A Odessa è andato in scena ieri, 2 maggio, qualcosa per cui sarebbe inutile cercare aggettivi. Dall’eccidio di Odessa non si torna indietro, la crisi ucraina ha superato il suo punto di non ritorno. Tra le fiamme del palazzo del sindacato è bruciata viva quel poco di civiltà che restava. Gli opposti estremismi si sono guadagnati ormai identico attestato di barbarie. E la ferocia dei due schieramenti porterà il paese alla guerra civile. Quando tutto sarà finito gli studiosi potranno almanaccare le responsabilità del disastro che si avvicina: che sia colpa degli estremisti nazionalisti di piazza Indipendenza e delle loro pistolettate, oppure dei cecchini ancora senza nome che li uccisero; dei russi che hanno acceso la miccia del separatismo o del cosiddetto occidente che è andato a mettere le mani nella marmellata altrui, adesso non conta. Contano i 43 morti di Odessa e il loro testamento di sangue.
I fatti sono noti anche se già, da una parte e dall’altra, le opposte propagande giocano al rimpiattino della revisione. La moviola dei video, il processo alle intenzioni, e molto fumo ad avvolgere i crudi fatti: un corteo di sostenitori del governo ad interim di Kiev, composto da teppaglia comune, elementi vicini all’estrema destra e hooligans, si è scontrato con un corteo di filorussi. Tra questi ultimi, altrettanta teppaglia e molta gente comune. La polizia, dopo un blando tentativo di separare i due cortei, si è fatta da parte lavandosene le mani. I filorussi hanno avuto la peggio e si sono dispersi.
Al momento degli scontri quelli che non erano andati lì per menare le mani si sono allontanati. Tra i filorussi in molte decine (principalmente gente comune) hanno cercato rifugio nel palazzo del sindacato dove a quell’ora non mancavano i dipendenti regolarmente al lavoro. Il palazzo è stato circondato e dato alle fiamme dalle molotov lanciate dai nazionalisti. Il fuoco, divampato nei piani bassi dell’edificio, si è propagato rapidamente. Dentro, assediati e imprigionati tra le fiamme, donne, anziani, giovani, qualche teppista di sicuro. Ne sono morti 43, ma la cifra è destinata a essere corretta al rialzo. La polizia, di nuovo, ha lasciato fare e i soccorsi delle ambulanze sono arrivati quando ormai era troppo tardi.
I dettagli della vicenda sono e saranno oggetto di processo: il mancato intervento della polizia che significa? a chi obbedisce? chi si gioverà politicamente di queste morti? Una cosa è certa, sono morte persone disarmate, braccate, e poco importa se fossero facinorosi o persone comuni: conta che le bestie stavano fuori a esultare mentre dentro si moriva arsi vivi. C’è un limite in qualsiasi scontro ed è quello dell’umanità. Quando viene meno, quando la violenza cessa di essere finalizzata a uno scopo (quale che sia) e diventa orgasmo, piacere fine a se stesso, l’abisso è spalancato.
I due cortei erano pronti allo scontro e consapevoli di quanto sarebbe accaduto: bastoni e manganelli, scudi di metallo, persino pietre e mattoni fino alle immancabili bombe incendiarie, si contavano in entrambi gli schieramenti. Non era una passeggiata di salute, questo era chiaro per tutti. La voglia di sangue era evidente. Ma ci sono delle vittime e gli unici ad avere ragione, adesso, sono i morti.
Cos’altro dire? Tutto e niente. Quella Kiev che protestava pacificamente contro il despota, e che ci ha emozionato tutti, è un ricordo che sembra oggi lontanissimo. Poi è venuto il tempo dell’estremismo nazionalista e del suo tentativo, in parte riuscito e tutt’ora in corso, di influenzare tanto il governo ad interim quanto la città. Oggi sono ancora lì, sulle barricate, con i loro “comitati d’ordine” a minacciare la tenuta del fragile governo uscito da una piazza che non rappresenta: la gente voleva lavoro, diritti, non una guerra civile. Ma l’estrema destra ha fatto il gioco del Cremlino, radicalizzando lo scontro offrendo a Mosca una legittimazione per l’intervento in Crimea e in Ucraina orientale. La Russia, per coprire gli interessi economici che la muovono, ha anch’essa giocato con la bestia del nazionalismo: ma è una bestia che non obbedisce al padrone.
Oggi che la Russia ammette “non controlliamo più i separatisti” dopo avere per mesi affermato che non erano eterodiretti, viene da piangere. Oggi che il dado della guerra civile è tratto i burattinai si rendono conto di avere giocato troppo forte? E non solo i burattinai di Mosca ma anche di quelli di Washington, parimenti responsabili del disastro. E’ improbabile che un paese messo così possa andare alle urne il 25 maggio prossimo, ed è proprio questo lo scopo tanto degli estremisti di destra quanto dei separatisti russi. Senza elezioni sarà forse la guerra, quella risolutiva per i destini del paese nel secolo in corso. E i morti di Odessa saranno allora solo i primi della lista.
Foto: REUTERS/Yevgeny Volokin
Se le proteste del Majdan non fossero state egemonizzate dai fascisti, se il governo non fosse composto da fascisti che tollerano lo squadrismo che terrorizza il Paese tutto questo non sarebbe accaduto.
Intanto le proteste ad Est sono per maggiore autonomia, non sono proteste ‘separatiste’, certo con una tale situazione non mi stupirebbe se effettivamente diventassero separatisti.
Metterla sul piano degli opposti estremismi è scandaloso, sono i fascisti che sono arrivati dall’Ucraina occidentale in quella orientale, non il contrario.
Ma c’è ancora veramente qualcuno che crede che se non ci fossero stati i cattivi fascisti a Kiev, non ci sarebbero stati le proteste autonomiste/separatiste a est?
Fino a poco più di un mese fa il capo dello stato ucraino erano un russo etnico, e se non fosse stato talmente inefficiente e corrotto da farsi buttare fuori a calci (nemmeno i suoi “amici” russi hanno il coraggio di farlo vedere in giro…), sarebbe al suo posto a contare i milioni di dollari sottratti allo stato ucraino. Comunque fino a quel momento di separatismo non si era molto sentito parlare. Invece da un po’ di tempo Putin parla molto di DIRITTO dei russi di mettere il naso negli affari dei vicini, e molti in Europa preferiscono guardare dall’altra parte.
La responsabilità ultima di quello che sta succedendo in Ucraina è solo li: se di fascismo vogliamo parlare, lo si dovrebbe citare proprio con riferimento al regime putiniano e al suo “partito di truffatori e ladri”, che con il pretesto di proteggere i russi etnici ovunque nel mondo, si auto-autorizzano ad interferire negli affari dei vicini a loro insindacabile giudizio.
Il resto è solo fumo negli occhi.
