Tra tutte le repubbliche dell’Asia centrale, Kirghizistan e Tagikistan sono quelle che presentano il peggior scenario economico. La mancanza di riserve energetiche, l’assenza di un settore industriale e la dipendenza dall’esportazione di un unico prodotto (oro nel caso del Kirghizistan, alluminio in quello del Tagikistan) hanno infatti creato un settore economico molto debole e caratterizzato da elevatissimi tassi di disoccupazione.
La situazione economica è aggravata dalle ricorrenti crisi politiche che hanno scosso i due Paesi. Il Tagikistan infatti dal 1992 al 1997 ha conosciuto una sanguinosa guerra civile, mentre il Kirghizistan è stato scosso da due rivoluzioni, la prima nel 2005 e la seconda nel 2010.
Per queste ragioni, l’unica soluzione per gran parte della popolazione attiva è emigrare in cerca di migliori condizioni verso i più ricchi Paesi vicini, soprattutto verso la Russia.
In questo Paese, i lavoratori kirghisi e tagiki si sono adattati a svolgere le mansioni più umili, soprattutto nel settore dell’edilizia o del commercio ambulante, accettando di lavorare in un ambiente con scarse od assenti condizioni di sicurezza e con salari inferiori alla norma. Oltre ai problemi economici, i lavoratori kirghisi e tagiki devono sopportare le vessazioni da parte della polizia ed il sentimento di ostilità dei Russi, che non vedono di buon occhio la presenza di immigrati e stranieri.
Nonostante ciò, la percentuale dei lavoratori delle due repubbliche centro-asiatiche ha continuato a crescere, e con essa l’importanza delle loro rimesse sulla composizione del PIL dei Paesi natali. Si stima infatti che in Russia lavorino circa 1,5 milioni di Kirghisi, pari a quasi un quinto dell’intera popolazione. Secondo le stesse stime, le rimesse di questi lavoratori costituiscono il 33% del PIL del Paese . Tale percentuale è ancora maggiore per i Tagiki, in quanto si calcola che un Tagiko su due in età lavorativa si trovi in Russia, mentre le loro rimesse sono responsabili del 47,2% dell’intero PIL .
A partire dall’ultimo anno tuttavia la situazione per questi lavoratori è diventata più difficile a causa del peggioramento dell’economia russa, che ha causato una riduzione dell’offerta di lavoro ed un aumento dell’inflazione, che ha eroso il potere d’acquisto dei già magri stipendi.
La difficile situazione economica ed i sentimenti xenofobi ed anti-islamici in crescita presso i cittadini d’etnia russa hanno spinto il governo russo ad approvare una nuova legge per controllare l’immigrazione, entrata in vigore dal I Gennaio di questo anno, che di fatto rende molto più difficile la situazione per i lavoratori dei due Paesi.
Infatti, se prima i lavoratori provenienti dal Tagikistan, potevano entrare in Russia con solo il passaporto nazionale (così come tutti i cittadini provenienti dall’area CSI), la nuova legge comporta l’obbligo di possedere il passaporto internazionale, più costoso e difficile da ottenere.
Oltre a ciò, per conseguire un lavoro legale diventa necessario ottenere un permesso, che ha un costo di 22.000, e comporta una tassa mensile di 4.000 rubli, più di quattro volte il valore che aveva prima della legge. Per questo permesso i lavoratori devono far tradurre il proprio passaporto, comprare un’assicurazione sanitaria, fare una serie di esami medici ed infine superare una prova che testa la conoscenza della lingua, della storia e del diritto russo. Tutto questo deve inoltre essere fatto entro un mese dall’arrivo. Se invece si viene colti dalla polizia in mancanza di documentazione, è prevista l’espulsione diretta dal Paese.
La situazione è solo leggermente migliore per i cittadini del Kirghizistan, in quanto l’ingresso del Paese nell’Unione Eurasiatica li libera dalla necessità di avere il passaporto internazionale per entrare in Russia. Tuttavia, l’appartenenza all’UEE può rivelarsi un’arma a doppio taglio. La legge infatti obbliga i datori di lavoro ad offrire ad un lavoratore proveniente da un Paese dell’UEE le stesse condizioni di lavoro di un cittadino russo. Pertanto, molti temono che i datori di lavoro possano trovare più remunerativo rivolgersi ad altri lavoratori da Paesi che non fanno parte dell’UEE, come per esempio l’Uzbekistan .
Questa nuova legge ha reso sempre più difficile lavorare in Russia, e di conseguenza molti lavoratori hanno notevolmente ridotto le rimesse inviate a casa oppure hanno iniziato a ritornare presso i loro Paesi natali, ponendo in enorme difficoltà le economie di Tagikistan e Kirghizistan, che semplicemente non hanno la possibilità di offrire un numero di lavori sufficienti alla domanda. Come risultato, in questi due Paesi il numero di persone disperate ed in miseria è in costante e decisa crescita, il che rende la situazione sociale ed economica sempre più esplosiva.