CURVA EST: L’amico di Tudjman che arrivò in semifinale ai mondiali

Ćiro majstore!” urla tutta la curva. E’ il maestro, è colui che ne sa più degli altri, che guida la squadra al trionfo. Ha quasi 85 anni Miroslav Blažević, detto Ćiro, e la sua non è stata una vita banale.

Nasce a Travnik nel Regno di Jugoslavia, da una famiglia di origini croate. Gioca a calcio, ma per sua stessa ammissione è un calciatore nella media. Le cose migliori le fa a Rijeka, sulle rive dell’Adriatico, prima di andarsene in Svizzera a giocare per il Sion. Smette quasi subito con il calcio giocato e diventa allenatore a soli 33 anni. Perché la sua vocazione è quella: essere il “majstore”, guidare gli altri, portarli alla vittoria.

 

La fine di un modesto calciatore, la nascita di un grande allenatore
La Svizzera è la sua terra d’adozione: comincia con il Vevey, poi il Sion e la Nazionale (per sole due partite, come soluzione ponte). Approda al Losanna, ma il richiamo di casa è troppo forte. Torna in patria. Inizia con il Rijeka che porta al miglior risultato europeo di sempre (i quarti di finale di Coppa delle Coppe), ma poi si sposta alla Dinamo Zagabria, il suo più grande amore. Quello con la squadra di Zagabria sarà un rapporto viscerale e indissolubile che lo porterà più volte alla guida dei blu. Nel 1981-82, Ćiro Blažević diventa una leggenda del club riportando il titolo a Zagabria dopo 24 anni. L’anno successivo vincerà anche una coppa nazionale.

Torna in Svizzera, dove vince il campionato con il Grasshopper, ma la Jugoslavia è di nuovo sulla sua rotta. Lo chiamano da Pristina, dove la squadra è partita malissimo nel campionato di prima divisione. Rischia la retrocessione, ma Ćiro compatta lo spogliatoio, porta dalla sua i migliori giocatori e crea un vero e proprio fortino in casa. Cadono tutte a Pristina, una dopo l’altra. Si salvano e Blažević diventa un eroe, diventa “Qiro”, come si scriverebbe il suo nome in albanese. Oggi vive in Svizzera e racconta che quando incontra qualcuno di origini kossovare, ad esempio in panetteria, non riesce mai a pagare. “Se mio nonno sapesse che ho fatto pagare Blažević mi ucciderebbe”.

 

La svolta della Croazia indipendente
Torna a Zagabria, ma stavolta non combina granché, quindi vola in Francia e poi in Grecia, ma la svolta della sua vita è dietro l’angolo. La Croazia diventa indipendente e lui entra a far parte del partito del suo amico Franjo Tuđman, che diventa il primo presidente del nuovo stato. Il club ha cambiato nome in Croatia Zagabria, perché Tuđman vuole che la squadra diventi la bandiera della nuova Croazia. Blažević è allenatore e presidente, vincendo diversi titoli, ma è chiaro che quello è solo un passaggio verso qualcosa di ancora più importante: la nazionale.

Sarà il commissario tecnico della Croazia dal 1994 al 2000. Sotto la sua guida la squadra si farà conoscere in tutto il mondo. Partecipa agli Europei inglesi, uscendo soltanto ai quarti di finale contro la Germania futura campionessa del torneo. Un 2-1 che lascerà molte polemiche, ma che sarà vendicato due anni dopo al Mondiale francese. La nazionale a scacchi bianco-rossi distruggerà i tedeschi con un perentorio 3-0. In semifinale la Croazia trova la Francia, padrona di casa, e dopo essere stata in vantaggio, si fa rimontare due gol. C’è spazio per una grande polemica: si fa male Zvonimir Boban, Ćiro potrebbe inserire Robert Prosinečki, ma non se la sente e mette il più difensivo Silvio Marić. La stampa lo massacra e punta su di lui il dito: è il responsabile per la mancata finale. C’è chi arriva a sostenere addirittura che la mossa di Blažević sia stata una punizione postuma per quando il biondo fantasista lasciò la Dinamo allenata da Ćiro, per accasarsi alla Stella Rossa.

 

Gli ultimi anni da allenatore
Qualcosa si rompe con la nazionale e i risultati sperati non arrivano. Lo smacco è la mancata qualificazione agli Europei del 2000. Dal girone si qualifica l’Irlanda, ma soprattutto la Jugoslavia. La corsa dell’allenatore è finita e così arrivano le sue dimissioni. Ma la sua carriera, che non toccherà più punti altissimi, non è certo conclusa: allena l’Iran, mancando di un soffio la qualificazione, nonostante il pubblico lo adori. Torna alla Dinamo, ma litiga con l’amico di un tempo, il controverso vice-presidente Zdravko Mamić. A quel punto compie un passo che non in molti si aspettavano: va ad allenare l’Hajduk Spalato. Dagli eterni nemici della sua Dinamo viene accolto in maniera schizofrenica. Qualcuno è felice, altri lo contestano fin dai primi momenti. Sarà una delle esperienze più fallimentari della sua carriera.

C’è ancora tempo per allenare il Neuchâtel Xamax, l’Nk Zagabria, la Bosnia, lo Shanghai Shenhua, la nazionale olimpica cinese, gli iraniani del Mes Kerman, lo Sloboda Tuzla (che riporterà in prima divisione, con il record di punti). La sua ultima panchina sarà quella dello Zadar nel 2015.

 

Una figura controversa
Ma ridurre la figura di Blažević a quella di un ottimo allenatore, rischia di essere riduttivo. Poco tempo dopo la morte di Tuđman, Ćiro esce dal partito HDZ e decide di correre in solitaria per le elezioni presidenziali croate del 2005, raggiungendo il dimenticabile risultato di 0,80%. Quattro anni dopo però rientra nel partito e viene eletto nel Consiglio cittadino di Zagabria.

Ma Ćiro Blažević è stato anche in carcere: il 20 ottobre 1995 fu arrestato dalla polizia francese mentre si trovava all’aeroporto di Ginevra. Era coinvolto nell’Affaire VA-OM, quando era allenatore del Nantes nel 1989. L’ex presidente dell’Olympique Marsiglia, Jean Pierre Barnes, aveva accusato Blažević di aver preso una bustarella da 420.000 franchi francesi (circa 65.000 euro) per sistemare una partita tra Marsiglia e Nantes, terminata con un pareggio 0-0. Blažević fu rilasciato il 6 novembre 1995 dopo il pagamento della cauzione di 100.000 franchi.

Nella sfera familiare poi ci sono due fratelli, Anto e Joso, uccisi a 17 anni durante la Seconda Guerra Mondiale mentre facevano parte delle milizie Ustaša. Blažević non ha mai accettato la loro scelta, dichiarando di non riuscire a capire come si potesse sposare un simile movimento.

Infine, molti hanno paventato l’ipotesi di una sua omosessualità; fatto rimarcato dai cori di intere curve. Lui non si è mai scandalizzato e ha sempre preso queste parole come uno sfottò da stadio.

Foto da vecernji.hr

Chi è Gianni Galleri

Autore di "Curva Est. Un viaggio calcistico nei Balcani" e "Questo è il mio posto. Le nuove avventure di Curva Est fra calcio e Balcani". Ha coordinato la redazione sportiva di East Journal fino al 2021.

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