La casa dei sindacati non la ha bruciata Putin, bensí i fascisti che venivano da Ovest, che la giunta di Kyïv sostiene.
E le vittime erano dei cittadini ucraini di lingua russa, bruciati vivi con la compiacenza di un governo fascista.
Al momento gli omicidi vengono perpetrati dalle squadracce di Banderovcy, inutile contrapporre i massacri dei fascisti ucraini con quelli che Putin potrebbe compiere in un eventuale futuro.
Mi spiace, ma sembra proprio che vogliamo mancare il punto essenziale e farci accecare da dolorose contingenze. Rifiuto la logica dei morti “più buoni” e quelli “meno buoni”, se no dove mettiamo i 100 e rotti morti di piazza Maidan? Qualche giorno fa a Donec’k un manifestazione di un migliaio di filoucraini è stata aggredita da 200/300 squadristi filorussi con mazze e catene: siccome gli ucraini erano disarmati, si sono presi un sacco di legnate ma non è successo (fortunatamente) di peggio: solo se ci scappano i morti “giusti” allora piange l’occhio “giusto”?
Quello che volevo sottolineare è che il comportamento della cricca putiniana viene da molto lontano: l’art. 61 della costituzione della Federazione russa prevede la “protezione” dei russi etnici anche al di fuori dei confini nazionali, un vero e proprio mandato morale! E non è un novità degli anni 90 del secolo scorso: nella costituzione dell’URSS c’era il famigerato art. 56 che “proibiva” le attività controrivoluzionarie in patria e all’estero, giustificando così i carri armati in Ungheria (1956) e in Cecoslovacchia (1968), e se vogliamo andare più indietro gli zar si erano autoproclamati protettori di tutti i popoli slavi e/o dei cristiani ortodossi nei Balcani e nell’Impero Ottomano. Hitler giustificava l’aggressione alla Cecoslovacchia con “i maltrattamenti” che i tedeschi dei Sudeti subivano ad opera delle autorità dello stato vicino. La musica non cambia, cambia solo il direttore d’orchestra.
Adesso siamo ormai alla farsa: le autorità russe dicono di non poter più “controllare” i loro scagnozzi in loco ( ma come non era completamente estranee ai moti spontanei e popolari nell’est dell’Ucraina?!?) e, prossima mossa, incocano candidamente sotto l’egida dell’Osce, una bella missione di “peacekeeping” (magari sotto l’egida dell’Osce !!!) prima che le teste calde locali e i cattivi fascisti se le diano di santa ragione. Et voila! les jeux sont faits!
Ancora con questi paragoni tra Putin e Hitler!!! Il problema dell’annessione del Sudeti non è il suo casus belli (le discriminazioni erano comunque reali), ma il fatto che sia stata fatta da Hitler, e siccome Hitler è la personificazione del Male tutto ciò che ha fatto è sbagliato. Anche noi, a nostro tempo, volevamo liberare Trento e Trieste dalla dominazione austro-ungarica: siamo forse paragonabili a Hitler? A questo punto si direbbe di sì. Il problema della storia è che viene scritta dai vincitori, non dai vinti. Se Hitler avesse vinto, quasi nessuno parlerebbe di Sudeti. Ogni 27 gennaio si tiene la Giornata della Memoria per le vittime dell’Olocausto, ma perché non si celebra una giornata per ricordare le vittime del genocidio (sì, è stato un genocidio) nativo-americano perpetuato dagli Stati Uniti durante la Conquista del West?
Ma per l’amor del cielo, Hitler era una persona tanto a modino…
Confesso che mettere assieme l’Irredentismo italiano, l’Olocausto o il genocidio dei nativi americani, mi sembra un po’ forzato, peggio voler fare di ogni erba un fascio e soprattutto, mi permetta, confuso e inconcludente. Poi il luogo comune che la storia la scrivono i vincitori, alla lunga giustifica tutto e il contrario di tutto.
Mi ero permesso di osservare che dietro quello che sta succedendo in Ucraina c’è la volontà revanscista di Putin di cancellare le conseguenze dello sfascio dell’Unione Sovietica e questo nell’alveo di una lunga e consolidata tradizione degli zar di tutti i colori: un imperialismo bello e buono, camuffato da “dolente ascolto” del “grido di dolore” di minoranze oppresse.
Affermare che un genocidio (quello dei nativi americani) è dimenticato, non rende i pogrom degli ebrei nella Russia zarista, il genocidio degli Armeni nell’Impero Ottomano o lo sterminio dei rom e sinti nei lager nazisti meno tragici o veri. Oppure no?
Ovviamente non intendevo assolutamente fare dell’apologia del nazismo, intendevo soltanto contestare l’atteggiamento di chi, magari inconsciamente, critica qualcosa a priori solo perché l’ha fatta qualcuno e non qualcun altro. Se l’annessione del Sudeti l’avesse fatta anche Bismarck (che pure era un imperialista coi fiocchi), nessuno avrebbe paragonato la Crimea al Sudeti. E il paragone non era tra l’irredentismo italiano e l’Olocausto, bensì tra l’irredentismo italiano e quello tedesco. Dopotutto non dobbiamo dimenticarci che i metodi usati dal regime fascista nei confronti delle minoranze di lingua slava dell’Istria hanno aperto la porta alle foibe…
Per quanto riguarda il revanscismo di Putin, questo non lo nego, come non nego che la Russia sia sempre stato un Paese imperiale. Tutti i più grandi Zar sono stati anche degli imperialisti, da Ivan il Terribile a Pietro il Grande. Però dire che il “grido di dolore” delle minoranze oppresse era solo un metodo per mascherare imperialismo allo stato brado è ingiusto oltre che incorretto. Il malcontento di molte minoranze cristiane era reale, e se Serbia, Bulgaria e Armenia sono ancora oggi molto grate alla Russia un motivo c’è. Così come un motivo c’è se i soldati russi, in Crimea, sono stati accolti come dei liberatori.
Certo i soldati russi saranno stati anche accolti in Crimea come “liberatori” dai russi etnici, però a meno di un mese ci sono già notizie di discriminazioni nei confronti dei tartari (tanto, poveretti, ci sono abituati…) degli ucraini rimasti, dei grecocattolici (bollati come spie del Vaticano e di Kiev).
Già perché non tutte le “minoranze cristiane” sono buone: gli Zar proteggevano solo gli ortodossi e solo quegli ortodossi che accettavano la benigna “influenza” di Mosca. Il cesaropapismo era una linea guida dell’ideologia zarista: e la “protezione” degli ortodossi era più in funzione anti ottomana e di penetrazione politica, che sincera attenzione nei confronti del libero esercizio di una confessione religiosa.
E qui torniamo al punto: non tutti gli strumenti dell’attuale autocrate del Kremlino sono moneta falsa o vuote parole d’ordine: da perfetto illusionista sfrutta qualsiasi elemento che gli possa tornare utile, e tocca spregiudicatamente le corde più riposte dell’animo del suo popolo, ma tutto questo a sostegno di una politica sempre più autoritaria, revanscista, ultranazionalista e (purtroppo) guerrafondaia.
