DA BUCAREST – L’otto aprile è stata la giornata internazionale dei Rom e dei Sinti. In ogni paese le giornate internazionali hanno odori diversi. Profumano di vittoria, o di sconfitta. A volte di superfluo. Bucarest, capitale del paese con la più numerosa popolazione rom, ha proposto una giornata di documentari e di informazione. In un cinema, un po’ d’altri tempi, senza molta pubblicità. Una ventina di ragazzi, due o tre teste bianche e lo schermo. Passano le ore, e le storie si intrecciano. Ragazzini che arano campi – si parla di garantire l’accesso scolastico a tutti-, e roulotte che cercano di raggiungere la Francia, ancora, dopo l’ennesima espulsione, perché “qui in Romania non si può più stare”. C’è un villaggio di 700 persone, costruito al confine tra due distretti, che non riceve né acqua, né luce. Né documenti. Se non quelli temporanei, concessi occasionalmente da qualche partito in vista delle elezioni, e poi ritirati.
E’ chiaro: la considerazione dei rom è pessima. L”informazione è pessima. Ci si dimentica spesso che sono uomini. Anche qui, dove la maggior parte non vive in baracche, ma lavora, svolgendo le professioni più umili. Nei più casuali dialoghi con la gente, uno straniero in Romania viene informato della differenza tra romeni e rom, almeno una volta al giorno. “Non siamo gypsies, non siamo tigani, non siamo zingari. Noi non rubiamo”. L’immagine è senza dubbio quella proposta dai media. La capacità dei media romeni di influenzare l’opinione pubblica lavora su costruzione e diffusione di stereotipi negativi riguardanti i rom.
Una ricerca condotta quasi dodici anni fa dall’Accademia Catavencu è ancora rilevante, ci mostra come il gioco sia sempre lo stesso: si demonizzano la povertà, le tradizioni ed i costumi, ed il collegamento tra criminalità ed etnia rom è diretto. E poi c’è la mafia tiganeasca. Fa quasi sorridere sentire una donna rom parlare di un vicino poco simpatico apostrofandolo come “zingaro”.
Ci sono 12 milioni di rom in Unione Europea. Non hanno un paese d’origine, e la maggior parte ha ormai messo le proprie radici nell’Europa balcanica. Ma chi sono davvero, e da cosa scappano?
Dal rapporto 2009 di EU-MIDIS, indagine condotta dall’Agenzia dei Diritti Fondamentali sulle minoranze europee, emerge che la popolazione Rom raggiunge i più alti livelli di discriminazione nei Paesi dell’Est Europa. Intolleranza accentuata dall’eredità socialista, ma ben più antica.
In Repubblica Ceca si è riportato il livello di discriminazione più alto, un 64%. I rom in Bulgaria e in Romania se la passano meglio, dicono le statistiche. Solo il 4% dei Rom in Grecia completa l’educazione primaria. Anche nei paesi dove l’analfabetismo non è fra i maggiori problemi, la proporzione di quelli che decidono di continuare gli studi è preoccupantemente bassa.
Anche se con un solo rappresentante di origini rom a Bruxelles, diversi progetti sono stati promossi dal Concilio d’Europa e dalle Commissioni Europee incaricate, per l’abbattimento di pregiudizi, attraverso il sostegno di politiche di integrazione ed inclusione. Tutto dovrebbe partire dall’istruzione. In questo particolare contesto sociale garantire l’accesso all’istruzione alle nuove generazioni non è scontato, né altrettanto sufficiente. Qualora i bambini rom abbiano la possibilità di frequentare le scuole, nella maggior parte dei casi vengono indirizzati in strutture solo per rom, con bassa qualità di insegnamento, o raggruppati in classi separate. Addirittura in scuole speciali, per disabili, provocando facilmente l’abbandono degli studi. Questo è un messaggio profondamente diseducativo anche per chi rom non è. La segregazione ha una doppia faccia: impedisce il contatto tra le diversità, in un contesto neutro.
Ed ecco un Est, emarginato dalla visione eurocentrica che lo definisce come produttore di lavavetri e campi nomadi – già la parola campo dovrebbe farci sobbalzare – che emargina. I rom nei loro villaggi, gli altri nelle loro città. Società parallele, all’Est come all’Ovest, al Nord come al Sud.
Grazie per l’articolo, Simona. Peraltro, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (organismo del Consiglio d’Europa, con sede a Strasburgo) ha stabilito in più casi che la segregazione scolastica dei rom è contraria al diritto umano all’istruzione (casi Ursus contro Croazia e DH contro Rep.Ceca). http://www.echr.coe.int/NR/rdonlyres/CD15340B-0D22-4D4D-A3E2-6AF949B96F26/0/FICHES_Roms_EN.pdf
La segregazione è inevitabile. Provate a viverci vicino per un giorno e poi vediamo se siete ancora così filozingari. E’ inoltre sbagliato, a mio avviso, rappresentare il mancato approvvigionamento di luce e acqua come un boicottaggio della maggioranza o come ritorsione: è la semplice conseguenza del mancato pagamento delle bollette, vogliono essere uguali agli altri ? Paghino anche loro.
Ciao Luca.
Prima di tutto, chiedo venia per l’imperdonabile ritardo nel rispondere.
Nell’articolo faccio riferimento a tre documentari, a mio avviso ben realizzati e significativi per inquadrare la questione, sulla quale ci sarebbe davvero tanto da scrivere, da discutere, da analizzare.
Scoala noastra/ Our school, di Mona Nicoara e Miruna Coca-Cozma (2011), sull’integrazione scolastica e la gestione dei fondi europei. Illuminante.
Calatorie dus-intors, di Mirel Bran e Jonas Mercier (2010), è il racconto di una famiglia che tenta di raggiungere la Francia dopo l’ennesima espulsione.
E infine Valea Corlatului, di Sthephane Lucon (2010), espone la problematica dell’inesistenza di servizi per un villaggio rom. Servizi che non arrivano per ragioni “ufficialmente” burocratiche, e non a causa del mancato pagamento delle bollette. I pali della luce insomma, non ci sono mai stati.
Io ho amici sinti, con cui ci son cresciuto e casualità pagavano le tasse e non erano segregati che casualità…Ma c’è anche chi ci ha vissuto e ha studiato storicamente e antropologicamente il problema. Meglio studiare prima di parlare.
http://www.ibs.it/libri/spinelli+santino/libri+di+santino+spinelli.html
http://www.ibs.it/libri/piasere+leonardo/libri+di+leonardo+piasere.html
non posso mettere “mi piace” perchè non sono iscritta a qualcosa che serve. però, mi piace.