Nei giorni scorsi, la presidente croata Kolinda Grabar-Kitarovic, in corsa per la rielezione, ha ricevuto un premio negli Stati Uniti, il Fulbright Lifetime Achievement Award. Nel suo discorso di accettazione, Grabar-Kitarovic ha parlato del suo essere “nata dalla parte sbagliata della cortina di ferro”, sognando luoghi “dove le persone potevano parlare liberamente”. Kitarovic è nata nel 1968, vent’anni dopo la rottura tra Tito e Stalin, e il programma Fulbright di scambi studenteschi tra Jugoslavia e Stati Uniti prese il via negli anni ’80, quando la presidente era al liceo.
Ma a parte la riflessione sul complesso di auto-vittimizzazione della destra in Croazia, è importante ricordare lo stato della libertà di stampa nel paese balcanico, ultimo acquisto dell’Unione europea. Come ricorda la giornalista Jelena Prtoric, nell’ultimo periodo si sono moltiplicati i campanelli d’allarme sulla libertà d’espressione.
Quest’estate la polizia croata ha arrestato a Korcula un uomo che aveva paragonato il primo ministro croato Andrej Plenkovic all’ex premier Ivo Sanader incarcerato per corruzione. A settembre la polizia ha arrestato e multato il giornalista croato Goran Duhacek per un tweet contro la polizia e per aver “offeso i sentimenti morali dei cittadini pubblicando una riscrittura satirica di una canzone patriottica”. A Pola, la polizia ha infine minacciato di arrestare due giovani perché indossavano una maglietta con la scritta “HDZ = ladri”. A proposito di magliette, un giovane croato è stato arrestato e multato di recente per aver indossato una maglietta con un logo a forma di foglia di marijuana, considerata come una promozione della droga.
Nel frattempo, il premier croato Andrej Plenkovic si è dato all’arte di svicolare dalle domande dei giornalisti. Di recente, ha anche accusato l’ONG croata Gong di fare una “sporca campagna” contro la candidata commissaria europea Dubravka Suica per aver osato chiedere lumi sulla provenienza i suoi oltre 5 milioni di ricchezza personale, accumulati mentre era sindaca di Dubrovnik. Plenkovic ha affermato che “la sporca campagna di Gong non danneggerà Dubravka Suica!”, diffamando inoltre l’ONG anti-corruzione come “lunga mano del SDP”. Come nota la giornalista bulgara Adelina Marini, “la scelta delle foto suggerisce che [Plenkovic] si sente protetto dai Presidenti della Commissione uscente e ventura” nel proferire minacce contro la società civile e gli attivisti anti-corruzione.
.@AndrejPlenkovic iz #Bruxelles: Prljava kampanja GONG-a neće naštetiti @dubravkasuica! Ta produžena ruka SDP-a, ta kvazi-neovisna organizacija, ne može poljuljati povjerenje koje uživa kandidatkinja RH za potpredsjednicu @EU_Commission! (1/2) pic.twitter.com/N84TC8aiK4
— HDZ (@HDZ_HR) 26 settembre 2019
Nel rapporto World Press Freedom 2019, Reporter senza frontiere (RSF) ha classificato la Croazia al 64° posto (su 180 paesi). RSF ha avvertito che i giornalisti che “indagano su corruzione, criminalità organizzata o crimini di guerra sono spesso soggetti a campagne di molestie“.
RSF ha anche sollevato il tema dell’influenza politica nell’emittente pubblica croata HRT. Nel dicembre 2018, HRT ha annunciato che avrebbe citato in giudizio due dei propri giornalisti e l’Associazione dei giornalisti croati HND “per danni alla sua reputazione e buon nome”. Ma non finisce qui. All’inizio dell’anno, l’Associazione croata dei giornalisti ha scoperto che HRT aveva in corso 35 cause legali contro giornalisti e vari media.
E la satira? Anche quella non è la benvenuta, in Croazia. Nel dicembre 2018, un tribunale ha dato ragione a Velimir Bujanec, presentatore televisivo di destra, che aveva citato in giudizio il sito web satirico News Bar per il loro articolo “falso”. Secondo il giudice, “le dichiarazioni che hanno fatto sono altamente inappropriate e assolutamente poco professionali”. E sì che era satira…
Il punto è che le leggi croate rendono facile denunciare i giornalisti per diffamazione, il che spesso si traduce in autocensura. Questo marzo, dopo che centinaia di giornalisti si sono radunati a Zagabria per protestare contro l’ondata di cause intentate contro giornalisti e media, il premier Plenkovic ha dichiarato che “non ha riscontrato un problema con la libertà dei media nel suo paese”.
Un paio di giorni dopo, la polizia ha fatto visita a NET.hr, per verificare l’identità e l’indirizzo di casa della giornalista Đurđica Klancir. La verifica dell’identità era correlata a una causa civile per diffamazione intentata contro di lei da un politico locale di cui aveva scritto. L’incidente è stato condannato come tentativo di intimidazione da parte dell’associazione dei giornalisti.
Ancora: nel dicembre 2018, Andrea Topic, giornalista del quotidiano Slobodna Dalmacija, si è ritrovata le gomme dell’auto forate, dopo essere stata minacciata in diverse occasioni dal figlio di un politico per aver denunciato abusi edilizi. Sarebbe riduttivo, secondo Jelena Prtoric, dire che né il presidente né il governo hanno ritenuto prioritario condannare questi o simili attacchi ai giornalisti.
Questo maggio, quando il giornalista Danijel Majic fu assaltato dal già citato presentatore Bujanec e dai suoi amici di estrema destra a Bleiburg, “non vi furono reazioni da parte di funzionari croati” né della leadership politica.
Il trattamento della Croazia nei confronti dei rifugiati merita una trattazione a parte, ma questa estate, in un’intervista con la televisione svizzera SRF, Grabar-Kitarovic ha ammesso che la polizia di frontiera è impegnata nei respingimenti dei rifugiati in Bosnia. La presidente ha poi fatto un passo indietro abbastanza presto e ha esortato i giornalisti croati “a non seguire i media stranieri che lavorano per non so quali interessi” e invece a “presentare la versione croata degli eventi”. E sì che lei era nata dalla parte sbagliata della cortina di ferro…!