La situazione in Crimea è un pò più complessa. Molti degli Ucraini etnici che vivono in Crimea è in realtà gente abituata a percepirsi come “diversamente russa”, più che come specificamente ucraina. Coloro che subiscono discriminazioni sono soprattutto quelli che provengono dalla terraferma e che talora sono visti come “banderovcy”, ma alla fine questo accade perché c’è una guerra. In ogni caso, questo sentimento è ricambiato. Gli Ucraini che vivono in Russia oggi sono considerati quasi come dei “traditori” dai loro connazionali! (lo so perché fino a qualche giorno fa mi trovavo in Russia).
Sui Tatari di Crimea, poi, il problema non nasce con l’annessione della Crimea, ma con il loro ritorno in patria dopo le persecuzioni staliniane. Il governo ucraino non li ha mai riabilitati (e, di conseguenza, le proprietà perse a seguito delle deportazioni non sono mai state restituite né indennizzate) né è mai venuto incontro alle loro richieste di autonomia, limitandosi a forgiare un’alleanza coi leaders del Mejlis (Dzhemilev in primis, che ora è deputato per Bak’tivshchyna). Che, naturalmente, hanno accettato sia per le loro ambizioni personali, sia perché “il nemico del mio nemico è mio amico”: poco importa se molti Tatari vivono ai margini della società. E oggi, tra loro, non manca chi è pronto ad accordarsi con il Cremlino.
Per quanto riguarda l’Impero Ottomano, va anche detto che, all’inizio dell’Ottocento (ossia quando la Russia si autoproclamò protettrice delle minoranze cristiane della Sublime Porta), quasi tutti i Cristiani dell’Impero erano Ortodossi. L’Ungheria era stata liberata più di un secolo prima, mentre per i Maroniti (Cattolici orientali) poté fare ben poco perché, dopo la Guerra di Crimea, il titolo di “protettrice delle minoranze cristiane” passò alla Francia. Che, dopo la Prima Guerra Mondiale, creò il Libano proprio come Stato nazionale degli Arabi Cristiani.
Per l’appunto: la Crimea (nel suo piccolo) è un coacervo di passato e presente molto variegato e poco restio a farsi “fissare” su parametri etnici, sociali e storici, che magari proprio gli attori locali possono sentire “stretti” o addirittura superati.
Siamo proprio sicuri che questo “ritorno” alla Madre Patria Russa” non sia un appiattimento un ritorno al passato, alle divisioni (necessariamente) nette e manichee? Di qua i russi (I BUONI= I DEMOCRATICI=I POPOLARI) di la tutti gli altri (I CATTIVI= I FASCISTI=I VENDUTI ALLE DEMOPLUTOCRAZIE OCCCIDENTALI). La deriva autoritaria putiniana sempre più evidente, il deliberato scivolamento dal patriottismo all’ultranazionalismo, il ripiegarsi sule grandezze passate sono tutte componenti di un cocktail che già mi sembra mefitico in Russia, non parliamo nella sua versione per l’esportazione.
La Russia, quando la Jugoslavia si dissolse proprio su basi etniche, tuonò e si stracciò le vesti MA all’inizio della crisi della Crimea sbandierò il precedente del Kossovo per giustificare il suo intervento. Ora le veline della propaganda del Kremlino ritornano a grondre di diritti alla autodeterminazione su basi etniche! La Russia (o la sua attuale dirigenza politica/ideologica), forse l’ultimo impero sopranazionale (più del 20% degli abitanti della Russia non è russo etnico) e transcontinentale, sta imboccando una strada che guarda più al passato che al futuro, sognando l’Eurasia. Magari i vicini, russofoni o no!!!, vorrebbero percorre altre strade.
Il discorso della Chiesa Ortodossa in Russia è fuori. mi permetto di insistere, è un po’ più complesso, il Patriarcato di Mosca assomiglia sempre più al Ministero del Culto di epoca zarista. In Crimea chi si lamenta di più è il l’Arcivescovo Kliment di Simferopol, della Chiesa ortodossa Ucraina, non in comunione col Patriarcato di Mosca, chiesa nata in Ucraina dalla separazione dalla chiesa ortodossa di obbedienza moscovita di fedeli russi etnici o russofoni. Il vescovo si lamenta del passaggio forzato di alcune sue parrocchie alla chiesa “ufficiale” russa… La normalizzazione avanza.
E non parlo della sorte dei fedeli della Chiesa autocefala Ucraina, quella rinata nel 1921, e neppure dei grecoattolici, perseguitati comunque. Con loro la Russia degli Zar, l’Unione sovietica o la Federazione russa si sono comportati esattamente nella stessa maniera
I morti di piazza Majdan non sono stati fatti da Putin, bensí dalla polizia dello Stato UCRAINO, quindi la responsabilità è semmai del presidente ucraino.
Il fatto è che ci sono persone per le quali i crimini della Russia del passato giusitificano qualsiasi forma di violenza, finanche il bruciare vive delle persone, visto che è sicuramente l’innocente reazione a qualche crimine russo del passato. Se domani un francese uccide un italiano mi aspetto che lo si giustifichi con lo sterminio dei galli attuato da Cesare!
C’è più di qualche dubbio su chi fece tutti quei morti a Maidan. Brevissimo documentario della tv tedesca coi sottotitoli in inglese: qualcuno deve spiegare com’è possibile che i berkut sparassero alle spalle dei manifestanti dall’albergo Ucraina, che era il quartier generale dei manifestanti stessi e di Pravy Sektor in particolare:
E’ chiaro che, come sempre, ognuno tira quei disgraziati di morti dove più gli interessa. Cercare la VERITA’ rischia di diventare uno esercizio fine a se stesso: mai sentito parlare di infiltrati, provocatori, hooligans, doppiogiochisti, teste calde, invasati religiosi o cinici esaltati pronti a far fuori i propri per aizzare l’odio e la divisione?
Odessa, nonostante la grigia cappa di settant’anni di socialismo reale, non può in alcun modo definirsi etnicamente “russa”, non lo è mai stata: fondata nel settecento e popolata faticosamente da gente da tutta Europa, covo di miscredenti, marinai, mercanti e contrabbandieri, i russi “per bene” ci andavano malvolentieri e solo per servizio. Certo se poi la polizia, stranamente assente o blandamente filorussa, non fa nulla o peggio lascia passare, ai blocchi interno alla città, interi pullman di filorussi con bandiere e striscioni in bella vista, ecco che compaiono manifestanti di tutti i tipi.
Purtroppo, tutto punta in una sola direzione: più aumenta l’insicurezza, i morti, i disordini, più tutti saranno pronti ad accogliere con sollievo i carri armati di Putin, gran burattinaio che cinicamente aspetta che la mela cada nelle sue mani.
