Le elezioni politiche italiane del 1953 sono, nella memoria comune, quelle della legge truffa: il rinomato premio elettorale celebre per il turbolento iter parlamentare, e dall’aspro confronto sorto dallo stesso. Ma l’elezione del 1953 non è solo la legge truffa: attaccata su più fronti e in difficoltà dopo cinque anni di complicato governo, la DC attuò una capillare opera di propaganda incentrata sul grande tema del 1948: quello dell’anticomunismo e della scelta dicotomica tra est e ovest.
La genesi di un progetto ambizioso
Nel settembre del 1952 Giorgio Tupini, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e braccio destro di Alcide De Gasperi, scrisse a Paolo Emilio Taviani, sottosegretario al Ministero degli Esteri, chiedendo supporto per un’ambiziosa operazione di propaganda: una mostra itinerante che mostrasse in ogni angolo del paese il tenore di vita dei paesi che qualche anno prima, fra il 1948 e il 1949, erano diventati democrazie popolari. Un percorso suggestivo, pianificato in ogni dettaglio, sia sotto il punto di vista logistico, che in quello dell’allestimento scenico.
Il blocco orientale in mostra
Taviani accettò la richiesta del sottosegretario, disponendo che le varie legazioni nei paesi dell’Europa centro-orientale acquistassero beni di uso comune e poster propagandistici per circa 4 milioni di lire; gli organizzatori dell’evento – ufficialmente parte di un comitato di documentazione popolare (non governativo) – avrebbero allestito tre diverse mostre itineranti, più una quarta, fissa, a Roma. Fra il marzo e il maggio del 1953 il carrozzone propagandistico attraversò così tutto il paese, isole escluse, toccando oltre quaranta città per la maggior parte situate nel centro-nord.
Entrato nei quattro autocarri che componevano l’appuntamento, il visitatore era immerso in uno spettacolo visivo, oltre che divulgativo con altoparlanti che ripetevano in modo continuativo a basso volumi frasi come sei sempre sorvegliato, e potrebbe succedere anche in Italia. Nel frattempo lo spettatore era condotto attraverso diversi ambienti che lo scortavano nelle diverse fasi delle democrazie popolari, fra cui la presa del potere dei comunisti, gli standard di vita nel blocco socialista (attraverso l’esposizione degli oggetti) e il prezzo pagato dalla Chiesa cattolica in tutti i paesi dell’areale.
Lo scandalo
L’appuntamento romano della Mostra – ben più elaborato sotto il punto di vista dello spettacolo rispetto agli altri – era stato organizzato nei sotterranei di Roma Termini ed erano situati alcuni pannelli introduttivi sul percorso di accesso. Li, figure umane erano avvolte da filo spinato, mentre capeggiavano scritte come fra i 90 milioni di schiavi dei paesi socialisti.
Il 14 maggio 1953, qualche giorno dopo l’apertura dell’appuntamento romano, l’«Unità» uscì però con un velenoso articolo, nel quale veniva evidenziato come ben due cittadini romani si fossero riconosciuti nelle foto presenti sui pannelli introduttivi.
Lo scandalo fu enorme: costretti a ripiegare sulla difensiva, gli organizzatori non seppero ridimensionare la portata dello scandalo, nascondendosi dietro affermazioni sui numeri che la Mostra registrava a Roma grazie alla pubblicità involontaria del Partito comunista.
Conclusioni
Carrozzone propagandistico e boomerang elettorale, la Mostra dell’Aldilà consacrava agli occhi dell’elettorato italiano una nuova realtà politica, quella dell’Europa orientale. Anche la geografia del continente mostrava così il risultato della polarizzazione della Guerra Fredda, uniformando le precedenti divisioni e concettualizzazioni in uno schema bipolare.
Immagine: cartolina propagandistica della Mostra (Foto autore articolo)