Gergely Karacsony è il nuovo sindaco di Budapest. Il candidato dell’opposizione ha sconfitto per 50.07% contro 44.79% il sindaco uscente del partito di governo Fidesz, Istvan Tarlos, in carica dal 2010 (la legge elettorale ungherese è a turno unico) e ottenuto la maggioranza dei voti in diversi consigli di distretto della capitale. L’opposizione strappa a Fidesz anche varie altre città, incluse Szeged, Miskolc, Szombathely e Tatabanya. Per la prima volta, una opposizione unita (“Összefogás”) dimostra di poter strappare a Fidesz importanti leve di potere.
Karacsony, sostenuto da socialisti, verdi e liberali, aveva promesso giovedì di liberare Budapest dalla “cattività” del “sistema di cooperazione nazionale” (NER) messo in piedi dai gerarchi del premier Viktor Orban, considerato fonte di corruzione, assieme ad altre iniziative del governo come la ristrutturazione della Metro 3. Tra le sue proposte, anche quella di una tassa sulla proprietà per chi possiede case per più di 500 milioni di fiorini, e il bando al tabloid pro-Fidesz Lokál, da sostituire con un foglio d’informazione indipendente.
Budapest si candida così a diventare per l’Ungheria ciò che Istanbul e Varsavia sono per Turchia e Polonia rispettivamente: un bastione di progressismo metropolitano in paesi guidati da “uomini forti” nazional-conservatori. Lo stesso Karacsony non si era sottratto al paragone con il neo-sindaco della città del Bosforo, Ekrem Imamoglu: “Istanbul ha votato contro un aggressivo potere illiberale, in molti sensi simile al regime di Orban”, aveva dichiarato per AFP.
Per il premier ungherese Viktor Orban è una sconfitta non solo simbolica. Come spiega il giornalista Szabolcs Panyi, i bilanci municipali sono infatti importanti in Ungheria per sostenere l’infrastruttura della campagna elettorale. L’egemonia elettorale di Fidesz – che ha vinto ogni elezione in Ungheria dal 2006, incluse municipali e referendum, soprattutto per via della frammentazione dell’opposizione – si basa proprio sulla capacità del partito di controllare le risorse amministrative per la campagna elettorale, attraverso sindaci e consigli comunali controllati da Fidesz.
Negli ultimi anni, uomini vicini ad Orban hanno gradualmente messo sotto controllo tutti i media locali ungheresi (giornali, TV e radio), principale fonte di informazione politica soprattutto per gli anziani e gli elettorali meno avvezzi alle nuove tecnologie, lo zoccolo duro dell’elettorato di Fidesz. Non sono mancate inoltre le denunce di voto di scambio – ad esempio con il trasporto organizzato ai seggi di “ungheresi all’estero”, specie dalla provincia ucraina della Transcarpazia. E tra gli elettori di Fidesz c’è certamente stato anche l’ex premier macedone Nikola Gruevski, a cui il governo ungherese ha garantito l’asilo politico dopo la sua rocambolesca fuga dalla giustizia di Skopje.
Già nel 2014 l’OSCE aveva descritto le elezioni ungheresi come “libere ma non eque”. E se nel 2014 Fidesz aveva ottenuto il controllo di 20 su 23 capoluoghi di contea, la presenza di candidati unitari ha permesso questa volta all’opposizione di evitare la débacle.
Ma opporsi al sistema di potere di Viktor Orban non è stato semplice: Karacsony ha dovuto stampare i suoi volantini elettorali in Slovacchia, poiché nessuna tipografia ungherese voleva correre il rischio. E nelle ultime settimane il tabloid ungheresi non si sono privati di contestabili scoop: Karacsony che parla male dei colleghi socialisti, Karacsony addirittura che distribuisce le dosi da un pacchetto di cocaina. Una tattica di kompromat mutuata da Vladimir Putin, secondo gli osservatori ungheresi.
Sul voto ha pesato anche gli scandali del sindaco di Gyor, Zsolt Borkai, invischiato tra sex-tape e accuse di corruzione. Perfino il sindaco uscente di Budapest Tarlos aveva invitato Borkai a ritirarsi, ritenendolo un peso per la propria stessa rielezione. Alla fine Borkai ha centrato la rielezione a Gyor con il 44%, ma è probabile che Orban gli chieda comunque un passo indietro nei prossimi giorni.
L’affluenza alle urne si è dimostrata più alta della media, oltre il 50%. La campagna elettorale di Fidesz è stata particolarmente leggera negli ultimi giorni prima delle urne: segno che Fidesz – che ha meno sostenitori in numero assoluto dei suoi rivali ma è più in grado di mobilitarli – temeva che una maggiore affluenza alle urne, specie nelle città, favorisse i candidati dell’opposizione, come è effettivamente avvenuto.
La sconfitta a Budapest per ora non è una minaccia vitale per Orban, ma dimostra come il suo sistema di potere non sia invincibile. L’Ungheria attraversa ora varia anni di calma elettorale – le prossime elezioni sono previste per il 2022. Tanto il regime quanto l’opposizione avranno tempo per riorganizzarsi. Orban potrebbe utilizzare la sua super-maggioranza per cambiare ulteriormente la Costituzione e marginalizzare le autorità locali, incluso tagliando loro i fondi. Anche per questo, nei giorni scorsi Karacsony era a Bruxelles a parlare con il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, per discutere l’accesso diretto delle autorità municipali ai fondi europei.
Foto: Reuters