Infatti l’etnia non c’entra assolutamente nulla, erano semplicemente oppositori del regime.
Tra di essi anche alcuni attivisti dell’organizzazione di sinistra Borotba [www.borotba.org], contraria a qualsiasi intervento russo cosí come a qualsiasi forma di nazionalismo, e la quale all’inizio partecipò alle proteste contro Janukovyč, finché non si rese conto che l’egemonia dei gruppi neofascisti impediva di fatto l’agibilità politica della protesta per i gruppi progressisti.
Giusto: la realtà politica e sociale in loco è molto più variegata e complessa di quanto gli osservatori da fuori riescano a cogliere o siano disposti ad accreditare.
Ma non preoccupiamoci troppo: presto arriveranno i carri armati di Putin e ci penseranno loro a “normalizzare” ed “uniformare” tutto e tutti.
A qualcuno potrà interessare sapere che nella teste’ riunificata e ri-russificata Crimea sono riprese le discriminazioni nei confronti dei tartari, accusati di essere dei traditori, e dei cattolici uniati, “notorie spie” del Vaticano e di Kiev.
In Ucraina, secondo le stime, vivono dai 5 agli 8 milioni di russi.
Non hanno forse il diritto di difendersi dalla follia neo-fascista degli ”amici” di svoboda e pravi sektor??
Vergogna! Vergogna! Vergogna!
Nel ventunesimo secolo bruciare vive le persone! Sparare a quelli che cercano di fuggire dalle finestre! Picchiare coi bastoni i feriti ustionati e mettere con orgoglio in rete le proprie “gesta eroiche”. La colpa delle vittime era … non essere d’accordo con il governo…
E’ impressionante! Sono gli stessi metodi dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, si, loro bruciavano popolazione civile in Ucraina occupata chiudendoli negli edifici. A chi si ispirano i nazionalisti ucraini?
”CIVILI E DEMOCRATICI” stati occidentali! Aprite gli occhi! Fate qualcosa!
O preferite anche in questo caso accusare la Russia???
Il solito doppipopesismo morale dei moralizzatori dell’Occidente. L’articolo è un saggio vergognoso di equilibrismo, che tenta con la vecchia solfa degli opposti estremismi di tacitare lo scandalo morale che, invece, i cultori delle democrazie occidentali digeriscono così bene quando a crepare non sono “i martiri della libertà di Maidan”, ma i presunti nemici dell’occidente. Non avrei mai pensato che East Journal arrivasse a questo livello, fingendo di non chiamare quello che avviene in Ucraina per quello che è, è accodandosi alla propaganda degli amici UE e Nato. E non mi risulta che nemmeno i media occidentali si siano scandalizzati più di tanto per l’eccidio, mentre ricordo i toni da tragedia ad ogni intervento della polizia a Maidan. Ma non bisogna sorprendersi: dietro la difesa della democrazia occidentale c’è il più barbaro, falso e corrotto moralmente imperialismo che la storia ricordi. Alemo gli altri avevano il coraggio di farsi chiamare per quel che erano; non avevano la pretesa di essere anche moralmente superiori. Condoglianze alle famiglie dei morti di Odessa.
Per Gian Angelo:
Guarda, a me sembra che la divisione netta e manichea sia tra l’Occidente portatore di pace, democrazia, progresso e diritti umani e la Russia portatrice di imperialismo, autoritarismo, sciovinismo e passatismo. Se leggi gli articoli di certi giornali americani, non avresti alcun dubbio in proposito. Riguardo ai russofoni e agli altri, così come c’è il diritto di allontanarsi dalla Russia, c’è anche quello di volerci restare. Il precedente del Kosovo è utilizzabile anche in senso opposto: perché l’Occidente ha riconosciuto l’indipendenza al Kosovo, dove non c’era stato neanche un referendum (o meglio c’era stato, ma nel 1991, ossia 17 anni prima!!!), ma in Crimea ha sbandierato il principio dell’integrità territoriale dell’Ucraina? Quello che ha fatto l’Occidente è più grave di quello che ha fatto la Russia perché, se è chiaro che il Cremlino fa solo i suoi interessi, l’Occidente si erge a guida morale per il mondo intero. Obama ha mandato due lesbiche a Sochi “per rappresentare la diversità che gli Stati Uniti costituiscono”… perché a questo punto non si fa rappresentare da un ministro gay in Arabia Saudita? O non regala un dvd di Milk al Re Abdullah? La Russia non è senza peccato, certamente, ma vedendo queste cose non ti viene da dire che Obama è un fariseo, che è anche peggio che essere un peccatore perché al peccato si aggiunge l’ipocrisia?
Per quanto riguarda il ruolo della Chiesa ortodossa in Russia, ti dò ragione. Però ti vorrei segnalare una delle prime mosse dell’Ucraina indipendente: la creazione di un Patriarcato di Kiev. Se l’obiettivo era semplicemente quello di staccarsi da Mosca, ci si poteva legare a Costantinopoli, che non è legata a nessuno Stato. Come il Vaticano. Invece è stata creata una Chiesa nazionale. Il problema è che, nel mondo ortodosso, Dio e Cesare non sono separati.
Sull’obsolescenza delle ambizioni eurASIATICHE della Russia, invece, mi trovo costretto a dissentire. Ciò che per la Russia è fuori tempo, al contrario, è continuare a guardare solo o quasi esclusivamente verso l’Europa, come ha fatto dall’epoca di Pietro il Grande a questa parte. Nel Settecento l’Asia era in declino, mentre l’Europa, grazie anche alla scienza e alle scoperte geografiche, aveva un grande futuro davanti a sé, e per di più la Svezia e la Polonia erano in declino. Costruire San Pietroburgo e integrarsi nelle beghe dinastiche del Vecchio Continente è stata senza dubbio una mossa saggia. Ma la Russia non è completamente europea dal punto di vista culturale. La Russia di Pietro il Grande era molto più simile alla Francia del Re Sole di quanto la Russia di Putin non lo sia alla Francia di Hollande, eppure già allora le differenze c’erano. Ora da un lato le prospettive di integrarsi nelle strutture europee sono minime (eppure, a mio avviso, ne avremmo da guadagnare… last but not least, la riduzione della sudditanza agli Yankees), mentre le poste in gioco si trovano soprattutto in Asia. Definirsi “eurasiatica”, per la Russia, non è affatto fuori tempo, perché le consente di rafforzare i suoi rapporti con l’Asia senza tagliare completamente i ponti con l’Europa.
Non credo di aver mai affermato che l’”Occidente” sia senza peccato ma, ripeto, eventuali aspetti negativi di una parte non giustificano simili o peggiori comportamenti dell’altra.
