K-Silk Road

Così Seoul prova a conquistare l’Asia centrale con la “K-Silk Road”

Seguendo le orme dei suoi predecessori, a giugno l'”anatra zoppa” Yoon si è recato in visita negli “stan” asiatici alla ricerca di nuovi partner commerciali sotto la bandiera di quella che ha definito la “K-Silk Road”. In modo simile a quanto fatto da Pechino con la BRI (Belt and Road Initiative), l’iniziativa lanciata da Seoul fa leva su una formula che prevede investimenti in tecnologia e ricerca in cambio di materie prime. 

Combinare l’abilità tecnologica sudcoreana famosa in tutto il mondo con le ricche risorse naturali dei paesi centroasiatici, per rafforzare la propria influenza in una regione diventata negli ultimi anni affollatissimo crocevia di interessi economici e geopolitici contesi da cinesi, russi, americani, arabi ed europei. E’ con questo ambizioso obiettivo che il presidente Yoon Suk-Yeol ha intrapreso il suo viaggio in Turkmenistan, Kazakhstan e Uzbekistan, paesi per i quali la Corea del sud rappresenta un bacino di investimenti e know-how di primissimo livello. 

Il soggiorno di Yoon negli “stan” non è il risultato di una decisione estemporanea ma segue una linea di politica estera ben consolidata da parte di Seoul nella quale l’attivismo diplomatico e commerciale coreano in Asia centrale non rappresenta di certo una novità.  Nell’ultimo decennio, infatti, nonostante i cambiamenti presidenziali su tutta la linea, le relazioni tra Corea del Sud e Asia centrale non si sono mai interrotte, a partire dal 2009 quando l’allora presidente Lee Myung-bak  si recò in visita in Uzbekistan e Kazakhstan. Tradizione mantenuta anche dalla presidente Park Geun-hye che nel 2014 fece tappa ad Astana, Tashkent e Ashgabat, per promuovere la cosiddetta Eurasia Initiative.  In tempi più recenti, lo stesso itinerario è stato scelto da Moon Jae-in, il predecessore di Yoon, che nel 2019 ha rinnovato la “partnership strategica speciale” con l’Uzbekistan.

Nel corso della cinque giorni in Asia centrale, Yoon ha lanciato ufficialmente la Korea-Central Asia Initiative K-Silk Road, l’iniziativa strategica attraverso la quale Seoul proverà a rendere strutturali le relazioni multilaterali con le repubbliche della regione, schiacciate dalla politica di potenza di Mosca e Pechino, ma desiderose di conservare la loro indipendenza sul piano politico, ritagliandosi magari un posto al sole nell’economia globale.

La decisione del presidente coreano di scegliere la regione centroasiatica come palcoscenico per presentare il nuovo progetto strategico coreano non è assolutamente casuale. L’annuncio riprende infatti, nelle intenzioni e nella forma, quello del leader cinese Xi Jinping che nel 2013 svelò al mondo la Belt and Road Initiative proprio mentre si trovava in visita in Kazakhstan.

Dal business alla diplomazia: l’impegno di Seoul in Asia centrale

La visita di Yoon in Asia centrale, la prima in assoluto nella regione dall’ottenimento del suo mandato nel maggio 2022, è parte di una strategia più ampia attraverso la quale Seoul intende costruire successi diplomatici duraturi ricorrendo all’efficace leva del business. E la K-Silk Road ne è la dimostrazione. La presenza di una nutrita delegazione di rappresentanti di oltre 60 aziende al seguito del leader coreano rende l’idea di quali siano le ambizioni per il futuro: ampliare gli orizzonti di manovra  facendo affidamento sul proprio soft power per colmare le intrinseche lacune nell’hard power rispetto a paesi come Cina e Russia che possono contare su risorse infinitamente superiori.

In linea con questi obiettivi, Yoon ha riproposto una formula piuttosto semplice ma indubbiamente efficace che prevede la fornitura di tecnologia da parte di Seoul in cambio di materie prime. Nel dettaglio, dall‘aggiornamento del partenariato strategico con il Kazakhstan  è emerso che nei prossimi anni la Corea concentrerà i suoi investimenti nel paese centroasiatico puntando su progetti energetici e infrastrutturali. Da parte sua, Astana si impegnerà a rifornire la catena di approvvigionamento coreana di minerali e metalli critici, tra cui litio, nichel, cobalto, tantalio, tungsteno, berillio, niobio, titanio, renio, fosforo, rame, alluminio, cromo, manganese e metalli delle terre rare.

