Il groundhopping è una passione che non esiste certo da oggi, ma grazie ad app e social si è molto diffusa e ormai sono tanti gli appassionati, che si confrontano e condividono la propria lista di campi. Perché è proprio questo quello che fa un groundhopper: colleziona stadi. Quando un groundhopper visita un paese, non rinuncia mai a cercare lo stadio cittadino, a provare ad entrare, a fare un salto allo store ufficiale. Meglio poi se c’è una partita. L’importante è tenere memoria e contare gli stadi visitati.
L’Europa dell’Est è una delle nuove destinazioni preferite dai groundhopper. Le difficoltà di spostamento e l’esotismo da “Cortina di Ferro” sono solo due dei motori che spingono un appassionato a lasciare i confortevoli ground inglesi o estadios spagnoli, per raggiungere uno sperduto campo sportivo romeno o per assistere ad un infuocato derby balcanico.
Il derby di Belgrado, fra Stella Rossa e Partizan è uno degli obiettivi più ambiti. L’atmosfera che si respira sia al Marakana, casa dei bianco-rossi, che al Jna, casa dei bianco-neri, è difficilmente ritrovabile in altri stadi in giro per il Continente. Ma anche assistere ad un derby bulgaro al Levski Stadion, fra Cska e Levski Sofia è un’esperienza da provare. Se invece dell’atmosfera si preferisce l’ambientazione o l’architettura dell’impianto, fra gli stadi più interessanti da collezionare c’è un interessante trio croato: Imotski (sul limitare di una scogliera), Trogir (con il castello) e Fiume (con la vista sul mar Adriatico). Spesso quella del groundhopper è una corsa contro il tempo, prima che stadi storici vengano abbattuti e ristrutturati: il Ghencea (Steaua) e il Giulesti (Rapid) a Bucarest sono ormai andati, ma anche l’attuale Arena Filip II di Skopje, dopo i lavori, ha portato via tutto il fascino del vecchio stadio cittadino.
Parlando di chi il groundhopper lo fa in maniera seria, e non solo in vacanza, abbiamo incontrato Michael Mundt, uno dei più grandi appassionati europei, sicuramente il più grande cacciatore di stadi della Romania. Con lui abbiamo passato una serata a Sibiu, dove abbiamo parlato anche della sua passione. Michael ne parla volentieri, e quando racconta è entusiasta e riempie le storie di particolari.
“In Romania ho praticamente visto tutti gli stadi degni di questo nome – eccetto qualcosa a Onești o Bacău che sono abbandonati – per un totale di 300 impianti”. E’ nato subito un dibattito. Lo stadio, perché sia aggiunto alla lista, deve essere visitato durante una partita o va bene anche se è vuoto? Mundt ci ha spiegato che non c’è un unico modo per essere groundhopper, ma che lui gli stadi li ha visitati tutti durante un incontro. La nostra personale lista invece è alimentata anche dalle visite ad impianti vuoti.
La definizione di groundhopper potrebbe essere: una persona che cerca di guardare tutte le partite di calcio che vuole indipendentemente dalla squadra che gioca. C’è chi si fa 80 partite all’anno e chi arriva a più di 200 in una stagione. Altri poi vogliono guardare almeno una partita in tutti i Paesi del mondo.
Michael è tedesco ma vive in Romania dal 2012. Prima si è trasferito per studiare a Timișoara e Cluj-Napoca, poi è rimasto a lavorare in un giornale per la minoranza di lingua tedesca a Sibiu. Ai tempi della Grande Romania, c’erano circa 700mila tedeschi che vivevano nel paese, anche se ormai sono meno di 40mila. Molti lasciarono il paese dopo la Seconda Guerra Mondiale, altri furono “inviati” in Germania dal dittatore Nicolae Ceaușescu e, infine, dopo la caduta della Cortina di Ferro, ci fu un vero e proprio esodo.
Non c’è dubbio che essere un groundhopper sia un modo come un altro per conoscere un paese, per approfondirne usi e costumi. Si viaggia, si parla con le persone, che spesso in uno stadio o davanti a una birra sono più aperte e disponibili a parlare. “Ho visto più di 500 partite, attraversando il paese in lungo e in largo, la gente iniziava sempre lamentandosi della corruzione dei politici e degli zingari, ma poi mi raccontava anche storie personali. Capisci? Non è solo calcio per me. Ho conosciuto un sacco di persone interessanti allo stadio o lungo le strade”. E possiamo confermarlo, non è solo calcio, ma molto di più.
Chi meglio di Michael potrà guidarci e consigliarci qualche stadio speciale in Romania, per il nostro prossimo viaggio? “Era bellissimo vedere le partite allo stadio Giulești, casa del Rapid Bucarest. Si vedevano i segni del tempo, ma aveva un fascino speciale. Sfortunatamente, è stato demolito un paio di mesi fa. Avrebbero dovuto impedirlo, dichiarandolo patrimonio artistico-architettonico. Se dovessi consigliare qualche altro impianto direi Suceava, Reșița o Petroșani. Ma sopratutto Scornicești. E’ una città davvero molto piccola vicino a Slatina, nel Sud, famosa per essere il luogo di nascita di Ceaușescu. Lo stadio fu aperto nel 1975 e poteva contare 20mila spettatori. Negli anni Ottanta, la squadra giocava in prima Divisione”. Adesso non resta che prenotare un aereo, scaricare la mappa, segnarsi gli stadi e partire.