Alla (velata) accusa di leggere (solo) giornali americani, potrei rispondere che se si considerano (solo) le veline del Minculpop moscovita, si rischia di prendere lucciole per lanterne (magari in buona fede, magari senza accorgersene).
E’ solo una questione di punti di vista: se pensiamo che la Russia di Putin abbia il diritto di “rettificare” non solo la situazione creatasi con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ma anche di fare i conti con l’eredita dei duecento anni precedenti, e questo a spese dei vicini, dei popoli fratelli, delle parti dell’ex impero sovietico, in nome degli interessi “superiori” della Madre Patria (quella russa, s’intende) e con ogni mezzo. allora tutto è coerente e giusto.
Se il punto di vista è quello di uno dei tanti “vasi di coccio” (Ucraina, Moldovia, repubbliche baltiche, Finlandia, Khazakistan, Georgia …) a cui è capitata la sfortuna di essere sulla strada prima dell’imperialismo zarista/sovietico e adesso del revanscismo putiniano, ecco che la percezione delle magnifiche sorti progressive nel seno di una vicina matrigna, possa non essere così simpatica.
E il fatto che i poveri vasi di coccio viaggino non con un solo vaso di ferro, ma con due (o più), non penso sia una particolare consolazione! Comunque ci si può permettere di affrontare (forse) un carro armato alla volta e sicuramento quello più vicino è quello più pericoloso.
Che poi i destini o il futuro della Russia siano più a est o più a ovest, mi sembra un argomento piuttosto dibattuto anche all’interno della “Federazione” russa e soggetto a pareri anche molto contrastanti.
Circa il discorso sulle chiese ortodosse, confesso che non mi chiaro: il Patriarca di Costantinopoli è un figura poco più che simbolica, che ha trovato una sua collocazione nel dialogo ecumenico: nell’Impero Ottomano era un funzionario della Sublime Porta, nella Turchia moderna sono rimasti ben pochi fedeli.
Nel mondo ortodosso l’idea di fare riferimento a lui suonerebbe alquanto bizzarra. Nei suoi confronti nemmeno l’Arcivescovo di Atene va più in la di una formale cortesia, a Mosca poi conta meno del caudatario del Patriarca.
La chiesa ortodossa autocefala ucraina rinasce nel 1921, negli stessi anni del patriarcato moscovita (abolito da Pietro il Grande nel 1721 e ristabilito solo nel 1917). Nel 1993 la comunità ortodossa (in maggioranza “russa”) in Ucraina si divise fra una fedeltà alla comunione con Mosca e quanti preferivano l’autonomia, anche in questo campo.
Ultima notazione, forse gli USA non manderanno un ambasciatore gay in Arabia Saudita, però mandarono un irlandese cattolico quale ambasciatore a Londra (Joseph P. Kennedy, Sr., 1938-1940)… qualche giorno fa una sparuta manifestazione LGBT a Mosca è stata legnata prima da fondamentalisti ortodossi e poi dalla polizia.
Forse mi sono spiegato male. Io non volevo accusarti di leggere solo stampa americana ideologicamente orientata contro la Russia. Avrei dovuto scrivere “Se LEGGESSI” anziché “se leggi” gli articoli di certi giornali americani, non avresti alcun dubbio in proposito. Mea culpa.
Sulla questione dei punti di vista, però, ne va aggiunto un altro: la questione delle minoranze russe (o non-russe, ma comunque orientate verso la Russia in base alla logica secondo cui “il nemico del mio nemico è mio amico”, come è accaduto in Georgia) è reale. In Lettonia e in Estonia, ad esempio, il russo è parlato come lingua madre da più di un quarto della popolazione. Se fai un viaggio a Tallinn o a Riga, il russo ti può ancora tornare utile visto che non tutti conoscono l’inglese (sebbene è comunque preferibile usare la lingua di Shakespeare, specie coi giovani). Eppure, malgrado questo, il russo non ha nessun riconoscimento a livello ufficiale, neanche come lingua minoritaria. Anzi, secondo le leggi sulla cittadinanza, chi è arrivato dopo il 1940 può ottenere la cittadinanza estone o lettone solo dopo aver passato un esame nella lingua locale. Se il fine è questo, l’uso di pressioni diplomatiche da parte della Russia è giustificabile. Come sarebbero giustificate delle eventuali pressioni diplomatiche da parte dell’Austria o della Germania se un giorno decidessimo di togliere al tedesco lo status di seconda lingua ufficiale nel Sudtirolo. Un conto è dire che ciò che ha fatto Putin in Crimea e nel Donbass sia discutibile, o che il “diritto all’impero” non esiste, un conto è dire che non dovrebbe fare niente perché se no è imperialismo. Anche l’Ungheria, la Romania e la Bulgaria hanno protestato contro l’abolizione della legge sulle lingue regionali in Ucraina: nessuno ha accusato Orban o Basescu di imperialismo.
Ciò che intendevo dire della Chiesa Ortodossa è che, a differenza di quella Cattolica che è universale, è divisa in una moltitudine di Chiese nazionali. Il cesaropapismo non è una “piaga” solo della Russia, ma di tutto il mondo ortodosso che per questo manca di una sua coesione. Il Patriarcato di Costantinopoli non ha potere su quello di Mosca (o di Kiev, o di Serbia, o di Romania…) semplicemente perché si tratta di due Patriarcati distinti. E, se non erro, Cirillo e Bartolomeo I non sono neanche in buoni rapporti. Il problema è che, nel mondo ortodosso, il fine della Chiesa è anche quello di servire lo Stato. Ed è anche per questo che Kiev ha creato la propria Chiesa ortodossa anziché sottomettersi a una Chiesa “neutrale” come quella di Costantinopoli (alla quale, peraltro, è soggetta anche la Chiesa Ortodossa Italiana).
Riguardo ai gay, poi, c’è un’enorme differenza tra il mandare qualcuno all’estero in quanto persona autorevole o rappresentativa ma che nel contempo è anche gay (o irlandese, o musulmano, o buddista… non importa), un conto è il mandarlo solo per provocare. Non credo che nel 1938 gli States abbiano mandato Kennedy (che peraltro è nato a Boston, e quindi è solo DI ORIGINI irlandesi) per provocare la Gran Bretagna sulla causa dei Cattolici dell’Ulster, mentre mandare una tennista lesbica a Sochi (seppur campionessa indiscussa) era palesemente una mossa fatta a fini provocatori. Lo ha detto lo stesso Obama. E poi, ti scongiuro, risparmiami la rassegna stampa di Radio Free Europe… Sai che in Arabia Saudita e in Qatar i turisti gay dichiarati non vengono neanche ammessi? E che i gay nazionali li condannano a morte (http://en.wikipedia.org/wiki/File:World_laws_pertaining_to_homosexual_relationships_and_expression.svg)? Prima di demonizzare la Russia sui gay, pensiamo un pò a questo che mi sembra più grave… E penso che anche tu sia d’accordo.
