La Turchia è il paese dell’area europea dove si sono verificati più casi di omicidi di persone transgender negli ultimi otto anni. Ma se ne siamo a conoscenza è merito di un monitoraggio efficiente da parte delle associazioni locali Lgbt. Una premessa doverosa, considerato che da altri paesi non arrivano segnalazioni in modo altrettanto sistematico. L’omicidio di Hande Kader, donna transgender e attivista Lgbt di 22 anni uccisa a Istanbul nell’agosto 2016, aveva scatenato una forte manifestazione di protesta in Turchia, dove le associazioni per i diritti delle persone Lgbt denunciano casi di violenza sempre più frequenti. A confermare il fenomeno sono i dati dell’organizzazione Tgeu (Transgender Europe), raccolti attraverso il Trans Murder Monitoring Project. Secondo la ricerca, dal 2008 al 2016 sono state uccise 44 persone transgender, mentre i casi di violenza denunciati sono stati 86. Numeri di gran lunga superiori al resto dell’Europa. Soltanto l’Italia mostra dati delle stesse proporzioni, con 32 omicidi accertati negli ultimi otto anni, mentre negli altri paesi le cifre sono decisamente più basse: in Spagna nove omicidi riscontrati dal 2008, nel Regno Unito otto e in Francia cinque.
Secondo Lukas Berredo, membro del team di ricerca Trans Murder Monitoring Project, occorre spiegare la differenza tra la Turchia e gli altri paesi per analizzare questi numeri: “Il nostro progetto dipende dalla visibilità che le persone transgender hanno nei diversi paesi (nei media, nei discorsi pubblici, ecc …), e dall’esistenza di movimenti forti e connessi. Se sussistono queste condizioni, il controllo è più accurato. In Turchia le segnalazioni di violenze e omicidi si basano fortemente sul monitoraggio da parte delle organizzazioni locali”.
Una rete che negli altri paesi non è altrettanto strutturata. “In Italia ad esempio la nostra ricerca si basa sulle notizie che troviamo su internet, sui giornali, social media, mailing list e blog – continua Barredo – quindi i casi di omicidio riportati sono solo quelli che possiamo trovare attraverso queste fonti, oltre a quelli comunicati da comunità locali e attivisti. Poiché le organizzazioni locali in Turchia dispongono di sistemi di monitoraggio sistematici, è possibile che il numero di persone trans uccise in altri paesi sia in realtà più elevato”.
Spesso le relazioni non chiariscono le cause che portano agli omicidi, ma, secondo il report del Trans Murder Monitoring Project, le vittime sono soprattutto coloro che lavorano nella prostituzione, o comunque nell’ambito del sesso a pagamento. “In Turchia il 90% delle persone transgender assassinate svolge una professione definibile come ‘sex worker’, mentre in Italia questa percentuale è dell’83%, e in molti casi riguarda i migranti. Questo mostra come sia frequente un’intersezione tra molteplici forme di discriminazione, come transfobia, razzismo e xenofobia. Per questo – conclude Berredo – riteniamo importante parlare con gli attivisti locali e le organizzazioni che potrebbero dare un contributo importante per capire le cause del fenomeno”.