A fine agosto una notizia è rimbalzata su alcune grandi testate italiane ed estere: in Turchia è stata vietata la messa in scena di opere di teatro occidentali. “Turchia, messe al bando le opere teatrali occidentali: via Fo, Shakespeare e Brecht” è stato uno dei titoli di maggior rilievo, che ha provocato immediato scalpore e biasimo per il governo turco, ancora una volta tacciato di arroganza e mire dittatoriali. Dario Fo, premio Nobel, ha contribuito con un’intervista ad alimentare il clamore, e soprattutto ad alimentare la bufala. Perché di questo si tratta.
La dittatura? Non va cercata nella stagione teatrale
EastJournal non ha risparmiato articoli critici nei confronti dell’attuale Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e del suo partito Giustizia e Sviluppo (AKP), che negli ultimi anni ha attuato una serie di misure volte all’epurazione politica nemmeno troppo velata degli esponenti dell’opposizione (o dei presunti tali).
Un progressivo processo di accentramento del potere nelle mani di Erdoğan e dei suoi più fedeli sostenitori è infatti in atto almeno dal 2010: se prima l’opinione pubblica europea sembrava avere un certo peso nel porre un freno all’atteggiamento repressivo del governo, ultimamente pare che questo deterrente sia sfumato. Eventi come le epurazioni in ambiente accademico partite nel gennaio di quest’anno a seguito di una petizione in cui i firmatari chiedevano ad Ankara una pacifica conclusione dell’offensiva militare in Kurdistan, le dimissioni del premier Davutoğlu per incompatibilità con le posizioni del leader del suo partito e le ultime purghe scattate dopo il fallimento del colpo di stato dello scorso luglio rappresentano tutti passi indietro nel percorso di democratizzazione sul quale buona parte dell’occidente sperava la Turchia si fosse oramai avviata.
Il teatro occidentale sarà rappresentato
Ciononostante è necessario non confondere la critica politica con la disinformazione: le opere teatrali occidentali non sono state bandite dai teatri turchi, e tantomeno lo è stato Dario Fo. Nejat Birecik, capo del Devlet Tiyatroları Genel Müdürlüğü, la Direzione ufficiale delle imprese nazionali di teatro in Turchia, il 28 agosto ha rilasciato un comunicato nel quale sottolineava la volontà di “dare spazio alla riscoperta del teatro turco” per l’apertura della nuova stagione teatrale, incentivando temi come l’unità nazionale e “l’arte umanistica e patriottica” di autori locali. Che tra questa decisione e l’attuale politica interna turca ci possa essere una relazione è una possibilità, ma certo non meritava l’aspra critica e l’interesse mediatico dedicatole, soprattutto a livello internazionale. Shakespeare, Fo e “il teatro occidentale” saranno ben rappresentati nei teatri di Stato per tutta la stagione teatrale.
Un’informazione inadeguata crea solo più confusione
Quella che sembra una notizia curiosa e priva di peso politico può essere usata come spunto per una riflessione attenta su quello che è il dibattito attorno alla Turchia in questi ultimi mesi: sostanzialmente caotico. Non controllando le fonti e usando la parola “dittatura” privandola di un contesto, molti quotidiani nei fatti alimentano questa confusione, a tutto vantaggio di chi una dittatura probabilmente sta cercando di instaurarla sul serio.
Troppo spesso l’Occidente si è schierato “contro” o “a favore” delle posizioni prese dal partito AKP, senza documentarsi e cercare un riscontro nelle fonti locali. Nel mondo di oggi, dove le notizie percorrono velocemente grandi distanze e rimbalzano di canale in canale, e in un paese come la Turchia in cui vengono messe in atto continuamente violazioni della libertà pubblica e privata, un’analisi lucida e basata su fonti attendibili è fondamentale.