Mi spiace deluderla, ma non seguo abitualmente Radio Free Europe, comunque il fatto che in Arabia Saudita, o in altri “illuminati” paesi la gente venga punita per i suoi orientamenti sessuali non giustifica le bastonate russe. O si diventa oscurantisti e biechi reazionari solo dall’amputazione di un arto in su?
Io non demonizzo nessuno: il regime di Putin, ogni giorno di più, manifesta i suoi caratteri illiberali, autoritari, revanscisti e imperialisti.
Circa poi il problema delle minoranze russe o russofone, a questo punto, mi sembra manchino un paio di considerazioni di base. La composizione etnica delle provincie baltiche (ma questo discorso vale per tutti i territori ex sovietici e non solo in Europa, ma anche per il Kazakistan e parti della Siberia) non è il prodotto “storico” di successive stratificazioni etniche/culturali, bensì il risultato scientemente voluto di una politica di russificazione coatta perseguita dalla dirigenza russo-comunista dal 1945 fino al 1985.
Con il patto Molotov-Ribbentrop (23 agosto 1939, dieci giorni prima dell’aggressione nazista alla Polonia) Stalin e Hitler definirono le rispettive “sfere di influenza” e da quel momento tra epurazioni di “fascisti”, “collaborazionisti” e “nemici del popolo”, deportazioni di massa e immigrazione forzata di russi etnici da altre regioni dell’Unione Sovietica, si è cercato deliberatamente di annacquare le nazionalità “sospette” o meno desiderose di russificarsi.
Certo che molti degli abitanti degli stati baltici (e delle altre zone citate, Ucraina compresa) parlino ancora il russo: il russo era la lingua del potere, del Partito, della burocrazia, dell’educazione superiore, chiunque volesse fare carriera o aveva rapporti con la capitale dell’impero doveva parlarlo! Come adesso è la lingua della memoria, della nostalgia, del rimpianto e del “come si stava bene allora”.
La seconda considerazione, riguarda l’uso o meglio l’abuso che molti dittatori hanno fatto e fanno delle rivendicazioni di questa o quella minoranza. Mi spiego: le lamentele dei tedeschi dei Sudeti potevano essere giuste o fondate, purtroppo la fine del nazismo ha comportato l’espulsione di 3 milioni di abitanti di lingua tedesca da quelle regioni (oltre a quella di altri 12 milioni dalla Prussia, Pomerania e Slesia come di molti altri dalla Transilvania fino al Volga). Hitler aveva usato spregiudicatamente la loro presenza come grimaldello nei confronti dei vicini: un pretesto per mandare i carri armati
Detto questo è quantomeno comprensibile che estoni, lettoni, lituani, moldavi, georgiani e kazaki siano piuttosto sospettosi della vera natura delle intenzione dei vari “separatisti” e abbiano la tendenza a riconoscervi la lunga mano del Cremlino.
Circa la Chiesa Ortodossa, Lei ben ricorda che di fatto si tratta di chiese organizzate su base nazionale, anzi etnica, ma allora perché solo gli ucraini avrebbero dovuto farne a meno e riferirsi ad una realtà “neutra”: non bisognava dare un dispiacere al Patriarca di Mosca?
Il discorso sulle “Chiese Ortodosse Italiane” ci porterebbe molto lontano, tante sono le “sottomissioni” e le “autocefalie”, comunque anche il Patriarcato di Mosca ha sue parrocchie in Italia, come la Chiesa russa dell’emigrazione, quella serba, bulgara, rumena, ucraina, copta, armena, etiope, eritrea ecc.
Ma guarda che era una battuta… e comunque forse non hai colto bene la questione. Il punto qui non è il trattamento dei gay, bensì i DOPPI STANDARD OCCIDENTALI. Se Obama contesta Putin per aver vietato i gay pride e l’insegnamento della teoria del gender, per coerenza dovrebbe radiare l’Arabia Saudita dal novero dei Paesi civili! O no? E comunque basta coi gay. Parliamo di cose serie.
Per quanto riguarda le minoranze russe, qualora quello che dici sulle minoranze russe fosse vero (e comunque ci sono delle imprecisioni, visto che in Estonia e in particolare in Lettonia le minoranze russe c’erano già, sebbene solo in Lettonia superassero il 10% della popolazione, in epoca sovietica le emigrazioni volontarie – o comunque non forzate – erano tutt’altro che assenti e c’è una differenza tra russificazione e sovietizzazione… altrimenti Solzhenicyn non dovrebbe essere un nazionalista russo), la cosa sarebbe ancora più grave, visto che al danno si aggiungerebbe la beffa. Come in Kazakistan nel 1979 quando la popolazione locale si oppose all’istituzione di una Provincia Autonoma dei Tedeschi nei pressi dell’attuale Astana. Qualcuno di loro chiedeva addirittura ai Tedeschi di “tornare a casa loro”. Quando si trovavano in Kazakistan in quanto deportati!
Per quanto riguarda la Chiesa Ortodossa ucraina, se non voleva dare un dispiacere a Mosca… doveva semplicemente restare con Mosca.
Non avrò colto il punto, ma i DOPPI STANDARD OCCIDENTALI non rendono le BASTONATE RUSSE meno bastonate.
Russificazione e sovietizzazione SONO la stessa cosa. Lo dimostra il fatto che il famigerato art. 57 (soppressione delle attività controrivoluzionari/antisovietiche anche al di fuori dei confini dell’URSS) della costituzione della URSS è diventato l’art. 61 della costituzione della Federazione russa: tutela e protezione delle minoranze russe anche qualora si trovino al difuori della Federazione. Mi consenta, questo è il punto: la minoranze russo oggi sono gli strumenti del revanscismo putiniano, come allora era il richiamo ad una ortodossia ideologica e politica, il tutto comunque vissuto come necessaria difesa CONTRO l’esterno.
Solzhenicyn era un nazionalista russo, di più era un tradizionalista in campo religioso e un conservatore in campo politico. La sua accusa principale all’ideologia sovietica era la sua inadeguatezza nel promuove la grandezza della tradizione russa, la pretesa di “addobbarsi” di strumenti ideologici “occidentali” e laici per “modernizzare” una realtà perenne e per sua natura immutabile.
Non credo di rivelare niente di particolarmente scabroso, ma in Russia esiste tutto un sottobosco di movimenti fascisti, parafascisti, ultranazionalisti e xenofobi non certo secondi a quelli tedeschi, francesi, italiani o ucraini.
Se di danno oltre la beffa dobbiamo parlare, beh direi che sono proprio i lettoni, gli estoni ecc. che dopo aver subito cinquant’anni di politica di delegittimazione culturale e russificazione forzata (mi consenta ma in uno stato ad economia pianificata, non c’è posto per emigrazioni “volontarie”….) che si troverebbero in una situazione di sovranità LIMITATA dalla possibile ed insindacabile minaccia di intervento del VICINO (Anschluss della Crimea insegna).
