di Gabriella Cioce
Recentemente su svariati quotidiani sono apparse importanti informazioni relative alle trasformazioni geopolitiche riguardanti la Russia e il suo accesso al Mar Nero e al Mar Mediterraneo. Si realizza, dopo un anno di attesa, l’apertura ai mercati europei per mezzo delle acque territoriali turche del Mar Nero. La Turchia ha dato l’ok al passaggio sul proprio suolo del gasdotto italo-russo South Stream. South Stream era nato nel 2007 a seguito di una partnership tra Eni e Gazprom. Questa opportunità, chiaramente, ha avuto come riscontro lo sconto russo sul gas diretto in Turchia. Il gas attualmente viene pagato in dollari da Ankara e il dollaro è una moneta molto più forte della lira turca. Dal 2015 il South Stream permetterà di portare in Turchia 63 metri cubi l’anno di gas. Chissà se questo sconto, la cui entità non è stata resa pubblica, si percuoterà anche sulle bollette dei singoli cittadini turchi.
Nel mar Mediterraneo orientale, invece, vi è un sovraffollamento di navi da guerra. Una squadra navale russa ha ormeggiato, per la seconda volta negli ultimi due mesi, nella base di Tartus in Siria. La Russia ha già espresso più volte le sue criticità nei confronti del governo di Assad, ma evidentemente il rischio Nato in quelle acque è maggiore. Questa volta può essere decisivo salvaguardare gli equilibri regionali e di scacchiera. Nel caso libico, ad esempio, la Russia aveva dichiarato che si sarebbe impegnata per scongiurare un intervento straniero, ma la dichiarazione era stata verbale, essendo Gheddafi e la Libia lontane dagli obiettivi russi. La Russia non vuole sicuramente rinunciare al proprio ruolo in Medio Oriente, essendo tra l’altro il rapporto con la Siria una dei pochi rapporti consolidati nel mondo arabo.
Mosca e Damasco hanno un contratto per la fornitura di armi dal valore di quattro miliardi di dollari e gli investimenti russi in questa parte di mondo arabo raggiungono la cifra dei venti miliardi di euro a causa di una particolare azienda di idrocarburi. Inoltre, la guerra civile alle porte di Damasco e l’eventuale fine di Assad porterebbe anche portare difficoltà nel Daghestan – Repubblica della federazione Russa – dove in questi anni la Russia ha lavorato a lungo affinchè si ricomponessero i fragili confini moscoviti continuamente minati da tribolazioni etniche, religiose e tribali. Per queste acque meditarrenee però non solo vi è Mosca che ha portato sottomarini, flotte antiaeree, missili anti nave e navi da guerra in sostegno a un governo di Siria e in funzione anti potenze straniere ma vi sono anche una flotta statunitense potenziata in funzione antisiriana e pronta a intervenire non appena Washington o Tel Aviv decidano di colpire i siti iraniani.
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
bell’inghippo…magari ci troveremo una guerra marina la primavera prossima, tra navi russe e americane?