In Uzbekistan, Yoon si è assicurato, invece, la collaborazione di Tashkent nella denuclearizzazione della penisola coreana, siglando importanti accordi infrastrutturali come quello tra Hyundai Rotem e le ferrovie statali dell’Uzbekistan per l’esportazione di sei treni ad alta velocità interamente sviluppati nella penisola coreana e che frutterà all’azienda dell’industria pesante con sede a Changwon-si un contratto da 270 miliardi di won (195,7 milioni di dollari). Inoltre, nell’ambito degli accordi sull’approvvigionamento delle terre rare, le aziende coreane hanno ottenuto la priorità per l’esplorazione delle miniere uzbeke e la successiva commercializzazione dei minerali estratti.

In Turkmenistan è stato raggiunto un accordo quadro che prevede lo sviluppo di una partnership tra la società statale Turkmengas e la coreana Hyundai Engineering in ambito energetico e ambientale. Nei prossimi anni la società coreana svilupperà un impianto per la desolforazione  presso lo giacimento di gas di Galkynysh,  avviando in parallelo una cooperazione con l’industria chimica nazionale per la produzione di fertilizzanti a base di ammoniaca a Kiyanly.

Il futuro della “K-Silk Road” di fronte alle incognite cinesi e russe

La visita di Yoon in Asia centrale si è svolta a breve distanza da altri due eventi molto importanti per la diplomazia coreana: il summit che ha riunito dopo cinque anni il presidente sudcoreano, il premier cinese Li Qiang e il primo ministro giapponese Fumio Kishida in un momento estremamente complicato per la stabilità regionale, lanciando un potenziale segnale di distensione nei rapporti tra i tre Paesi e di conseguenza maggiore autonomia alla Corea di portare avanti il proprio impegno in Asia centrale; e il vertice inaugurale Corea-Africa tenutosi a Seoul il 4 e 5 giugno, durante il quale Yoon ha ribadito la volontà della decima potenza economica mondiale di investire in modo significativo nei paesi del Sud del mondo.

La Corea del Sud è considerata dai grandi attori regionali come Cina e Russia una media potenza, relativamente innocua nello scacchiere dell’Asia-pacifico. Un aspetto, questo, che potrebbe favorire la penetrazione di Seoul in Asia centrale nel lungo periodo, a patto che i decisori politici perseguano una strategia articolata e globale in grado di coniugare le relazioni economiche con lo sviluppo sostenibile della regione nel rispetto e nella sostenibilità dell’ordine internazionale liberale.

Tuttavia, il futuro della K-Silk Road  in Asia centrale presenta ancora diverse incognite. Il primo degli ostacoli è rappresentato dalla durata del mandato del leader coreano in scadenza nel 2027.  Yoon sogna di accresscere l’influenza della Corea del Sud nella regione centroasiatica come parte della sua eredità politica, ma ha a disposizione poco tempo per portare a termine i corposi dossier presentati durante il suo ultimo viaggio negli “stan”.  Certo, si dirà, mentre le ambizioni dei leader e le iniziative diplomatiche vanno e vengono, l’interesse nazionale della Corea del Sud resta sopra ogni cosa, così come il suo impegno in Asia centrale. Ma questo non è un dato di fatto scontato.

La crescita dell’influenza del soft power di un paese dipende infatti da diversi fattori e uno dei più importanti investe direttamente la reputazione dell’attore che ambisce a diventare egemone nel rapporto di cooperazione. In una parola, questo significa che il successore di Yoon non potrà concentrarsi soltanto sul business ignorando i vantaggi derivanti dalla pianificazione mirata degli investimenti e dell’assistenza per lo sviluppo diretto della popolazione dei paesi centroasiatici nei quali è presente, tra l’altro, un’importante comunità di discendenti della diaspora coreana.

Infine, l’altro grande nodo da sciogliere riguarda l’atteggiamento di Seoul nel riequilibrare  la sua posizione nell’arena delle grandi potenze che la circondano. L’intensificarsi della competizione strategica tra Stati Uniti e Cina e le sistematiche provocazioni che arrivano da Pyongyang sono due sfide geopolitiche ineludibili per la Corea e la scelta dell’approccio nel gestirle finirà per orientare anche la traiettoria delle sue relazioni con i paesi dell’Asia centrale.

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