CULTURA: Passeggiata (immaginaria) nella Bucarest greca

Nel centro di Bucarest, all’angolo di un incrocio di strade che ha mantenuto un aspetto elegantemente neoclassico, si trova la chiesetta di Stravopoleos. Un luogo di delicata e immediata bellezza, che dà tregua allo stancante grigiore dei bloc comunisti, e dove le linee dello stile brâncovenesc sono ancora più esaltate nel semplice e intimo chiostro con archi degni delle Mille e una notte. Siamo lontani anni-luce dalla megalomania di “Casa poporului”, ma anche dallo sfarzo bizzarro di quello che resta della Parigi dell’Est di primo Novecento. Il nome della chiesa poi, così poco romeno, ci fa capire che quella di Stravopoleos è la Bucarest neogreca del Settecento, città profumata di caffè greco (o turco, come vi piace) e di spezie, ancora lontana da quel processo di occidentalizzazione che l’avrebbe resa la “Parigi dell’Est”.

Quando a Bucarest si parlava greco

Se potessimo passeggiare in un giorno qualsiasi nella Bucarest del Settecento, non solo sentiremmo parlare un romeno molto diverso da quello di oggi, ma, molto probabilmente, saremmo circondati da persone che parlano fluentemente un greco perfetto! Tra turbanti e caffettani, babbucce e mustacchi, Bucarest era una città pienamente orientale e Ţara Românească, il principato danubiano di cui era la capitale, era stata affidata dall’Impero Ottomano ai fanarioti, nobili del quartiere greco di Fanari a Istanbul; un dominio secolare a partire dall’inizio del Settecento fino al 1829.

Inevitabilmente, i signori greci hanno portato nelle pianure valacche le loro abitudini, i loro dolci, la loro poesia e, ovviamente, la loro lingua. Come sa bene chi frequenta i Balcani, soprattutto quando si parla di cultura materiale, a volte è impossibile individuare da dove provengano o chi ha portato in un luogo determinate usanze: tuttavia, il kataifi, le sfoglie filiformi al miele tipicamente greche (o turche?), le baklavà, il caffè, etc. sono state una realtà concreta persino nella Bucarest quotidiana di pochi decenni fa (con permanenze anche tuttora). I greci hanno portato anche numerose parole nel romeno, molte usate tuttora quotidianamente a insaputa dei parlanti stessi: “drum”, strada (dal greco “dromos”) ne è un esempio per tutte.

Bucarest è stata un luogo importante per la storia del mondo greco, diventandone una sorta di “capitale culturale” e permettendo incontri e scambi potentissimi: nelle scuole neogreche, del resto, si è formata quella generazione di intellettuali romeni che, successivamente, ha costruito la Romania moderna. Sembra paradossale ma spesso i fondatori della cultura moderna hanno imparato prima il greco del romeno stesso: il “padre della letteratura romena moderna”, Ion Heliade Rădulescu, la cui statua sorge oggi in Piaţa Universităţii, aveva la madre greca, mentre uno scrittore come Constantin Negruzzi ha imparato il romeno soltanto in età scolare.

Un dibattito furioso sulla nicotina e un “dispotismo illuminato” greco?

La Bucarest greca era aperta anche alle novità ed è stata un luogo di sperimentazione. Una volta insediatosi in Valacchia, ad esempio, Nicholas Mavrokordatos non si è dedicato soltanto allo sterminio dei suoi nemici, ma ha tentato di coniugare sfarzo bizantino e primi venti dell’Illuminismo europeo, soprattutto italiano. Del resto, a dimostrazione dell’apertura verso Occidente di questi signori greci, il padre aveva studiato a Bologna.

A Bucarest, Nikholas Mavrokordatos scrisse il primo romanzo della letteratura greca, il romanzo filosofico Philotelou Parerga, che nasce come guida per il figlio nella gestione del potere all’alba dei nascenti nazionalismi balcanici: una forte apertura all’Occidente, dove il libro è stato diffuso e tradotto. Prima di diventare signore di Valacchia, Mavrokordatos ha scritto anche un caustico trattato su modello lucianeo (uscito anonimo) contro la nicotina; Mitrofane Grigoràs, sempre di stanza a Bucarest e longevo uomo di cultura (è morto ultracentenario), gli ha risposto per le rime, difendendo violentemente la nicotina.

Mavrokordatos si è dedicato anche alla costruzione di edifici che hanno cambiato il volto di Bucarest. Si deve a lui la creazione di un enorme monastero dell’attuale quartiere di Văcăreşti: un luogo importante per la storia romena perché, a partire da metà Ottocento, il monastero è diventato un carcere, dove sono stati rinchiusi, tra gli altri, Codreanu, il poeta Arghezi, il romanziere Rebreanu, etc. Nel 1984, Ceauşescu lo ha fatto demolire per far posto a edifici amministrativi. Proprio in questi anni è stata costruita la chiesetta di Stavropoleos nel 1724: faceva parte di un monastero che è andato distrutto nel corso del XIX secolo per far posto a edifici più recenti. Straordinariamente, la chiesetta è sopravvissuta alla storia e ci porta la testimonianza di un’epoca di cui, altrimenti, rimarrebbe ben poco (se non nel bellissimo romanzo di Nicolae Filimon, “Parvenu antichi e moderni”, non ancora tradotto in italiano).

Uno spirito balcanico che lega Atene e Bucarest

Luogo di confine tra Occidente e Oriente, la capitale romena ha conosciuto una forte “grecizzazione” prima di diventare, nel giro di pochi decenni, un avamposto dell’Occidente francese (e italiano) nell’area balcanica. Un’apparente contraddizione che ne spiega la bellezza non immediata, cui si sono aggiunti gli anni del comunismo e le catastrofi architettoniche del periodo ceauşista. Eppure, il fascino levantino e greco Bucarest lo esibisce ancora nonostante buona parte dei monumenti dell’epoca non esistano più: è la cultura immateriale, l’odore di aneto della metro, le somiglianze insospettabili con alcune strade di Atene, gli scorci orientaleggianti, l’umanità che la popola… Un’aria a metà strada tra due mondi, che ti conquista lentamente ma non ti lascia scappare: da una parte, Atene, la metropoli millenaria accanto a quella parallela ricca di vita di Monastiraki; dall’altra, Bucarest, la piccola Atene greca del Settecento, continuano a raccontarci storie lontane e nascoste, che sanno di Oriente.

Chi è Federico Donatiello

Sono nato a Padova nel 1986, città in cui mi sono laureato in Letteratura medievale. Sono dottore di ricerca sempre a Padova con una tesi di storia della lingua e della letteratura romena. Attualmente sono assegnista di ricerca a Padova e docente di letteratura romena a "Ca' Foscari" a Venezia. Mi occupo anche di traduzioni letterarie e di storia dell'opera italiana.

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