L’Ungheria torna a far parlare di sé con il ritiro dall’Eurovision Song Contest, rassegna europea di musica leggera, senza alcuna motivazione ufficiale, se non nel cambio di destinazione di A Dal (La canzone), convertito da contest di selezione per il festival a concorso per incentivare la canzone pop magiara.
Voci di corridoio
Sull’abbandono ungherese sono iniziate immediatamente a circolare voci che descrivevano una realtà diversa: secondo fonti interne alla MTVA (l’organo di coordinamento dei media ungheresi), riportate dal forum d’informazione «Index.hu», la rassegna europea sarebbe diventata “troppo gay” per il governo di Budapest, mentre giornalisti vicini all’esecutivo come András Bencsik, rincaravano la dose, sottolineando che il concorso canoro non fosse adatto al paese a causa della “flottiglia omossessuale”.
Affermazioni gravi, subito smentite dalla FIDESz, mentre la stessa MTVA ha risposto che queste accuse fossero “lesive della dignità umana, dell’etica giornalistica e infrangano la legge”.
Lancio il sasso, ritiro la mano
Non è la prima volta che succede qualcosa del genere in Ungheria: nell’estate del 2018 il «Magyar Idők», giornale vicino alla FIDESz, provocò un vero e proprio putiferio scagliandosi contro il musical Billy Elliot programmato nella capitale magiara. In un articolo intitolato “fermiamo la propaganda gay”, per esempio, il foglio asserì che “mentre il governo cerca di diffondere il modello di famiglia tradizionale, un ente finanziato dallo stato si contrappone con forza, propaga un sistema di vita deviante, e per di più fra i minorenni”.
Qualche giorno dopo il foglio proseguì la propria crociata, ricordando che l’omosessualità era un pericolo per il paese, minacciato nella propria identità da orde di migranti e dalla decrescita demografica. Anche in quel caso l’esecutivo non si espose pubblicamente, lasciando che lo spettacolo venisse cancellato in seguito alla pubblicità negativa causata dal «Magyar Idők».
Ancora, nell’estate del 2019, fu la campagna pubblicitaria della “Coca-Cola” a finire al centro della polemica. Basata sullo slogan “zero zucchero, zero pregiudizi” la reclame inseriva come immagine di sfondo una coppia formata da due ragazzi abbracciati. Uno spettacolo di cattivo gusto secondo l’esponente della FIDESz István Boldog, che chiamò il paese al boicottaggio dei prodotti dell’azienda. Messaggio poi sgonfiato dal governo che sottolineò che tutti gli ungheresi fossero liberi di amare chi volevano, e di bere o meno Coca-Cola.
Campagna elettorale
Il modus operandi del governo di Budapest sembra in queste occasioni sempre il medesimo: un evento dal forte impatto mediatico viene attaccato da un qualche esponente interno, quindi smentito attraverso un canale ufficiale del Partito. In questo modo la correttezza formale dell’esecutivo viene salvaguardata, mentre le dichiarazioni permettono di guadagnare consenso fra le frange più estreme e conservatrici. Un altro effetto della campagna elettorale permanente a Budapest da parte della FIDESz, concentratasi dalle elezioni dell’aprile 2018 su temi più radicali, andando a occupare in toto lo spazio politico appartenuto a Jobbik!.
Ciò non toglie che le offensive governative possano avere anche risvolti seri, come quella contro i gender studies, parte della più generale ristrutturazione del sistema dell’istruzione magiaro, che ha portato alla sospensione dei corsi dedicati, con la scusante che questi non fornissero alcun vantaggio nel mondo del lavoro.
E per il resto?
Sebbene i diritti già acquisiti nel paese dalla comunità LGBT+ non siano ad oggi in pericolo, anche per via del crescente consenso verso le coppie omosessuali, è altrettanto vero che sembra impossibile sperare in ulteriori riconoscimenti. Senza considerare che le azioni di propaganda governativa hanno l’effetto di legittimare la parte più conservatrice della società ungherese: nel febbraio del 2019, ad esempio, mentre si teneva una conferenza sui diritti LGBT+, sul canale M5 andava in onda uno speciale che evidenziava i risultati positivi della terapia di conversione, sottolineando l’importanza di circuire l’influenza della lobby gay.
Tutto questo mentre il governo fa sfoggio disinvolto dei termini “famiglia naturale” e “tradizionale”, indicando come diverso e anomalo tutto quello al di fuori di essa. Alla comunità magiara non resta così che aggrapparsi alle proprie conquiste, sperando che l’ondata successiva di propaganda non sia troppo violenta.
Immagine: Marriott Traveler