di Manuel Miksa
La Vojvodina é una delle due provincie autonome che facevano parte della Serbia. L’altra era il Kosovo, che dal 17 febbraio 2008 ha proclamato unilateralmente l’indipendenza da Belgrado. Indipendenza che, naturalmente non è riconosciuta dalla Serbia, che vede nel Kosovo la culla della nazione e il luogo sacro per la religione ortodossa.
Al contrario del Kosovo, la Vojvodina è una regione multietnica per eccellenza, con il maggior numero di etnie racchiuse in una zona poco più grande della Lombardia. In questa provincia autonoma di circa 21.500km2 vi possiamo trovare serbi, croati, ungheresi, rumeni, bosniaci, montenegrini, sloveni, macedoni, slovacchi, albanesi, rom, polacchi, valacchi, russini (un’etnia poco conosciuta, praticamente gli slavi per eccellenza, la loro lingua é un misto di tutte le lingue slave) e perfino tedeschi. I tedeschi giunsero nella regione durante il regno di Carlo I, un principe germanico convertito alla religione cristiano ortodossa e incoronato come Re della Romania a seguito del rovesciamento di Alexandru Ioan Cuza, nel 1866, a causa delle sue idee liberali troppo in contrasto con il clero e i proprietari terrieri dell’epoca. La maggior parte dei tedeschi s’installarono nel Banato serbo e in Romania.
Tornando ai nostri giorni, la Vojvodina é un esempio per le nazioni dei Balcani e forse per l’intera Europa viste le recenti espulsioni di rom da parte della Francia, come se questi non appartenessero all’Europa ma a un mondo lontano, scomodo da far vedere. In questa piccola provincia dei Balcani, che possiamo definire «Babilonia d’Europa», convivono pacificamente tutte le etnie citate. Nemmeno durante i terribili anni novanta, quando anche la più piccola scintilla era sufficiente a innescare una bomba nazionalista, da parte di qualsiasi etnia, nemmeno durante quel periodo non ci furono violenze degne di nota o vendette trasversali di qualsiasi tipo. Tuttora convive una moltitudine di genti diverse e collaborano come prima dei conflitti. Protesi verso un sogno, o meglio verso un’utopia, chiamata Unione Europea.
La regione é prevalentemente agricola, era il granaio della ex Jugoslavia. Una zona che poggia su di un’immensa pianura, dove milioni di anni fa sorgeva il mare Pannonico e ora c’é la «Pianura Pannonica» che comprende gran parte della Romania, dell’Ungheria, del nord della Serbia, il nord della Croazia, fino ai confini Austriaci. La Vojvodina é una regione molto fertile, composta prevalentemente da villaggi. Ci sono poche città che si possono definire tali: Novi Sad (la capitale della Vojvodina), Zrenjanin, Pancevo, Subotica, Sombor, Kikinda, Sremska Mitrovica e Vrsac. Il resto sono paesini, piccoli villaggi che non superano i 25.000 – 30.000 abitanti.
La Vojvodina é composta di tre regioni, il Banat, la Bačka e lo Srem. In generale le etnie sono molto mischiate, ma nello stesso tempo ci sono dei villaggi composti da maggioranze di rumeni, ungheresi, slovacchi, serbi, ecc. Nelle cittadelle e nelle città grandi della Vojvodina convivono tutte queste etnie, addirittura negli ultimi 10 anni si é aggiunta anche una etnia esotica: é arrivata la comunità cinese, con i loro prodotti a basso prezzo, perfino per una nazione dove il costo della vita é molto inferiore a quello europeo. Parliamo di un guadagno medio di circa 400€ per un operaio del posto. Come riferito in precedenza é una provincia agricola, quindi l’economia si basa per un buon 70% sull’agricoltura, un 20% su industrie e il restante 10% sono soldi inviati da persone emigrate nei paesi europei, negli USA e in Australia. Tutto sommato é una regione benestante, al contrario del Kosovo nel quale secondo, un rapporto dell’ONU, il PIL della nazione, per il 90%, é frutto di traffici illeciti di droga, armi, prostituzione e non per ultimo, traffico di clandestini verso l’UE.
La Vojvodina, invece, oltre che stabile politicamente, é economicamente indipendente da Belgrado. Anzi con le tasse e l’agricoltura contribuisce a una buona parte del PIL della nazione. Al contrario del Kosovo, in Vojvodina, ad eccezione di qualche voce isolata e nemmeno rappresentata nel parlamento locale, non vi sono state ambizioni indipendentiste. L’unico grosso ostacolo, per una crescita ancor più rapida, é un retaggio social-comunista che, anche se non ufficialmente, obbliga gli agricoltori a vendere il proprio raccolto sul mercato interno, allo Stato o ad altri privati. Lo Stato in questo caso é rappresentato da vecchie cooperative dei tempi titini. Se il mercato fosse più aperto e se gli agricoltori avessero una mentalità più da mercato globale, i guadagni lieviterebbero del doppio se non del triplo, nell’arco di poco tempo. Vista la ottima qualità dei prodotti e la totale mancanza di OGM.
Nella speranza che il Presidente Boris Tadić riesca a tenere a freno il nascente «clientelismo» che sta proliferando nella politica della Serbia, e che riesca a contrastare la corruzione (che era ben radicata durante il governo di Slobodan Milošević) allora la Vojvodina potrà diventare un punto di riferimento per la propria nazione e anche per molti stati vicini, che una volta facevano parte della Jugoslavia.
BELLISSIMO ARTICOLO, MOLTO CHIARO E INTERESSANTE
COMPLIMENTI A MANUEL MIKSA
Scusandomi per il ritardo con cui ho letto l’articolo, sono d’accordo con GEnny, l’articolo é molto bello e, cosa ancora più importante, chiarissimo. Per curiosità l’anno 1866 nel quale sarebbe avvenuto il rovesciamento di A.J.Cuza é un errore di stampa?
Faccio molti complimenti a Manuel e colgo l’occasione per rinnovarli anche a Est journal