Il 13 ottobre è tempo di elezioni amministrative in Ungheria, in una cornice inedita dove l’opposizione si presenterà compatta in (quasi) tutti i comuni, cercando di spezzare il monopolio arancione – colore della FIDESz – sul paese. Il rischio di un generalizzato ricambio di amministrazioni è alto, specie nella capitale Budapest, cuore pulsante del paese. Immediato il richiamo ad Istanbul, dove il candidato Binali Yıldırım, supportato da Erdogăn, è stato sconfitto nel marzo (e poi di nuovo nel giugno) di quest’anno da Ekrem Imamoglu.
Dietro qualche analogia, tante differenze
Lo stesso candidato di Budapest Gergely Karácsony (MSZP-P-DK-Momentum-LMP-MLP), ispira in qualche misura questo collegamento fra le due esperienze, ricordando le similitudini che legano i due governi; ad agosto, quando la campagna elettorale entrava nel vivo, il giovane sociologo si recava ad Istanbul proprio in visita da Imamoglu. Del resto, anche la loro storia politica presenta qualche analogia. Entrambi hanno maturato una certa esperienza nell’amministrazione locale, e entrambi sono partiti da una situazione di profondo svantaggio nei confronti dei rivali governativi, colmato nel tempo malgrado l’ostilità dei media.
Budapest tuttavia, al netto di queste analogie, non è Istanbul. Diversa è la sua storia politica, minore il peso che il sindaco ha negli affari nazionali. Diverso è anche l’uomo del potere da sfidare: mentre Imamoglu poteva scagliarsi contro Binali Yıldırım, uomo di partito e di apparato, lo sfidante di Karácsony è István Tárlos, sindaco uscente di Budapest, personalità stimata, che gode di una popolarità superiore persino a quella generale di FIDESz.
La battaglia per la capitale
Come già sottolineato, il vantaggio di Tárlos, convinto a ricandidarsi da Orbán in cambio di maggiori investimenti e di un futuro canale diretto con il primo ministro, si è progressivamente assottigliato, grazie alla dinamica campagna di Gergely Karácsony, sindaco rionale uscente di Zugló (distretto XIV). Da agosto il giovane sfidante ha presentato iniziative che hanno riscosso un certo interesse, come quella della petizione stadiumstop, che chiedeva la fine della costruzione di impianti sportivi nella capitale – attualmente vi sono due cantieri del genere solo nella capitale magiara – per destinare i fondi alla sanità. Una campagna alla quale il settantunenne sindaco uscente ha replicato con difficoltà, ribandendo i risultati positivi della propria amministrazione, ma soffrendo le mancanze di una comunicazione limitata ai media tradizionali.
Il confronto fra i due è poi ulteriormente complicato da due fattori: in primo luogo dall’incognita del voto dei residenti di cittadinanza non ungherese; un esercito di i 140.000 persone in possesso della lakcimkartya, profondamente disomogeneo nella sua composizione, di cui sarà difficile prevedere il comportamento elettorale. Dall’altro la presenza di due ulteriori candidati: Róbert Puzsér e Krisztián Berki. Mentre ci sono pochi dubbi sul fatto che il secondo, creatura della FIDESz per frazionare il voto, raccolga un risultato tutto sommato limitato (attorno all’1%), il primo ha un’influenza ben maggiore. Giornalista ed ex conduttore radiofonico, Róbert Puzsér sembra superare a destra il partito di Orbán e può condensare su di sé il voto dei delusi: probabilmente in misura sufficiente per alterare la corsa alla poltrona.
Le schermaglie
La campagna elettorale nel frattempo infuria a tutti i livelli, e miete vittime. La più celebre è senza dubbio il ricandidato sindaco di Győr, Zsolt Borkai (FIDESz), presidente anche del MOB, il comitato olimpico magiaro. In un blog, Ez az ördög ügyvédje (questo è l’avvocato del diavolo) sono state recentemente pubblicate le foto del politico in compagnia dell’uomo d’affari Zoltán Rákosfalvy mentre si intratteneva con delle escort su uno yatch. Un attacco al quale il partito di Orbán ha replicato invocando unità, e confermando la candidatura di Borkai nella cittadina magiara, dove verrà verosimilmente rieletto. Altri scandali sessuali hanno coinvolto candidati rionali di Budapest dell’opposizione, in particolare Tamás Wittinghoff e Imre László, mentre András Pikó, celebre conduttore radiofonico candidato come sindaco rionale del distretto VIII, si è visto confiscare il computer e quello dei suoi collaboratori dalla polizia, con l’accusa di aver collezionato dati in modo illegale.
Lo stesso errore?
Al di là delle differenze, un tratto sembra però collegare effettivamente le elezioni amministrative in Turchia e Ungheria: l’atteggiamento governativo. Esattamente come Erdogăn ha dato pieno appoggio al suo candidato, spendendosi personalmente per la sua campagna, così Orbán ha garantito il pieno sostegno ai propri, ricollegando in una lettera aperta alla popolazione il piano nazionale con quello locale. Il rischio di una “guerra partigiana” delle amministrazioni dell’opposizione contro il governo spinge gli uomini della FIDESz ad alzare la posta in palio in una personalizzazione della campagna che rischia di far passare in secondo piano i punti deboli dell’opposizione, composta pur sempre da partiti molto diversi fra loro e amalgamati alla meno peggio.
Un operato che rischia di nuocere, più che favorire i propri candidati.
Immagine: Balázs Attila / MTI