucciso nel 2015. A Praga non ci si annoia mai.
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