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CROAZIA: Verso le elezioni presidenziali del 22 dicembre

Il prossimo 22 dicembre si svolgerà in Croazia il primo turno per le elezioni presidenziali, con eventuale ballottaggio previsto per il 5 gennaio. Il ruolo di presidente della Repubblica è poco più che cerimoniale e, oltre alla nomina del primo ministro e alla convocazione delle elezioni, al presidente è riconosciuto il diritto di convocare referendum previa controfirma del primo ministro. La funzione più importante è quella relativa alla compartecipazione alla formulazione della politica estera del paese. Il compito del futuro (o futura) presidente sarà tutt’altro che semplice, dovendo sin da subito fare i conti con la presidenza di turno dell’Unione Europea, con scottanti questioni sul tavolo come la Brexit e il futuro della politica di allargamento.

I candidati

Sono ben 11 i candidati in corsa per il ruolo di presidente della Repubblica, praticamente uno ogni 360 mila elettori. A differenza di quanto accaduto in molti paesi europei, in Croazia il bipolarismo rappresentato dall’Unione Democratica Croata (HDZ) e dal Partito Socialdemocratico Croato (SDP), fino a questo momento ha retto piuttosto bene di fronte all’avanzata di nuove forze politiche più o meno populiste. Secondo i sondaggi, a giocarsi la vittoria finale saranno con molta probabilità la presidente uscente Kolinda Grabar-Kitarović (data al 26-27%), sostenuta dall’HDZ e dagli alleati di governo di centrodestra, e Zoran Milanović (dato al 24-29%), supportato dal SDP e già primo ministro tra il 2011 e il 2016.

Questa volta però potrebbero non mancare le sorprese. Tra i due contendenti potrebbe infatti intromettersi un “outsider”: l’ex cantante Miroslav Škoro, ex membro dell’HDZ ma adesso candidato come indipendente di destra, che i sondaggi danno in costante ascesa al 21-23%. Infine, potrebbe ottenere un buon risultato (8-11%) anche il candidato indipendente Mislav Kolakusić, appoggiato dal partito Živi Žid, per certi aspetti molto simile al Movimento 5 Stelle delle origini, con cui in passato era stato avviato un dialogo. Se a destra la candidatura di Kolinda Grabar-Kitarović è messa in discussione da Škoro e dalla sua retorica nazionalista, a sinistra esiste invece ben poco a dimostrazione della difficoltà di costruire un’alternativa credibile al SDP.

I programmi

Come spesso accade in questo tipo di elezioni, i temi trattati dai candidati riguardano più che altro questioni generali e identitarie. La presidente uscente, da un lato cerca di sottolineare gli importanti risultati economici ottenuti dal suo ex partito in questi anni di governo, dall’altro prova a limitare l’avanzata di Škoro strizzando l’occhio alla parte più nazionalista e conservatrice del proprio elettorato. Il suo programma , di ben 33 pagine, è composto da sette punti, ognuno contenente l’aggettivo “croato”: sviluppo, identità, fermezza, giustizia, democrazia, sicurezza e ottimismo. Immancabili i richiami alla guerra patriottica contro la “Grande Serbia”, alla fede cristiana, alla lingua croata e alla difesa dei “particolarmente vulnerabili” croati di Bosnia-Erzegovina considerata come una “seconda patria”. A livello internazionale, la presidente rivendica il lavoro svolto nella costruzione di una politica multilaterale in grado di costruire ottime relazioni oltre l’Ue con Stati Uniti, Russia, Cina, Israele, e la creazione dell’iniziativa “Tre mari”. Grazie ai rapporti e ai contatti acquisiti, la Grabar-Kitarović spera di fare della Croazia il centro finanziario dei Balcani e sede delle più importanti istituzioni finanziarie internazionali.

