Articolo originariamente pubblicato su Nena-News
Immaginate due atleti che arrivano in un paese europeo con tanto di passaporto e regolare visto per partecipare a un torneo internazionale. Immaginate che, dopo la fine del torneo, i due ragazzi decidano di visitare la capitale di quel paese, ma invece di prendere il volo che li riporta a casa vengano prelevati dalla polizia e respinti illegalmente in un paese non appartenente all’Unione Europea.
Se non si trattasse di una storia vera, con in gioco la dignità e la vita di due giovani ragazzi, si potrebbe pensare a una sceneggiatura degna delle peggiori commedie poliziesche. Purtroppo la vicenda che ha visto coinvolti due atleti nigeriani, Abia Uchenna Alexandro ed Eboh Kenneth Chinedu, è tutt’altro che comica e ci mostra, se ce ne fosse ancora bisogno, il razzismo istituzionale che infetta la “democratica e accogliente” Europa.
Abia ed Eboh giungono a Pula, in Croazia, lo scorso 12 novembre per partecipare alla quinta edizione del World InterUniversities Championships, un torneo internazionale di ping-pong con oltre 2mila partecipanti che si è svolto tra il 13 e il 17 novembre. Concluso l’evento, i giovani decidono di passare due giorni nella capitale Zagabria prima di ripartire per il loro paese. Abia ed Eboh, però, l’aereo di ritorno non l’hanno mai preso.
La sera prima della partenza, mentre passeggiavano per la città, i due ragazzi vengono fermati dalla polizia, evidentemente insospettita dal colore della loro pelle. Più volte i ragazzi provano a spiegare che i loro documenti si trovano nell’ostello dove soggiornano ma, invece di recarsi sul luogo e controllare, gli agenti decidono di portarli in commissariato. Da lì, Abia ed Eboh venivano caricati con altri ragazzi su un furgone e portati nei boschi al confine con la Bosnia. Secondo quanto dichiarato dai due, al rifiuto di scendere dal furgone uno degli agenti ha minacciato di sparargli, dopo ovviamente aver tolto loro i soldi a disposizione. Solo a quel punto si sono incamminati nelle innevate montagne bosniache verso il centro di accoglienza Miral di Velika Kladuša.
A distanza di oltre due settimane, i giovani, assistiti dalle organizzazioni presenti sul territorio, si trovano ancora nel centro dove nel frattempo è in corso uno sciopero della fame contro le disastrose condizioni umanitarie. La notizia è stata diffusa solo il 3 dicembre, grazie al giornale bosniaco Žurnal, e ha scatenato numerose polemiche in Croazia e Bosnia. In un’intervista rilasciata ad Al Jazeera, il ministro della Sicurezza della Bosnia-Erzegovina Dragan Mektić ha parlato di un vero e proprio “atto illegale da parte della Croazia” affermando che i due ragazzi verranno presto riportati in quel paese.
Completamente diversa la posizione espressa dalla polizia croata in una nota secondo cui nessun agente ha preso in carico Abia ed Eboh che, invece, si sono diretti autonomamente verso una destinazione sconosciuta. Pur negando qualsiasi comportamento contrario alle norme vigenti, la polizia ha tenuto a specificare, in quella che sembra una vera e propria accusa indiretta, come spesso la partecipazione a eventi sportivi venga utilizzata a pretesto per poi continuare illegalmente il proprio viaggio e far domanda per l’ottenimento dello status di rifugiato.
Nonostante il tentativo di auto-assoluzione, la polizia croata è ormai sempre più tristemente famosa per i comportamenti violenti e illegali (questi sì) nei confronti dei migranti. Come già raccontato dal nostro giornale, sono ormai migliaia le denunce di violenze esercitate dalla polizia al confine croato-bosniaco.
La vicenda di Abia ed Eboh va però ben oltre. Non si tratta infatti “solo” di violazioni delle norme contro i respingimenti e dei diritti umani basilari ma mostra con estrema brutalità il profondo clima di razzismo ormai diffuso in Croazia e nel resto d’Europa. Un razzismo ancora più grave in quanto esercitato e fomentato senza vergogna dalle istituzioni e dalle forze di polizia nell’assordante silenzio di un’Unione Europea che nelle prossime settimane dovrebbe definitivamente accogliere Zagabria nell’area Schengen.
Dal mese di gennaio, inoltre, la Croazia assumerà la presidenza di turno dell’Ue per i prossimi sei mesi. Una condanna netta per i metodi usati alle frontiere europee e un radicale cambio di prospettiva, culturale e politica, sembrano quindi tutt’altro che immediati.
Foto: Adi Kebo/zurnal.info