La perdita di un mondo. Roth, von Salomon, e la grande guerra

Tra tutte le illusioni che accompagnarono lo scoppio del conflitto mondiale, quella di riuscire a ritrovare nelle trincee il senso della vita autentica fu tra le prime a cadere. Cercando di “dominare con lo sguardo” l’evento bellico, Jünger scrive nel 1919 che quell’evento è ancora troppo vicino per poterne “cristallizzare lo spirito”, solo una cosa si fa sempre più chiara: “il significato soverchiante della materia. La guerra è culminata nella battaglia di materiali: macchine, ferro e sostanze esplosive costituivano i suoi fattori. L’uomo stesso era considerato un materiale”. Poco importa che in questa nuova condizione Jünger vedesse la nascita di un uomo nuovo: dai soldati al fronte il dominio dell’industrializzazione fu percepito come un ulteriore tragico inganno.

Il nuovo mondo uscito dalla guerra è un mondo di cadaveri e di rovine, “terrificante, pieno di marciumi, terremotato” – descritto dai pittori di guerra. In questo mondo si aggirano i reduci e due libri rappresentano i due atteggiamenti agli antipodi che si registrano nel mondo tedesco.

Da un lato il tenente Franz Tunda, protagonista di Fuga senza fine di Joseph Roth. Fatto prigioniero nel 1916 finisce in Siberia, quando si incammina per tornare a casa viene fatto prigioniero dai bianchi, combatte con i rossi, si innamora di una rivoluzionaria, vive a Mosca, poi a Baku. Torna a Vienna, ma il suo mondo non c’è più, è uno straniero, un sopravissuto. Inseguendo il ricordo della sua fidanzata si reca a Berlino, poi a Parigi, dove si incontrano senza riconoscersi.

Era il 27 agosto del 1926, alle quattro del pomeriggio, i negozi erano affollati, nei magazzini le donne facevano ressa, nelle case di moda le mannequins giravano su se stesse, nelle pasticcerie chiacchieravano gli sfaccendati, nelle fabbriche sibilavano gli ingranaggi, lungo le rive della Senna si spidocchiavano i mendicanti, nel Bois de Boulogne le coppie d’innamorati si baciavano, nei giardini i bambini andavano in giostra. A quell’ora il mio amico Franz Tunda, trentadue anni, sano e vivace, un uomo giovane, forte, dai molti talenti, era nella piazza davanti alla Madeleine, nel cuore della capitale del mondo e non sapeva cosa dovesse fare. Non aveva nessuna professione, nessun amore, nessun desiderio, nessuna speranza, nessuna ambizione e nemmeno egoismo. Superfluo come lui non c’era nessuno al mondo”.

Sembra di sentire la voce del protagonista della Cripta dei cappuccini: “Dove devo andare, ora, io? un Trotta”.

Al polo opposto Eric von Salomon che nei Proscritti racconta la vicenda di quella generazione di tedeschi che non accettò la sconfitta; di coloro che non vollero riconoscere i nuovi trattati di pace; di quelli che preferivano morire piuttosto che vivere in miseria, e da vassalli dei vincitori. La Germania è stata sconfitta: il Kaiser è fuggito, ha abdicato. Il mondo di cui il narratore è parte sta precipitando nella polvere. Il protagonista si arruola nei corpi franchi e va a combattere ai confini orientali dove conquistano una provincia. Ma l’Intesa ordina lo sgombero. I soldati si sentono abbandonati e allora si ribellano all’ordine, e pensando a una nuova Germania che tragicamente sarà quella delle croci uncinate. In un racconto avvincente come un romanzo di avventure si susseguono gli scontri con i gruppi paramilitari di sinistra, i combattimenti contro i polacchi, l’assassinio del ministro degli esteri Walther Rathenau e la galera. Se il destino dell’esule Tunda rappresenta in filigrana il destino della modernità, del sentirsi sperduti in un mondo che non è più una patria, von Salomon racconta la nuda estetica della guerra e della guerra civile. Un romanzo di formazione della generazione protagonista della lunga guerra civile europea che ha segnato il destino novecentesco dell’Europa.

Il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale e la Biblioteca Austriaca hanno organizzato a Trento, mercoledì 21 novembre 2012, alle ore 17,30, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55), l’incontro-dibattito La perdita di un mondo. Interviene Massimo Libardi. Introduce Fernando Orlandi.

Foto: Onnola, da Flickr

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Un commento

  1. Libro bellissimo quello di Roth che veramente descrive con efficacia lo spaesamento di un’intera generazione.

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