Completamente diversa la strategia adottata da Milanović. Il suo sito ufficiale non contiene infatti nessun documento programmatico ma brevi video che trattano i temi principali. Questa semplicità può sicuramente essere attraente per i giovani sempre più distanti dalla politica classica e poco disposti a studiare lunghi documenti politici, ma probabilmente mostra anche una scarsa capacità di elaborazione e proposta. Uno dei punti significativi riguarda la difesa del diritto di aborto (in realtà mai citato direttamente). Un tema piuttosto delicato in un paese dove la Chiesa cattolica gioca ancora un ruolo importante. Per il resto, la campagna di Milanović sembra utilizzare toni difensivi basandosi sulla critica agli avversari. Uno degli slogan utilizzati recita “le guerre sono finite” sottolineando quindi la volontà di guardare oltre il passato proponendosi come “presidente di una Croazia moderna“ ed europea. Infine, altro punto dirimente è l’opposizione all’idea di instaurare un forte presidenzialismo portata avanti da Škoro.

Quest’ultimo sembra essere l’unico candidato di punta ad avere un programma politico concreto e incentrato sui ruoli del presidente. Le sue proposte riguardano cinque punti che, in caso di vittoria, potrebbero cambiare notevolmente il sistema istituzionale del paese dando al futuro presidente ampi poteri come: la possibilità di convocare referendum autonomamente, senza previo consenso del primo ministro; il diritto di presentare leggi da sottoporre a referendum; il diritto di convocare e presiedere sessioni parlamentari; la possibilità di porre il veto sulle leggi emanate dal parlamento fino alla decisione della Corte Costituzionale e una riforma generale di quest’ultima. Queste posizioni in favore del presidenzialismo stridono fortemente con lo slogan utilizzato, “Vratimo Hrvatsku narodu. Sad il’ nikada!” (“Restituiamo la Croazia al popolo. Ora o mai più!”). Miroslav Škoro, da sempre famoso per le sue posizioni nazionaliste, critica all’HDZ di non essere lo stesso di 30 anni fa e di aver abbandonato gli insegnamenti del padre della Croazia indipendente Franjo Tudjman. Nelle sue canzoni Škoro si è spesso caratterizzato per il forte patriottismo cantando versi come “la patria è nelle nostre vene/la patria è in noi” [Domovina] o sottolineando come “la fede, l’amore e la patria” siano le cose più sacre per lui [Svetinja].

La campagna elettorale

Gli episodi che hanno caratterizzato una campagna elettorale fino a questo momento stantia, basata più sul passato che sull’idea di futuro per il paese, sono stati lo sciopero degli insegnanti e il caso nato intorno ai cartelloni elettorali in cirillico utilizzati dal Consiglio Nazionale Serbo (SNV). Nel primo caso, il raggiungimento di un accordo tra governo e sindacati contribuisce a presentare l’HDZ come l’unico partito in grado di garantire un miglioramento del tenore di vita. Non a caso il vero candidato alle presidenziali sembra essere il primo ministro Andrej Plenković, onnipresente agli appuntamenti elettorali della Grabar-Kitarović e sempre pronto a rilasciare dichiarazioni a sostegno della sua ex compagna di partito. Nel secondo caso, l’SNV ha ripreso la campagna “Comprendiamoci meglio” (“Da se bolje razumijemo”) traducendo gli slogan dei tre candidati principali in cirillico con l’intento di combattere l’ostilità verso la minoranza serba e sostenerne il rispetto dei diritti. L’azione ha suscitato dure reazioni a destra. Mentre Grabar-Kitarović è apparsa stizzita affermando che l’SNV dovrebbe “avere più rispetto per i veterani”, lo staff di Škoro ha lanciato una poco velata minaccia sostenendo che “dopo le elezioni presidenziali, l’SNV capirà molto meglio il suo ruolo nella società”.

Analizzando i candidati e i loro programmi, sembra che la politica croata sia purtroppo ancora vittima del nazionalismo più o meno moderato. Il tentativo di Milanović di andare oltre il passato sembra più un posizionamento tattico, data l’impossibilità di gareggiare con i propri avversari su questo terreno, privo però di una reale alternativa. Queste elezioni saranno quindi un ottimo banco di prova per tutti i partiti, una sorta di prova generale prima delle ben più importanti elezioni parlamentari previste per la fine dell’anno prossimo.

Foto: N1/PIXSELL/ Patrik Macek/ Miranda Cikotic/ Goran Stanzl/ Robert Anic

Chi è Marco Siragusa

Nato a Palermo nel 1989, ha svolto un dottorato all'Università di Napoli "L'Orientale" con un progetto sulla transizione serba dalla fine della Jugoslavia socialista al processo di adesione all'UE.

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