La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha condannato la Turchia e ordinato la liberazione immediata di Osman Kavala, filantropo in detenzione ormai da oltre due anni. La Corte di Strasburgo ha riconosciuto la violazione del diritto alla libertà e del diritto a una rapida decisione sulla liceità della sua detenzione.
Osman Kavala, uomo d’affari e filantropo che aveva creato e sostenuto numerose ONG e movimenti della società civile per la promozione e la protezione dei diritti umani, era stato messo in detenzione cautelativa nel novembre 2017 (una misura che Strasburgo ha definito come ingiustificata e arbitraria) con l’accusa di aver cospirato per rovesciare con la violenza il governo e l’ordine costituzionale, sospettato di aver organizzato le proteste di Gezi Park a Istanbul nel 2013 e di essere coinvolto nel tentativo di colpo di stato militare del 15 luglio 2016.
In un incoerente fascicolo di 657 pagine, la procura turca pretendeva di dimostrare come i 16 imputati – attivisti nel campo dell’arte, dell’educazione e del pacifico attivismo civile – cospirassero per organizzare e finanziare le proteste di Gezi Park del 2013. Il pubblico ministero ritiene gli imputati responsabili di crimini commessi da manifestanti in tutta la Turchia durante le proteste, inclusi di danni alla proprietà pubblica, possesso illegale di sostanze pericolose e di armi, saccheggi e lesioni gravi. Non viene presentata alcuna prova per collegare gli imputati a tali crimini. Se giudicati colpevoli, Kavala e gli altri 15 imputati rischiano l’ergastolo senza condizionale.
Secondo i giudici di Strasburgo, il governo turco non è stato in grado di dimostrare l’esistenza di ragionevoli sospetti su Osman Kavala, e anzi si era basato su atti che non potevano essere considerati come comportamenti criminali, ma che erano correlati all’esercizio della libertà d’espressione e di associazione. Strasburgo ha inoltre notato i ritardi della Corte costituzionale turca sulla vicenda. In definitiva, la Corte europea ha ritenuto di poter stabilire oltre ogni ragionevole dubbio che le misure delle autorità turche perseguissero lo scopo di ridurre al silenzio Osman Kavala e tutti gli altri difensori dei diritti umani. La Turchia, peranto, dovrebbe assicurare la sua immediata liberazione.
Kavala era stato arrestato per la prima volta dalla polizia il 18 ottobre 2017 all’aeroporto di Istanbul Atatürk mentre stava tornando da una visita con i rappresentanti del Goethe Institute a Gaziantep, nel sud-est della Turchia, dove ha sostenuto un progetto per i rifugiati siriani. Kavala è il fondatore del gruppo non governativo Anadolu Kültür A.Ş., che promuove i diritti umani attraverso l’arte, ed è una figura di spicco nella società civile turca.
La sentenza è stata accolta con favore da Amnesty International e Human Rights Watch. “Non è la prima volta che il tribunale di Strasburgo rileva come la Turchia ha incarcerato i suoi critici, non a causa di comportamenti offensivi, ma nel rozzo tentativo di zittirli”, ha dichiarato Andrew Gardner per Amnesty International. “La liberazione di Osman Kavala deve essere il primo passo per iniziare a sanare i danni causato dalla massiccia repressione della società civile negli ultimi anni e per ripristinare il rispetto dei diritti umani in Turchia”.
La detenzione di Kavala è solo un esempio della dura repressione dei suoi critici da parte del governo turco. Negli ultimi tre anni, il governo ha chiuso più di 1.500 associazioni e fondazioni, la maggior parte delle quali durante uno stato di emergenza che ha permesso al governo di legiferare per decreto, senza effettivo controllo parlamentare o giudiziario. Ogni protesta pacifica è stata soppressa.
Nonostante la fine dello stato di emergenza, i critici del governo rischiano ancora accuse penali e una lunga detenzione preliminare. Oltre 100 giornalisti e operatori dei media rimangono in prigione. Dal tentato colpo di stato del luglio 2016, quasi 130.000 lavoratori del settore pubblico sono stati licenziati arbitrariamente aper presunti legami con organizzazioni terroristiche.
Lo scorso luglio, la Corte di Strasburgo aveva condannato la Turchia per la detenzione arbitraria del leader del partito filo-curdo HDP, Selahattin Demirtas, in prigione dal 2016. Le autorità turche si sono rifiutate di mettere in atto la decisione, che è definitiva. E anche nel caso di Kavala, un tribunale turco il 24 dicembre ha confermato che il filantropo non verrà scarcerato, nonostante la sentenza di Strasburgo. Il 28 gennaio potrebbe anzi essere condannato all’ergastolo. Un caso in più, che segnala la deriva dei diritti umani nella Turchia post-golpe.
[L’articolo è stato aggiornato segnalando la decisione del tribunale turco del 24 dicembre]