di Michael Biasin
DA TBILISI – Il 20 aprile scorso il ministro degli Esteri georgiano, Grigol Vashadze, durante l’incontro che si è svolto a Bruxelles dell’alleanza dei Paesi che sono coinvolti nel processo di stabilizzazione in Afghanistan, ha dichiarato che la Georgia è pronta a continuare il suo impegno nel Paese anche dopo il 2014. La Georgia rimane uno dei più fedeli alleati degli Stati Uniti il quale, d’altro canto, ha stabilito numerose basi militari e sta formando le truppe del piccolo Paese caucasico che vengono mandate in Afghanistan. Il governo georgiano sta portando avanti una forte campagna pubblicitaria per convincere i cittadini ad arruolarsi facendo sottintendere che verranno utilizzati per proteggere il Paese dagli invasori stranieri (ovvero la Russia) quando in stragrande maggioranza vengono mandati in Afghanistan.
Il governo punta soprattutto sui numerosi giovani sfollati dall’Abkhazia e dall’Ossezia del sud, che vivono ancora in condizioni fortemente disagiate nei numerosi accampamenti e che non vedono alcuna prospettiva futura di miglioramento delle loro condizioni di vita. L’esercito offre loro uno stipendio sicuro, vitto e alloggio, cose che non potrebbero mai trovare altrove. Solitamente subiscono una formazione militare alquanto veloce e scadente e vengono poi mandati in Afghanistan dove svolgono i compiti più umili. Il numero dei caduti un Afghanistan raggiunge le 16 unità, l’ultimo deceduto il 25 aprile, ed il 2012 è stato l’anno peggiore per le truppe georgiane.
Lo scorso 20 febbraio il presidente Sakashvili, in divisa militare, ha visitato le truppe georgiane in Afghanistan che sono dispiegate in prevalenza nella zona di Helmand. In un discorso indirizzato ai soldati ha affermato che loro rappresentano il meglio della società georgiana e che il loro sacrificio serve per rendere la Georgia un Paese più sicuro, unito e di successo. Ha pure aggiunto una frase che è passata un po’ inosservata ma che spiega il motivo di questa missione: “se noi vogliano essere uno Stato abbiamo bisogno di un esercito e se vogliamo avere un esercito dobbiamo essere in Afghanistan”. In effetti le truppe georgiane sono scarse e mal preparate e per diventare un esercito effettivo che possa assicurare un futuro sicuro al Paese hanno bisogno dell’aiuto economico e militare degli Stati Uniti e dell’Europa.
Attualmente in Afghanistan si trovano circa 1000 soldati a cui se ne aggiungeranno presto altri arrivando a 1685 individui entro la fine dell’anno facendo della Georgia lo Stato, al di fuori della Nato , col maggior numero di soldati dispiegato nel Paese superando i 1550 soldati dell’Australia.
Dal punto di vista politico, il governo georgiano vuole con questo sforzo militare spingere gli Stati Uniti ad accelerare il processo di adesione della Georgia nella Nato, proprio di questo si discuterà nel prossimo incontro della Nato che si svolgerà a Chicago in maggio.
A mio personale giudizio la politica dei dirigenti georgiani ricorda quella del Piemonte di Cavour quando inviò truppe piemontesi a combattere in Crimea per portare la questione italiana sui tavoli europei.
geniale! condivido il paragone. Lo dico da piemontese. C’è stato però qualcun altro che voleva mettre sul piatto qualche migliaio di morti per sedere al tavolo della pace. Ma il caso georgiano sembra effettivamente più simile a quello piemontese. Saakashvili come Cavour? Dipende dalla cugina… 😀
m.z.
Attendiamo l’entrata in campo politico del calciatore ovvero l’ex calciatore georgiano Kakhaber Kaladze… 🙂