In seguito alle due guerre russo-cecene (prima e seconda), che insanguinarono il Caucaso per tutti gli anni ’90, i russi ripresero il controllo della Cecenia, ponendo definitivamente fine all’esistenza della Repubblica di Ichkeria, entità statale creata nel 1991 dai separatisti, e spezzando i sogni d’indipendenza del popolo ceceno. Espulsi da Grozny, i ribelli ceceni si rifugiarono nelle montagne, da dove continuarono a organizzare attacchi contro il governo di Mosca. Quando però la riconquista della Cecenia apparve ormai irrealizzabile, il conflitto prese una piega diversa, estendendosi a tutto il Caucaso russo e assumendo inoltre un carattere religioso. L’obiettivo quindi non fu più la semplice liberazione della Cecenia dal controllo russo, ma diventò la creazione uno stato islamico esteso a tutto il Caucaso settentrionale, che prese il nome di Emirato del Caucaso.
Cosa è l’Emirato del Caucaso
L’Emirato del Caucaso è un’entità statale autoproclamata. La sua costituzione venne annunciata nel 2007 da Dokku Umarov, ex presidente della disciolta Repubblica Cecena di Ichkeria, che assunse il ruolo di primo emiro del Caucaso. La proclamazione dell’Emirato del Caucaso nacque come conseguenza della salita al potere di Ramzan Kadyrov (un ex-ribelle) in Cecenia, il quale attuò da subito una dura repressione nei confronti dei separatisti. Il pugno di ferro adottato da Kadyrov, il quale poté godere del pieno sostegno di Putin, costrinse la maggior parte dei guerriglieri ceceni ad abbandonare le loro montagne, rifugiandosi nelle limitrofe repubbliche di Inguscezia e Daghestan. Con la Cecenia divenuta ormai blindata, Umarov decise così di estendere il conflitto a tutto il Caucaso settentrionale, dandogli inoltre un nuovo risvolto religioso, richiamando alla jihad tutti i musulmani del Caucaso per liberare la regione dal giogo russo e dare vita ad un nuovo stato islamico.
L’Emirato del Caucaso non è quindi un vero e proprio erede della Repubblica di Ichkeria, così come i separatisti ceceni degli anni ‘90 non sono da confondere con gli attuali ribelli islamisti che combattono per l’Emirato. La stessa proclamazione dell’Emirato del Caucaso venne fortemente condannata da Akhmed Zakayev, primo ministro del governo della Repubblica di Ichkeria in esilio, che invitò tutti i combattenti ceceni a giurare fedeltà al governo in esilio e a non appoggiare l’iniziativa di Umarov.
I territori rivendicati
Secondo quanto proposto dal sedicente governo, l’Emirato del Caucaso sarebbe formato da 6 diverse province, chiamate wilāyah. Esse sono il Wilāyat Noxçiyçö (Cecenia), il Wilāyat Ġalġayçö (Inguscezia e Ossezia del Nord), il Wilāyat Cherkessia (Adighezia e parte meridionale del Territorio di Krasnodar), il Wilāyat Daghestan, il Wilāyat Unito di Kabarda, Balkaria e Karachay (Kabardino-Balkaria e Karachay-Circassia) e il Wilāyat dei Nogai delle steppe (parte settentrionale del Territorio di Krasnodar e Territorio di Stavropol’). Una settima provincia proposta fu il Wilāyat Iriston (Ossezia del Nord), abolito però nel 2009 e incorporato nel Wilāyat Ġalġayçö.
La suddivisione proposta dai vertici dell’Emirato risulta però essere in alcuni casi poco attinente all’attuale contesto geopolitico: se regioni come il Daghestan, la Cecenia e l’Inguscezia sono abitate quasi esclusivamente da caucasici o comunque da popoli di religione musulmana, altri territori rivendicati dall’Emirato in quanto storicamente popolati da etnie locali sono stati invece completamente russificati, come ad esempio il Wilāyat dei Nogai delle steppe, che include un territorio abitato quasi esclusivamente da russi, dove i nogai rappresenterebbero solo lo 0,4% della popolazione; stesso discorso vale per il Wilāyat Cherkessia, se si esclude il territorio dell’Adighezia. Può far discutere anche la proposta di sciogliere il Wilāyat Iriston, abitato dagli osseti, popolo a maggioranza ortodossa, e incorporarlo nel Wilāyat Ġalġayçö, abitato invece dagli ingusci, storici nemici degli osseti.
Mosca sotto attacco
In seguito alla sua proclamazione, l’Emirato del Caucaso continuò l’aspra lotta contro Mosca portata avanti negli anni precedenti dai separatisti ceceni. Come ai tempi di Shamil Basaev, organizzatore di numerose azioni terroristiche tra cui l’attacco al teatro Dubrovka e la strage di Beslan; anche sotto il comando di Umarov i ribelli islamisti iniziarono a mettere in atto una serie di attacchi ad effetto indirizzati contro obiettivi civili per spaventare Mosca.
Il primo dei grandi attacchi terroristici rivendicati dall’Emirato del Caucaso fu nel novembre 2009 l’attentato al treno Nevsky Express, deragliato in seguito a un’esplosione lungo la linea ferroviaria ad alta velocità Mosca-San Pietroburgo, causando la morte di 27 persone; seguì poi nel marzo 2010 l’attentato alla metropolitana di Mosca, che causò 41 vittime; e infine l’attentato all’aeroporto di Domodedovo del gennaio 2011, che fece registrare altri 37 morti. In questi anni l’Emirato colpì però anche nel Caucaso, mettendo in atto numerose altre stragi soprattutto nel Daghestan e in Inguscezia, dove i frequenti attacchi terroristici causarono grandi tensioni che portarono il governo di Mosca a ipotizzare un nuovo intervento armato nella regione.
Il recente declino
Nonostante i primi attacchi eclatanti, nel tempo il potere dell’Emirato si esaurì progressivamente, a causa della dura lotta al terrorismo promossa da Putin e Kadyrov. Nel 2013 l’Emirato dovette subire una dura perdita: il leader Umarov perse la vita in circostanze misteriose, probabilmente in seguito ad un avvelenamento, lasciando il movimento senza una valida guida. Negli ultimi due anni alla guida dell’Emirato si alternarono i daghestani Aliaskhab Kebekov e Magomed Suleimanov, i quali però non riuscirono ad avere l’autorità necessaria per tenere unito il movimento, che continuò a perdere consensi.
Proprio negli ultimi due anni molti militanti abbandonarono l’Emirato e giurarono fedeltà allo Stato Islamico, arruolandosi per combattere in Siria e per questo definiti “traditori” dai leader dello stesso Emirato. Attualmente, seppur indebolito e senza una guida, l’Emirato del Caucaso continua a cercare di affermare la propria autorità nella regione, anche se la recente ascesa dello Stato Islamico sembra averlo messo definitivamente in secondo piano.