I fedeli ortodossi in Ucraina che sono rimasti fedeli a Mosca, lo hanno fatto (ed ora ne godono i benefici…) quelli che hanno scelto diversamente, ora ne pagano le conseguenze, insieme alla maggioranza della popolazione ucraina.
Invece cambia. C’è un’enorme differenza tra l’intervenire in (metti il nome di un Paese africano precedentemente sconosciuto al 90% delle persone) per sostenere un qualche movimento di liberazione popolare e l’intervenire a sostegno dei diritti delle PROPRIE minoranze. Il diritto all’impero non esiste, quello di fare pressioni contro uno Stato che viola i diritti delle proprie minoranze sì. Anche perché, in Estonia e in Lettonia, le violazioni sono reali. Con ciò non dico che la Russia dovrebbe invadere la Latgallia o la contea estone di Ida-Virumaa (anche perché non sarebbe nel suo interesse), ma delle pressioni diplomatiche sarebbe a mio avviso giustificate. Che poi dietro a tutto ciò ci sia anche un certo revanscismo, questo è un altro paio di maniche. Però ritengo alquanto discutibile fare i difensori dei “diritti dei popoli” quando si parla del Tibet, dei Paesi Baschi, della Catalogna o di qualche popolazione indigena dell’Africa o del Sudamerica e difendere i diritti degli Stati quando si parla invece dei Russi e dei Russofoni dello spazio ex-sovietico o dei Serbi del Kosovo.
E comunque, ti sembrerà strano… ma le migrazioni non forzate esistevano anche nell’Unione Sovietica. I partecipanti alla Campagna delle Terre Vergini, ad esempio, erano volontari.
Si, mi risulta molto strano! Difatti proprio la Campagna delle Terre Vergini trasferì nei primi anni cinquanta del secolo scorso circa 300.000 russi in zone scarsamente abitate della Repubblica Sovietica del Kazakistan, alterando sensibilmente e stabilmente la composizione etnica della regione. Oggi i russi rappresentano circa il 24% della popolazione (più di 3 milioni su 14). Fu una campagna pianificata e voluta da Chruščёv finalizzata allo sfruttamento di vaste aree incolte nelle steppe del Kazakistan settentrionale e dei monti Altai, ma che ha avuto come effetto “secondario” (voluto o meno) di creare una sostanziosa minoranza etnica. Probabilmente non hanno usati i carri bestiame per i trasferimenti, ma per contadini che non possedevano un palmo di terra da dove venivano o dove sarebbero andati, mi spiega come potevano scegliere “liberamente” o “volontariamente” di andarsene o di venire!
Per il resto, mi consente, credo di aver perfettamente capito il suo punto di vista. Obama (e i suoi tirapiedi europei) è un cattivone, doppiogiochista e dalla moralità a due binari: è il “difensore dei “diritti dei popoli” quando si parla del Tibet, dei Paesi Baschi, della Catalogna o di qualche popolazione indigena dell’Africa o del Sudamerica mentre difende i diritti degli Stati quando si parla invece dei Russi e dei Russofoni dello spazio ex-sovietico o dei Serbi del Kosovo”.
Mentre (il corollario è mio) Putin (e tutti i precedenti inquilini del Cremlino), da vero amante della pace è mosso solo da sincero amore per i poveri fratelli russi perseguitati dai governi fascisti degli stati vicini, sicuramente venduti agli yankees, agli euroburocrati o alla cricca dei banchieri giudocapitalisti.
Quello che mi ha particolarmente colpito sui media russi (e non parlo dei pennivendoli del regime, ma anche di giornalisti non sempre proni alla propaganda ufficiale) è stata la sincera sorpresa, l’incapacità di accettare che i “fratelli” ucraini non fossero entusiasti di ritornare finalmente in seno alla Madre Patria russa. L’Holodomor, uno dei tanti genocidi del secolo scorso (e che costò al popolo ucraino non meno di 7 milioni di morti) per i trombettieri del revanscismo russo sembra non esserci stato.
Come vede, Lei è in buona compagnia.
Senta, a questo punto chiudiamo il discorso, perché potrebbe essere molto lungo e non porterebbe a niente. Però vorrei dire alcune cose in risposta a quanto mi ha scritto:
1) Anch’io credo di aver capito il Suo punto di vista. L’Unione Sovietica prima e la Russia poi sono l’Impero del Male, e quindi qualsiasi cosa abbiano fatto è sbagliata in linea di principio. E non c’è bisogno di aggiungere altro. Se le basi sono queste, fare un ragionamento è quasi impossibile, perché diventa difficile anche solo fare un’analisi dei fenomeni sociali che hanno investito l’URSS prima e l’Eurasia ex-sovietica dopo non limitata alla dicotomia oppressori-oppressi (Le ricorda qualcosa?). Potrei consigliarLe di leggere Peopling the Russian Periphery a proposito della Campagna delle Terre Vergini, ma so già che sarebbe inutile. Guardi, io sono convinto che, se Marx non avesse fallito così miseramente, Lei sicuramente ora sarebbe un comunista…
2) Io invece non me ne sorprendo affatto. Provi a mettersi nei panni di un russo: vedrebbe ancora il 1989 e l’allargamento di UE e NATO come il trionfo della libertà e della democrazia? Festeggerebbe ancora il crollo delle frontiere, quando in realtà la frontiera si è solo spostata verso di Lei? Per andare in Polonia, a Praga o nelle Repubbliche Baltiche avrebbe bisogno del visto. E guai a parlare nella Sua lingua: nel migliore dei casi non La capirebbe nessuno, nel peggiore la guarderebbero storto e Le darebbero del “russo imperialista”. E questo è solo l’aspetto, per così dire, più ludico. I Russi non sono stupidi. Sanno bene che per loro non c’è posto né nell’UE né nella NATO. Sono anni che si parla di abolizione dei visti… e i risultati si vedono. D’accordo, c’è anche il fatto che la Russia è da secoli uno Stato imperiale, e che i Russi sono da sempre un popolo nazionalista, ma proviamo a immaginare una Russia deimperializzata, in cui tutte e ventitre le Repubbliche etniche sono Stati indipendenti. La Russia arriverebbe comunque fino al Pacifico.
Ha perfettamente ragione, non perché il discorso si è fatto lungo, ma perché si è fatto ripetitivo. Anche nel suo ultimo intervento ha ri-riproposto la sua interpretazione della storia dal punto di vista della Russia, operazione culturale e storica assolutamente legittima. Consenta pero che il resto del mondo possa non essere d’accordo con questa sua visione o che non la trovi particolarmente convincente. O che personalmente la mia simpatia possa andare a quei disgraziati che la storia o la geografia hanno messo sulla strada delle “magnifiche sorti progressive” del popolo russo, sempre nell’ottica oppressi/oppressori che mi ricorda moltissime cose…
Anche i popoli possono soffrire di paranoia e complessi di persecuzione: molti si riterrebbero già fortunati se i propri confini non arrivassero allo stretto di Bering ma molto più modestamente alla contea di Ida-Virumaa.
Non sottovaluti le letture altrui, penso che Lei si riferisca a Breyfogle, Schrader, Sunderland, Peopling the Russian Periphery: Borderland Colonization in Eurasian History, 2007; non credo che i miei suggerimenti possano interessarla.
Per GianAngelo:
Il resto del mondo? Dica “Occidente”, perché per quanto ne può sapere nel resto del mondo (e qui dico veramente “resto del mondo”) la possono anche pensare diversamente. Inoltre anche nell’Occidente le opinioni possono essere diverse (siamo in una democrazia, no?) Questa non è una lotta tra il bene e il male, questa è la lotta tra due potenze e tra due visioni del mondo che hanno i propri punti di forza e le proprie debolezze. Io riconosco come vere molte delle cose che dice (ad esempio sulla storia delle paranoie e dei complessi di persecuzione sono d’accordo), ma questo vale per tutti, e non solo per la Russia. Anche i Paesi ex-sovietici possono usare, nella loro storia ufficiale, questa versione semplificata della storia dei loro rapporti con la Russia per guadagnarsi una propria legittimità. E io non vedo differenza tra questa versione della storia e quella che veniva loro propinava in epoca sovietica (la liberazione per opera dell’Armata Rossa, il cammino verso il Sol dell’Avvenire…): in entrambi i casi abbiamo una strumentalizzazione a fini politici.
Inoltre, per favore, la eviti di prendermi per fesso. Tutti sono bravi a fare gli intellettuali dietro a un computer. Se Lei quel libro l’avesse letto mi avrebbe detto una Sua opinione, non l’anno di pubblicazione che ha poca importanza se non sta scrivendo una tesi di laurea o un articolo scientifico (io, ad esempio, non me lo ricordavo). E quelle “moltissime cose” sono le tesi di CARLO MARX, se ancora non l’avesse capito. Non Le sembra che questo filosofo russo dell’Ottocento abbia già fatto abbastanza danni? E per quanto riguarda i Suoi eventuali consigli, si sbaglia: io sono sempre disposto ad accettare suggerimenti. Specie se si tratta di cose da leggere.
Guardi che non era mia intenzione prenderla per fesso, e mi scuso se ho dato questa impressione.
Comunque è stato Lei a introdurre, circa la Campagna delle Terre Vergini e senza ulteriori particolari indicazioni, un testo che rappresenta il primo tentativo di studiare e far conoscere il movimento colonizzatore dei russi soprattutto verso l’Asia e che ha ampiamente discusso il concetto di “Euroasia” come elemento distintivo della storia del popolo russo, anche in contrapposizione all’occidentalizzazione e financo al panslavismo ottocentesco.
Definire Marx un filosofo “russo” mi sembra una ardita iperbole. Al di la del tardivo successo in terra russa (il leninismo), niente come lo hegelismo e il materialismo storico sono lontani dallo spirito russo (opinione personale, si intende).
Sulla sua riaffermazione del “punto di vista russo”, avevo semplicemente evidenziato che esistono, in “Occidente” ma anche nella stessa Russia, differenti posizioni e giudizi, magari anche prevenuti o interessati, ma comunque meritevoli di considerazione (sempre opinione personale).
Per ultimo, confesso che non ho capito la frase sugli “intellettuali” che si nascondono dietro il computer
A questo punto, giusto per concludere, vorrei citare la frase che, nel Padrino, Don Mike Corleone ha detto a un senatore che faceva affari con lui ma che pretendeva di fare il moralmente superiore: “Siamo due facce della stessa ipocrisia”. Ovviamente non sono così cinico da pensare alla Russia e ai leaders occidentali come a dei mafiosi che pensano soltanto ai soldi, ma alla fine gli interessi mascherati e le politiche dei “due pesi e due misure” ci sono da ambedue le parti. Quindi, se Lei o un qualche leader occidentale andaste da un russo e lo criticasse per la Crimea o perché vieta i gay pride, lui vi potrebbe tranquillamente accusare di ipocrisia e di doppi standard, ricordandovi le “guerre umanitarie” e il silenzio nei confronti dei gay condannati a morte in Arabia Saudita e negli altri sceiccati del Golfo amici degli Americani solo in quanto gay. E, a questo punto, come si può dargli torto?
Per quanto riguarda Carlo Marx, siccome per Lei, a quanto pare, la Russia è l’Impero del Male e tra “russificazione” e “sovietizzazione” non c’è alcuna differenza (cito le Sue testuali parole: “Russificazione e sovietizzazione SONO la stessa cosa”), ho pensato che non mi avrebbe mai creduto se Le avessi detto che Marx era tedesco. Mi auguro di essermi sbagliato, perché altrimenti la cosa sarebbe grave.
Mah! Dovrebbe essere più cinico e meno sentimentale. Per il resto non credo che, paradossalmente, siamo poi così lontani.
Ad esempio: con l’occupazione della Crimea, Putin ha tolto l’unica moneta di scambio o mezzo di ricatto (la base navale di Sebastopoli) che l’Ucraina aveva sul piano delle trattative per il gas russo. Adesso ha le mani libere e cercherà di strangolare, pardon, condizionare il governo di Kiev.
Per il resto bisognerà vedere fino a dove i vari tycoons russi, ucraini e kazaki (gli unici la cui opinione conta veramente, concorda?) saranno disposti a rischiare e invece quando richiameranno tutto e tutti all’ordine.
Russificazione e sovietizzazione sono la stessa cosa in questo senso: alcuni si sono richiamati alla voce del sangue, Stalin ha usato l’ideologia marxista, (così come la chiesa ortodossa, l’antisemitismo, il nazionalismo il Movimento per la Pace, ecc.) per raggiungere i suoi scopi.
Questa volta non capisco la sua frase su Marx.
Le auguro buone letture.
Io, comunque, non vedo una contraddizione tra il non essere antirusso e il consigliare un libro che parla dell’espansionismo russo. Io non nego che la Russia sia un Paese imperiale: lo è sin dalla conquista del Khanato di Kazan’ in quel lontano 1552. Semplicemente riconosco anche aspetti positivi in questo processo storico. Se leggesse il libro, ad esempio, scoprirebbe che la legge prevedeva l’uguaglianza di trattamento per tutti i cittadini. Persino l’esploratore Vladimir Atlasov è stato condannato a cinquanta frustate per aver dato alle fiamme un villaggio jacuto. Che poi si trattava comunque della legge di un Paese autoritario (e per chi non obbediva…), e che la politica zarista ha portato troppo spesso alla cristallizzazione di clan e gruppi di solidarietà di ogni sorta, è un altro paio di maniche.